Francesco partecipa ai Secondi Vespri della dedicazione della Basilica di Santa Maria Maggiore. Il Pontefice in preghiera di fronte all’icona mariana della Salus Populi Romani: “Qui la grazia appare nella sua concretezza, spogliata di ogni rivestimento mitologico, magico, spiritualistico, sempre in agguato della religione”. Sguardo al Giubileo: “Moltissimi pellegrini in questa Basilica verranno a chiedere la benedizione alla Madre. Noi radunati qui come una specie di avanguardia”
Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano
L’immagine è quella, sempre suggestiva, vista e vissuta dal popolo di Roma circa 115 volte: il Papa raccolto, sulla sua sedia a rotelle, in preghiera davanti alla Salus Populi Romani, l’icona protettrice dei cittadini della Capitale in cui prende forma concreta la grazia scevra da “ogni rivestimento mitologico, magico, spiritualistico, sempre in agguato nel campo della religione”. Oggi, però, è diverso il contesto che fa da cornice a questo fotogramma: sia per l’occasione, la festa della Madonna della Neve a cui il Papa prende parte presenziando ai Secondi Vespri nella solennità della dedicazione della Basilica; sia per l’attualità, quindi le guerre che sfigurano l’umanità, con la tensione crescente nella polveriera mediorientale e in altri luoghi del mondo che rendono ancora più solenne l’invocazione di pace che il Papa affida alla Madonna.
Invochiamo la sua intercessione per la città di Roma e per il mondo intero, specialmente per la pace: la pace che è vera e duratura solo se parte da cuori pentiti e perdonati…
Il miracolo
È la prima volta che Papa Francesco, che da sempre ha mostrato un legame con Santa Maria Maggiore, tanto da aver annunciato di voler essere sepolto in una cappella della Basilica liberiana, prende parte alle celebrazioni di quella che comunemente è conosciuta come festa della Madonna della Neve. La festa, cioè, che rievoca il “miracolo della neve”, il prodigio avvenuto nella notte tra il 4 e 5 agosto del 358, quando la Vergine apparve in sogno a un patrizio di nome Giovanni chiedendogli di costruire una chiesa a Lei dedicata nel punto dove avrebbe trovato neve fresca. Il nobile raccontò il sogno a Papa Liberio, il quale ordinò una processione: sotto gli occhi della folla, un’anomala nevicata agostana disegnò la pianta dell’edificio sul terreno dove oggi sorge Santa Maria Maggiore.
Storia, fede, devozione
Dal 1983 la Diocesi di Roma, dopo un ricco triduo, commemora il miracolo attraverso una pioggia di petali bianchi che scende dal soffitto della Basilica, con il sottofondo del canto del Magnificat. Oggi pomeriggio il Papa si unisce a questo momento di Chiesa, storia e devozione popolare, partecipando ai secondi Vespri presieduti dall’arcivescovo coadiutore, monsignor Rolandas Makrickas. Sono presenti 600 fedeli nella navata centrale della Basilica papale, un altro centinaio è riunito fuori e segue la celebrazione dai maxi schermi.
Il Papa, giunto in auto con leggero anticipo, non fa mancare a conclusione della celebrazione un momento personale di fronte all’icona mariana della Salus Populi Romani, l’effigie che la tradizione vuole dipinta da San Luca, custodita nella cappella Paolina, da lui visitata prima e dopo ogni viaggio apostolico internazionale o dopo le operazioni e i ricoveri. Francesco le porta un mazzo di rose bianche e si sofferma per alcuni istanti da solo, in silenzio.
Lo stupore per la gratuità
Proprio la Salus populi romani e anche la “nevicata” sono due “segni”, dice il Papa nella sua omelia, pronunciata su un palchetto rosso di lato all’altare. La “nevicata” non è solo “folclore” ma ha un valore simbolico, afferma: “Dipende da noi, da come la percepiamo e dal senso che le diamo”. Il Papa cita in proposito due versetti del libro del Siracide che, a proposito della neve che Dio fa cadere dal cielo, recitano: “L’occhio ammira la bellezza del suo candore / e il cuore stupisce nel vederla fioccare”. Ammirazione e stupore, dunque, rimarca Francesco.
Vedendo scendere la neve, “l’occhio ammira” e “il cuore stupisce”. E questo orienta nell’interpretazione del segno della nevicata che “può essere intesa come simbolo della grazia, cioè di una realtà che unisce la bellezza e la gratuità”
È quindi “qualcosa che non si può meritare, né tanto meno comprare” ma che “si può solo ricevere in dono, e come tale è anche del tutto imprevedibile”. Proprio come una nevicata a Roma in piena estate.
L’antica Icona mariana
Questo atteggiamento interiore è lo stesso con cui guardare all’antica Icona mariana, per Papa Francesco “gemma di questa Basilica”. Il Pontefice argentino descrive nel dettaglio l’immagine della Vergine col Bambino grazie alla quale “la grazia acquista pienamente la sua forma cristiana”.
Qui la grazia appare nella sua concretezza, spogliata di ogni rivestimento mitologico, magico, spiritualistico, sempre in agguato nel campo della religione
L’essenziale
Nell’icona della Salus c’è solo l’“essenziale”, rileva il Papa: la Donna e il Figlio. La Donna “piena di grazia, concepita senza peccato, immacolata come la neve appena caduta” che Dio ha guardato “con ammirazione e stupore” e ha scelto “come Madre”. E il Bambino che regge il Libro Santo col braccio sinistro e col destro benedice: “E la prima benedetta è lei, la Benedetta fra tutte le donne. Il suo manto scuro lascia risaltare la veste dorata del Figlio: in Lui solo abita tutta la pienezza della divinità; lei, a viso scoperto, riflette la sua gloria”.
“Guardiamo questa icona che ci santifica a tutti noi”, scandisce il Papa, distaccandosi dal testo scritto, “prendiamoci un po’ di tempo per andare a guardarla”. Il popolo fedele “viene a chiedere la benedizione alla Santa Madre di Dio”, aggiunge, “perché lei è la mediatrice della grazia che sgorga sempre e solo da Gesù Cristo, per opera dello Spirito Santo”.
Sguardo al Giubileo e all’attualità
Specialmente nel corso del prossimo Anno Santo del Giubileo, “moltissimi saranno i pellegrini che verranno in questa Basilica a chiedere la benedizione alla Madre”, sottolinea Papa Francesco.
Oggi, noi siamo qui radunati come una specie di avanguardia, e invochiamo la sua intercessione per la città di Roma, la nostra città, e per il mondo intero, specialmente per la pace: la pace che è vera e duratura solo se parte da cuori pentiti e perdonati. Il perdono fa la pace perché è l’atteggiamento tanto nobile del Signore…
“La pace che viene dalla Croce di Cristo, dal suo Sangue, che Egli prese da Maria ed effuse per la remissione dei peccati”, aggiunge Francesco. Conclude la sua omelia con il saluto alla Vergine Santa di San Cirillo di Alessandria al termine del Concilio di Efeso e poi coinvolge i fedeli presenti in una orazione collettiva.
Adesso vi invito tutti insieme, vediamo se siete capaci, a ripetere per tre volte: “Ti saluto Santa Madre di Dio”