Francesco atterrato all’aeroporto internazionale di Chinggis Khaan della capitale Ulaanbaatar alle 9.51 ora locale, sei ore avanti rispetto all’Italia. Cerimonia sobria tra applausi e doni in attesa dell’accoglienza ufficiale di domani, 2 settembre
Salvatore Cernuzio – Inviato a Ulaanbaatar (Mongolia)
Un vento leggero che ripara da una forte calura dà il benvenuto a Papa Francesco a Ulaanbaatar, la capitale della Mongolia dove il Pontefice è atterrato alle 9,51 (ora locale) e da dove, a partire da oggi fino al 4 settembre, si snoderà il 43.mo viaggio apostolico del suo pontificato. Il primo viaggio di un Papa in questa terra dell’Asia centrale, come ricordato già nei giorni scorsi e come ripetuto da radio e televisioni locali che rimarcano il carattere “storico” della visita.
Un’accoglienza sobria ma sentita
L’informazione dei media ricorre a ciclo continuo e fa accrescere la curiosità della parte di popolazione non cattolica, quindi quella maggioritaria, principalmente buddista tibetana, per l’arrivo di un “personaggio” dalla fama universale. Nelle strade della città difficile ritrovare striscioni e cartelli come durante ogni viaggio internazionale del Pontefice, tantomeno bagni di folla. È un’accoglienza sobria quella riservata al Papa ma profondamente sentita, con un senso di gratitudine da parte soprattutto del “piccolo gregge” cattolico come quello di “un caro parente che sai che sta per tornare a casa tua”, come affermano alcuni missionari della Consolata. Anche al Chinggis Khan International Airport, all’arrivo del Papa sembra regnare il silenzio. Quello su cui il Papa stesso ha invitato a riflettere durante il volo di andata da Roma con parole che il giovane cardinale Giorgio Marengo, prefetto apostolico di Ulaanbaatar, in prima fila nel cordone di accoglienza all’aeroporto, dice di aver apprezzato molto.
L’A330 di ITA Airways si ferma nel piazzale. L’incaricato d’Affari della Nunziatura Apostolica, monsignor Fernando Duarte Barros Reis, e il capo del protocollo salgono a bordo dell’aereo dalla scala anteriore per salutare il Papa, che in seguito scende con l’ascensore. Ai piedi della scala anteriore, lo attende il ministro degli Esteri, la signora Batmunkh Battsetseg: in Mongolia è sempre questa carica ad accogliere i capi di Stato stranieri.
Un’altra donna, una giovane vestita con un deel rosso (è l’abito nazionale in seta e cotone), offre al Papa una coppa con yogurt secco, pietanza tradizionale del luogo dal sapore acidulo prodotta con il latte di yak, tra gli animali più comuni insieme a mucche, capre e cavalli. Il Papa tocca con la mano la coppa e poi prende un pezzo di yogurt. Non ci sono discorsi, ma solo la Guardia d’Onore con i militari nella tradizionale divisa rossa, blu e gialla (i colori della bandiera mongola) e il saluto delle rispettive delegazioni. È presente anche monsignor José Luis Mumbiela Sierra, vescovo della Diocesi della Santissima Trinità ad Almaty, in qualità di presidente della Conferenza episcopale dell’Asia centrale.
Il Papa e la ministra raggiungono la Vip Lounge per un breve colloquio. Al termine, il saluto e il trasferimento di Francesco in auto alla Prefettura Apostolica di Ulaanbaatar, a sud della città, nel distretto di Khan Uul, tra le principali aree industriali della regione. In questo palazzo di quattro piani in mattoni arancioni, dove nei giorni scorsi è stato apposto uno striscione blu di benvenuto, Jorge Mario Bergoglio risiederà durante i giorni di viaggio, facendo tappa solo nella capitale. La cerimonia di accoglienza ufficiale si svolgerà domani mattina, 2 settembre, in piazza Sukhbaatar, dove sorge il Palazzo di Stato e dove si terrà l’incontro con le autorità civili, primo appuntamento della trasferta di Papa Francesco.
I telegrammi alle autorità dei Paesi sorvolati
Oltre a quello indirizzato al presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella, il Papa ha inviato telegrammi agli altri Paesi sorvolati durante il viaggio verso la Mongolia. In quello diretto al presidente croato Zoran Milanović si ricorda la recente visita in Vaticano (nel 2021, ndr) e si invocano “abbondanti benedizioni sulla nazione”, nonché “doni di pace e gioia”. Al portavoce del presidente di Bosnia ed Erzegovina, Zeljmko Komšić, il Papa assicura la sua preghiera e invoca “volentieri sulla nazione le benedizioni onnipotenti di unità, fraternità e concordia”. “Preghiere per la pace e l’unità della nazione” vengono espresse anche nel telegramma indirizzato al presidente serbo Aleksandar Vučić, e “pace e benessere” viene augurata al presidente del Montenegro Jakov Milatović. Ancora, “doni di unità, gioia e pace” sono accompagnati dalla benedizione papale per la Bulgaria attraverso il telegramma al presidente Rumen Radev. Nel messaggio al presidente turco Recep Tayyip Erdoğan e al popolo tutto, Francesco assicura le sue preghiere, invocando “sulla nazione le benedizioni divine dell’armonia fraterna e della pace”. Alla presidente della Georgia, Salome Zourabichvili, Francesco invia le benedizioni di Dio sulla nazione e i suoi concittadini, e la preghiera che conceda a ciascuno “i suoi doni di unità e concordia”. “Che la nazione sia benedetta dalla fraternità e dalla pace”, scrive Papa Bergoglio nel suo telegramma al presidente azero Ilham Aliyev. “Invoco volentieri le benedizioni divine su tutti voi”, aggiunge. Sorvolando il Kazakistan, al presidente Kassym-Jomart Tokayev arrivano le preghiere di Bergoglio “affinché l’Onnipotente conceda abbondanti benedizioni alla nazione”. Al presidente della Cina, Xi Jinping, Papa Francesco invia “un saluto di augurio nel momento in cui attraversa lo spazio aereo del suo Paese in rotta verso la Mongolia”. “Assicurandole le mie preghiere per il benessere della nazione – si legge – invoco su tutti voi le benedizioni divine di unità e pace”.