Chiesa Cattolica – Italiana

La preghiera mariana dal Gemelli

Debora Donnini – Città del Vaticano

“So che in questi giorni e specialmente in quest’ora del Regina Coeli siete uniti con me. Vi ringrazio commosso per le vostre preghiere e tutti vi benedico. Sono particolarmente vicino alle due persone ferite insieme con me. Prego per il fratello che mi ha colpito, al quale ho sinceramente perdonato. Unito a Cristo, Sacerdote e Vittima, offro le mie sofferenze per la Chiesa e per il mondo. A Te Maria ripeto: ‘Totus tuus ego sum’”. È domenica 17 maggio del 1981. La voce di Giovanni Paolo II torna a risuonare in Piazza San Pietro attraverso un messaggio registrato al Policlinico Gemelli, dove quattro giorni prima, il 13 maggio, era stato portato d’urgenza dopo essere stato colpito nell’attentato in Piazza San Pietro. In tutto 22, fra Angelus e Regina Coeli, avvennero mentre Giovanni Paolo II era ricoverato al Policlinico Gemelli. Colpisce che Papa  Wojtyla parli del senso della sofferenza che, disse nel messaggio registrato per il Regina Coeli del 24 maggio del 1981, “accettata in unione con Cristo sofferente, ha una sua efficacia impareggiabile per l’attuazione del disegno divino della salvezza”. Il Papa rimase in ospedale fino al 3 giugno, ma fu costretto a un nuovo ricovero dal 20 giugno al 14 agosto, per l’infezione da cytomegalovirus e anche per un piccolo intervento già programmato in conseguenza di quello che gli salvò la vita. Dal Gemelli, in questi due ricoveri diffuse, tre Regina Coeli e otto Angelus.

Il Vangelo della sofferenza con cui preparare il terzo Millennio

Nel terzo ricovero del 12 luglio 1992, furono due gli Angelus dal Gemelli. In quello del 26 luglio si affacciò dalla finestra dell’ospedale. Quattro i Regina Coeli durante il ricovero del 1994, dalla fine di aprile al 27 maggio, per sottoporsi ad intervento chirurgico a causa di una frattura del collo femorale destro. Nell’ultimo di questi, quello del 22 maggio, accennò a “questa finestra di riserva al ‘Gemelli’ . .. un altro Vaticano”, disse. Nel successivo Regina Coeli, quello del 29 maggio, dopo il rientro in Vaticano, parlò del senso del dolore e lo fece legandosi anche a quanto stava vivendo, con parole molto forti. “Ho capito – disse – che devo introdurre la Chiesa di Cristo in questo terzo millennio con la preghiera, con diverse iniziative, ma ho visto che non basta: bisogna introdurla con la sofferenza, con l’attentato di 13 anni fa e con questo nuovo sacrificio”. Quindi aggiunse: “Perché adesso, perché in questo anno, perché in questo Anno della Famiglia? Appunto perché la famiglia è minacciata, la famiglia è aggredita. Deve essere aggredito il Papa, deve soffrire il Papa, perché ogni famiglia e il mondo vedano che c’è un Vangelo, direi, superiore: il Vangelo della sofferenza, con cui si deve preparare il futuro, il terzo millennio delle famiglie, di ogni famiglia e di tutte le famiglie”.

Il Vaticano numero tre

Si affacciò, poi, alla finestra per l’Angelus del 1996, il 13 ottobre, quando definì il Policlinico Gemelli un “Vaticano numero tre”, dopo Piazza san Pietro e Castel Gandolfo. Vi furono, poi, i quattro Angelus durante i ricoveri del 2005, in febbraio e marzo. Il testo delle parole del Santo Padre venne letto dall’allora Sostituto della segreteria di Stato, ora cardinale Leonardo Sandri. Nella mente e nel cuore rimane impresso quando, il 13 marzo, dalla finestra al decimo piano del Gemelli, san Giovanni Paolo II torna a pronunciare qualche parola in pubblico dopo la tracheotomia per benedire e salutare l’umanità intera alla quale, pur nella sofferenza, era rimasto unito.

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