Benedetta Capelli – Città del Vaticano
Tutti hanno diritto ad una seconda opportunità. Era una frase che don Alberto D’Urso, scomparso ieri all’età di 84 anni a causa di una malattia, ripeteva spesso aggiungendo che “se un fratello per una qualsiasi ragione era per terra bisognava aiutarlo a rialzarsi, qualunque fosse la causa”. Le parole sono state ricordate da Luciano Gualzetti, attuale presidente della Consulta nazionale antiusura, in una nota per descrivere il fondatore di questa organizzazione.
Nato ad Acerno il 27 aprile del 1938, don Alberto D’Urso è stato ordinato presbitero il 2 luglio del 1961. Già parroco della parrocchia Santa Croce in Bari, il 16 maggio del 1995, insieme a padre Massimo Rastrelli, con le Fondazioni Antiusura di Napoli, Roma, Matera e Torino dette vita alla Consulta Nazionale Antiusura San Giovanni Paolo II, il primo organismo di lotta all’usura di matrice ecclesiale. Molte altre diocesi d’Italia lo hanno seguito negli anni. Oggi la Consulta in Italia consta di 33 Fondazioni antiusura.
A servizio delle vittime
“La sua missione di servizio alle vittime di usura, ai poveri e alle persone indebitate – afferma Gualzetti – proseguirà attraverso i volontari e tutte le persone che ha scagionato dalla trappola dell’usura. Attraverso le Fondazioni antiusura la Chiesa è in grado di offrire un esempio di apostolato competente e perseverante nei confronti delle famiglie flagellate dai debiti. Gli siamo riconoscenti per aver dato vita ad un percorso di denuncia e di lotta ad una piaga sommersa, che si nutre silenzio e omertà”. Grazie al suo impegno, ricorda la Consulta, è nata la norma antiusura 108/96 alla quale collaborò, più volte è stato interlocutore al Senato, alla Camera e presso Commissioni Parlamentari per modifiche legislative riguardanti l’usura. La sua è stata una missione sostenuta sempre dalla Chiesa e dai Pontefici.
L’azzardo non offre il pane
Alla Radio Vaticana, nel 2017, diceva che per contrastare l’usura “bisogna insegnare alle persone il giusto rapporto con il denaro” e soprattutto “con la prevenzione e con la solidarietà, ma accanto a queste bisogna che ci sia educazione alla legalità e un accompagnamento di queste vittime perché, se hanno sbagliato nel passato, non ricadano negli stessi errori”.
Qui la storia di don Alberto D’Urso raccontata da Alessandra Petitta: