L’Accademia dell’Annunciata di Abbiategrasso esegue stasera al Teatro alla Scala di Milano musiche di Bach, Vivaldi, Sollima, Volans e Kreisler con gli strumenti realizzati dal legno delle barche dei migranti nei laboratori di alcune carceri italiane, grazie al progetto Metamorfosi della Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti, sostenuto dalla Fondazione Santo Versace
Lucas Duran e Tiziana Campisi – Città del Vaticano
Debutta questa sera, al Teatro alla Scala di Milano, “L’orchestra del Mare”, che utilizza archi costruiti con il legno delle barche dei migranti nella liuteria della Casa di Reclusione di Opera, nella provincia del capoluogo lombardo. A dar “voce” agli strumenti musicali l’Accademia dell’Annunciata di Abbiategrasso, diretta dal maestro Riccardo Doni, che eseguirà musiche di Bach, Vivaldi, Sollima, Volans e Kreisler, con Mario Brunello e Giovanni Sollima al violoncello e Gilles Apap al violino. Il concerto, il cui allestimento è curato dall’artista Mimmo Paladino, inizierà con la lettura del testo “La memoria del legno” di Paolo Rumiz e verrà trasmesso in diretta streaming nelle carceri di Opera, Monza, Rebibbia e Secondigliano, nei cui laboratori – tramite il progetto Metamorfosi, cui andrà il ricavato della serata – i legni delle imbarcazioni recuperate nel Mediterraneo vengono trasformati in strumenti musicali e oggetti di carattere sacro, come rosari e crocifissi.
Metamorfosi è un’iniziativa nata nel 2021 della Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti di Arnoldo Mosca Mondadori e Marisa Baldoni ed è sostenuta dalla Fondazione Santo Versace. Proprio grazie a un’idea di Mondadori è stata realizzata L’Orchestra del Mare, e a lui Lucas Duran ha chiesto di raccontare, ai microfoni di Radio Vaticana, la storia del progetto.
Come è nata l’idea di questa rinascita “dello scarto” e il coinvolgimento delle carceri?
All’origine di questo progetto, c’è un interrogativo che ci pone spesso Papa Francesco; quando vediamo le persone migranti dobbiamo domandarci: perché loro e non io? Perché su quella barca non c’è mio figlio e invece c’è un ragazzo che potrebbe essere mio figlio? Questo mettersi nei panni degli altri è alla base di questo progetto, perché c’è sempre il rischio di vedere il dramma dei migranti come qualcosa che riguarda gli altri. Questa domanda vale anche per le persone in carcere: perché sono loro e non io? Perché sono nate loro in quel quartiere malfamato e magari hanno avuto a otto anni un fucile tra le mani, e non ci sono io o uno dei miei parenti? Questa domanda ci aiuta a non giudicare. Ecco, attraverso Metamorfosi, sono nati strumenti dalle barche di persone migranti che costituiscono un’orchestra, L’orchestra del mare appunto. Sono stati costruiti da persone in carcere che hanno la possibilità di un lavoro.
Le carceri di cui parliamo sono quelle di Opera, Monza, Rebibbia, Secondigliano, che avranno la possibilità di seguire il concerto, una bella iniziativa anche per ridare bellezza all’interno di ambienti dove spesso si pensa che la bellezza non possa mettere piede. Che cosa hanno realizzato tutti i detenuti di queste carceri?
Quando si parla dello scarto, mi viene in mente anche la frase di Gesù “Gli ultimi saranno i primi”. Nel carcere di Opera la liuteria c’era già da dieci anni, a un certo punto abbiamo portato dei legni che venivano da Lampedusa per fare dei presepi, era il tempo del covid, era il 2021, e mentre lavoravano ai presepi hanno fatto anche un violino. In quel momento è nata l’idea di questa “orchestra del mare”, e un detenuto ci ha suggerito di chiedere al Governo le barche dei migranti, che, di solito, vengono distrutte e smaltite come rifiuti speciali. Così abbiamo incontrato l’allora ministro dell’Interno Luciana Lamorgese e poi il Governo ci ha concesso le prime barche perché non venissero distrutte, ma diventassero memoria viva. Ed allora nella liuteria del carcere di Opera quelle barche sono diventate un altro violino, un violoncello, un contrabbasso. E sono nati questi 14 strumenti per una prima orchestra da camera che si amplierà nel futuro anche di strumenti tipici della tradizione mediterranea, come quelli realizzati nel carcere di Secondigliano, dove si fanno i mandolini, le chitarre e poi, con i resti del legno che non vengono utilizzati per gli strumenti musicali, vengono fatti dei rosari, in collaborazione con la Basilica di San Pietro. E qui c’è l’ultimo tassello del progetto, perché vengono coinvolte due persone rifugiate – e ce ne sarà una terza – che all’interno della basilica vaticana, in una stanza, assemblano questi pezzi che arrivano dalle varie carceri, e realizzano croci e i rosari del mare.
Il vostro progetto si chiama Metamorfosi…
Metamorfosi perché c’è la trasformazione di questo materiale, ma c’è anche la metamorfosi delle persone detenute che riescono, attraverso questo lavoro, a capire innanzitutto l’errore commesso e poi a compiere, attraverso il lavoro, un percorso sempre più consapevole, fino a potersi reinserire. E noi le accompagniamo per anni queste persone, finché non escono fuori. È un accompagnamento che dura tanto tempo. Poi c’è la metamorfosi delle persone e dei ragazzi, perché dalle scuole, durante l’anno, centinaia di giovani tra i 16 e i 18 anni vengono a vedere le barche, a parlare con le persone in carcere. E tante volte i ragazzi hanno dei pregiudizi, ma non solo loro, anche tutti noi. Ma a contatto con questa realtà di lavoro cambiano idea, e quindi c’è una metamorfosi anche nel pubblico. E io spero che ci sia anche nel pubblico alla Scala e in un pubblico più ampio, perché ascoltando le armonie e la bellezza di questa musica, se c’è un pregiudizio, se c’è del razzismo, se ci sono degli atteggiamenti chiusi, magari con la musica qualcosa si può muovere nell’animo, perché la musica arriva a tutti.