Chiesa Cattolica – Italiana

La piaga sconosciuta dei rapimenti nel nord del Camerun

Nel Paese si è creata una “economia” dei sequestri di persona, le vittime scelte per la capacità di rispondere alle richieste di riscatto grazie alla loro apparente ricchezza. La maggior parte dei rapimenti commessi da pastori Fulani, Mbororo e Arab Choa. In tre anni raccolti 3 milioni di euro dai riscatti

Vatican News

Agricoltori, allevatori, commercianti e operatori umanitari. Sono queste le vittime preferite dei rapimenti nel nord del Camerun, dove si è venuta a creare una vera economia dei sequestri di persona. Le vittime – spiega l’agenzia Fides – sono scelte per la loro capacità percepita di rispondere alle richieste di riscatto grazie alla loro apparente ricchezza, in relazione al resto della popolazione in una zona economicamente depressa. La maggior parte dei sequestri sono commessi da pastori Fulani, Mbororo e Arab Choa (arabi che vivono per lo più nella regione ciadiana del Bornou e nel nord del Camerun), che parlano Fulfulde o arabo. I loro accenti variavano e includono quelli di Camerun, Ciad, Niger, Sudan e Africa centrale. Ma tra i rapitori figurano pure gruppi armati camerunensi, ex ribelli, mercenari centrafricani e ciadiani, nonché elementi infedeli e criminali delle forze di difesa e sicurezza del Camerun. L’area interessata comprende non solo il Nord del Camerun ma anche aree limitrofe di Ciad, Nigeria e Repubblica Centrafricana.

Tre fasi per il rapimento

Il modus operandi dei rapitori comprende tre fasi. In primo luogo, raccolgono informazioni dai loro complici all’interno delle comunità. Seguono poi intimidazioni e ricatti, inviando messaggi alle potenziali vittime chiedendo che una somma di denaro venga consegnata in un luogo da loro indicato. In caso contrario, minacciano il rapimento. Infine, rintracciano le vittime che vengono rapite in un agguato o tramite un’incursione nelle loro abitazioni. Le persone rapite sono trasferite in montagne di difficile accesso, per poi attraversare i confini: gli ostaggi provenienti dal Ciad o dalla Repubblica Centrafricana finiscono in Camerun e viceversa. Le trattative per il riscatto avvengono telefonicamente. I rapitori vietano ai parenti delle vittime di allertare le forze di polizia, minacciando ritorsioni sui sequestrati, potendo contare su una rete di informatori nelle comunità che forniscono informazioni continue sui movimenti e sulle transazioni delle vittime.

Raccolti milioni di euro dai riscatti

Secondo la polizia di Garoua in soli tre anni (2015-2018), i rapitori nel Nord Camerun hanno raccolto riscatti per una somma totale di circa 3 milioni di euro (2 miliardi di CFAF), Per combattere questa piaga criminale occorre un approccio transfrontaliero coordinato tra Camerun, Ciad, Nigeria e Repubblica Centrafricana. La Multinational Joint Task Force, impegnata nella lotta contro Boko Haram, potrebbe estendere le sue azioni per contribuire ad affrontare il problema, dato che tutti questi Paesi sono Stati membri della Commissione per il bacino del Lago Ciad. Anche le compagnie telefoniche dovrebbero essere sollecitate per fornire i dati di geolocalizzazione dei rapitori durante i loro colloqui per negoziare il riscatto per liberare gli ostaggi.

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