Jean Charles Putzolu – Città del Vaticano
Nel gennaio 2021, 142 questionari sono stati inviati ai responsabili delle relazioni ecumeniche di tutte le Conferenze episcopali e i Sinodi delle chiese cattoliche orientali. Il risultato dell’indagine è la base del documento di lavoro di cinquanta pagine intitolato “Ecumenismo in tempi di pandemia. Dalla crisi all’opportunità”, presentato dal Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani questo pomeriggio, giovedì 20 gennaio, in un panel organizzato presso l’Istituto di Studi Ecumenici dell’Angelicum, alla presenza degli studenti dell’Istituto Ecumenico di Bossey.
Tutte le Chiese “sulla stessa barca”
Il tema dell’indagine e del documento (qui il testo originale in inglese) si basa su una frase di Papa Francesco “siamo tutti sulla stessa barca”, ripetuta in molte delle risposte al questionario. Sembra che queste parole del Vescovo di Roma non si applichino solo agli uomini e alle donne del nostro tempo, ma anche alle diverse Chiese. Per padre Hyacinthe Destivelle, officiale della sezione orientale del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, “questo è il primo frutto ecumenico di questa pandemia, la consapevolezza di essere una sola famiglia cristiana e una consapevolezza radicata nell’esperienza di un destino comune. Siamo tutti in cammino verso un destino comune che è quello della risurrezione”.
Una nuova solidarietà
Durante i due anni della pandemia e soprattutto nel corso del 2021, l’anno a cui si riferisce questa ampia indagine, si è riscoperto un nuovo legame, una nuova solidarietà. E se è stato un periodo molto complicato per centinaia di milioni di persone, private dei legami affettivi, del contatto fisico e costrette ad adattarsi a movimenti limitati, in più di un’occasione i confinamenti si sono trasformati in opportunità. Nel documento sono riportati numerosi esempi, sia nel campo dell’ecumenismo spirituale, della preghiera comune, della preghiera online. Alcuni vescovi notano anche che mai come l’anno scorso la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani è stata tanto frequentata. “Ci sono state molte iniziative comuni, dichiarazioni comuni, azioni comuni con i governi, programmi ecumenici per aiutare tutti i diversi gruppi di persone colpite in un modo o nell’altro dalla crisi”, nota padre Destivelle, citando, tra gli altri, un programma ecumenico per gli anziani e le persone isolate sviluppato in India, o per gli studenti in Olanda, due paesi dove i cattolici sono in minoranza. Tutte queste iniziative sono nate durante la pandemia e probabilmente non avrebbero mai visto la luce del giorno senza il coronavirus. Insieme, le Chiese cristiane sono anche consapevoli di avere una forza maggiore. Così si sono riunite per presentare programmi nel campo della carità, specialmente per aiutare i più poveri e vulnerabili. I cristiani hanno potuto parlare con una sola voce e hanno avuto più peso presso i governi. Hanno supplicato, esercitato pressioni e talvolta anche fatto pressioni sugli esecutivi per rispettare la libertà religiosa, che non sempre era considerata una priorità al momento del lockdown.
Una migliore comprensione reciproca
Questa solidarietà, riscoperta e facilitata dalla pandemia, ha di fatto aumentato il numero di occasioni di incontro e di dialogo. I leader delle Chiese si sono incontrati, spesso online, per esempio nei dialoghi teologici del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, portando spesso a una linea di pensiero comune che ha favorito la redazione di documenti congiunti. A livello locale, e questo emerge anche nella sintesi del sondaggio, le persone si sono guardate molto di più. “Poiché molti eventi sono stati trasmessi in streaming su Internet – nota Hyacinthe Destivelle – i protestanti hanno potuto guardare le Messe cattoliche, i cattolici hanno potuto guardare le preghiere evangeliche e così non solo questo ha portato a una migliore conoscenza reciproca, ma anche a una migliore sensibilità”.
Le differenze rimangono
Mentre la pandemia ha promosso e facilitato le relazioni ecumeniche, la piena unità non è stata raggiunta. Il documento riassuntivo evidenzia tre delle questioni più delicate che sono emerse durante l’emergenza sanitaria. Le differenze teologiche e liturgiche, che non sono nuove, possono essere state accentuate dalla pandemia, specialmente la comprensione dello spazio sacro. Ortodossi, cattolici e protestanti hanno una diversa relazione con lo spazio sacro, una diversa comprensione dei sacramenti, della necessità della presenza fisica per ricevere i sacramenti, e in definitiva anche una concezione un po’ diversa della Chiesa. Queste non sono tuttavia controversie nuove.
La diversa comprensione della pandemia
Forse più sorprendentemente, le diverse confessioni cristiane possono avere una diversa comprensione della pandemia. “Alcuni cristiani hanno una visione più provvidenziale o più a volte escatologica, o addirittura a volte apocalittica della pandemia. Questo può aver generato tensioni tra i cristiani”, spiega padre Destivelle. Infine, sono stati osservati diversi atteggiamenti riguardo alle restrizioni sanitarie, spesso legati alla cultura locale, in particolare al rapporto con l’autorità, che non è lo stesso nei Paesi occidentali, nei Paesi dell’est, nel sud e che di conseguenza non è lo stesso per le diverse Chiese. La questione dei vaccini è affrontata anche nelle risposte al questionario inviato dalle Conferenze episcopali e dai Sinodi delle Chiese cattoliche orientali. Queste risposte rivelano diverse iniziative ecumeniche a favore della vaccinazione e del rispetto delle disposizioni sanitarie di sicurezza.
Una svolta nelle relazioni ecumeniche
Il dialogo ecumenico moderno è sempre stato strettamente legato agli sviluppi politici, sociali e culturali. Per padre Destivelle, la pandemia fa parte di questi sviluppi. “Penso che segnerà una svolta positiva nelle relazioni ecumeniche”, dice. Anche Papa Francesco ha dato una spinta in più. Diverse risposte al questionario sottolineano che il suo appello alla preghiera all’inizio della pandemia è stato ampiamente seguito. Il Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani ha trasmesso questo appello a tutti i capi delle Chiese e la grande maggioranza ha risposto positivamente all’invito a pregare il Padre Nostro simultaneamente, una preghiera che tutti i discepoli di Cristo potevano dire insieme e alla stessa ora, a mezzogiorno del 25 marzo 2020.
Il programma della presentazione all’Angelicum
Questo pomeriggio, dalle 17, presso l’aula 11 della Pontifica Università San Tommaso d’Aquino a Roma, l’Angelicum, dopo un messaggio di saluto del cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, monsignor Brian Farrell, segretario del Pcpuc, presenterà il documento di lavoro “L’ecumenismo in tempo di pandemia: dalla crisi all’opportunità” preparato sulla base di un sondaggio effettuato presso tutte le Conferenze episcopali. Interverranno quindi, sulle diverse sfide ecumeniche, ecclesiologiche e sociali dell’attuale pandemia: suor Raffaella Petrini, fse, segretario generale del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano e padre Thomas Michelet, op, entrambi docenti all’Angelicum, il reverendo Ioan Sauca, segretario generale ad interim del Consiglio Ecumenico delle Chiese. In collegamento online prenderanno poi la parola il vescovo luterano Jari Jolkkonen, Chiesa luterana di Finlandia, il biblista Petros Vassiliadis, dell’Università Aristotele di Salonicco, l’arcivescovo Donald Bolen, da Regina, in Canada, e monsignor Rodolfo Valenzuela Nunez, vescovo di Vera Paz, in Guatemala.