Chiesa Cattolica – Italiana

La mano tesa dei Gesuiti per i profughi, dall’Ucraina alla Polonia

Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano

La disperazione e lo shock di chi arriva a Leopoli da Hostomel, Bucha, Irpin, Chernihiv, Karkiv, Mariupol, dove “c’è una catastrofe umanitaria” e si sopravvive “nei sotterranei, senza riscaldamento, elettricità, cibo, acqua, con poche possibilità di fuggire”. La raccoglie padre Oleksii Bredeliev, superiore dei Gesuiti in Ucraina e anche direttore del locale Jesuit Refugee Service, il servizio della Compagnia di Gesù per i rifugiati.

Padre Oleksii da Leopoli: a Est c’è una catastrofe umanitaria

Padre Oleksii ha aperto la casa per i rifugiati del Jrs di Leopoli, che può ospitare 20 persone, a chi fugge dall’Est e da Kiev e vuole raggiungere il confine polacco. “Diamo loro da mangiare – ci dice – e la possibilità di riposare. Alcuni restano per giorni, altri invece partono quasi immediatamente, dopo una sola notte, e proseguono verso la Polonia”. A Khmelnytsky, sempre in Ucraina, i Gesuiti hanno trasformato la loro casa di ritiro in un rifugio.

A Varsavia l’accoglienza di un gruppo di profughi non udenti

Da Varsavia il racconto del dramma di padre Vitaliy

“Ci sono 12 confratelli in Ucraina, alcuni anche a Chernivtsi”, ricorda da Varsavia padre Wojciech Żmudziński, responsabile comunicazione dei Gesuiti polacchi. “Siamo in contatto con tutti loro”. Padre Wojciech fa parte del gruppo di Gesuiti che a Varsavia coordinano con il Jrs l’aiuto all’Ucraina in fiamme, guidato da padre Vitaliy Osmolovski, che è di origini ucraine. Dopo aver interrotto gli studi negli Stati Uniti ed essere rientrato in Polonia, racconta padre Wojciech, “Vitaliy è andato in Ucraina per far fuggire i suoi genitori settantenni da Zhytomyr. Li ha trovati pronti, ma non per l’evacuazione. Si sono uniti alle forze di difesa del territorio. Gli hanno detto che non sarebbero andati da nessuna parte, che sarebbero rimasti a difendere la loro patria, a proteggere i valori con i quali lo avevano cresciuto. Un suo coetaneo, anche lui gesuita ucraino, è rimasto in Ucraina come cappellano. Assolve, conforta e seppellisce i caduti”. A Varsavia, racconta ancora padre Żmudziński, nella parrocchia di sant’ Andrea Bobola, gestita dai Gesuiti, “si sta preparando un asilo nido per accogliere i piccoli in fuga dall’Ucraina. Questo rientra nei nostri progetti per un aiuto di lunga durata”. 

La volontaria Olga: I polacchi hanno aperto le loro case 

Da Varsavia raccogliamo anche la testimonianza anche Olga Hadzewicz-Kopka del gruppo di preghiera “Casa nelle braccia del Padre” legato al Rinnovamento nello Spirito Santo, che è volontaria della fondazione benefica”Back Home – Torna a casa”. Collabora nel punto di coordinamento del Jrs a Varsavia, e racconta l’impegno, iniziato il 24 febbraio, in quello che è diventato un hub ecumenico. “Abbiamo preparato un semplice modulo online sul quale chi può ospitare scrive quanti adulti e quanti bambini può accogliere. Così abbiamo già trovato alloggio a 200 famiglie”. E bello vedere, ci dice, come i polacchi aprano “le porte dei propri appartamenti, delle case, a volte anche solo stanze, non importa quanto siano modeste le loro condizioni. Non abbiamo costruito campi profughi, perché non c’era tempo e fa ancora freddo di notte in Polonia. Il governo, insieme alle autorità locali di tutta la Polonia, sta trasformando i palazzetti dello sport, le stazioni degli autobus, le sale da concerto, in rifugi. Già oltre 1,2 milioni di ucraini hanno trovato alloggio”.

A Varsavia una bambina polacca prepara un pacco per l’Ucraina

Il nonno che nascondeva due gattini sotto la giacca

Olga ci racconta la bella storia di “un nonno, che è venuto con il nipote, non ha voluto togliersi la giacca per molto tempo, dopo essere arrivato al nostro hub”. Si è scoperto dopo “che aveva due gattini sotto la giacca, di cui non ha parlato perché temeva che non li avremmo accettati.  Ma una famiglia polacca ha accolto tutti”. Pregate per noi, è l’appello finale della volontaria, “così avremo abbastanza forze per portare avanti quello che stiamo facendo, o anche di più… più a lungo, perché questo non è uno breve sprint, è una maratona”.

La voce del Jesuit Refugee Service

Sul suo sito internazionale, il Jesuit Refugee Service si unisce “al dolore di Papa Francesco per la diabolica insensatezza della violenza” e chiede a tutte le parti di “astenersi da qualsiasi azione che possa causare altra sofferenza”.  “Mentre speriamo – si legge sul sito – che i profughi possano presto tornare in sicurezza, il Jrs e la Compagnia di Gesù stanno mobilitando risorse in tutto il mondo per fornire un sostegno immediato in Ucraina e nei paesi vicini”. Il Jrs, vicino “nei pensieri e nelle preghiere alle persone costrette a lasciare le loro case”, accoglie con favore “gli sforzi dell’Unione Europea e dei suoi Stati membri, in particolare quelli vicini all’Ucraina, per mantenere aperte le frontiere e accogliere coloro che sono costretti a fuggire”, e fa appello “all’Ue affinché risponda con unità e solidarietà a breve e lungo termine”.

Una parte degli aiuti raccolti dai Gesuiti a Danzica

“Attivare la direttiva europea sulla protezione temporanea”

Il Jrs sostiene con forza “la proposta di attivare la procedura per fornire protezione temporanea nei casi di massimo afflusso di rifugiati come previsto dalla direttiva sulla protezione temporanea”. Sottolineando che “tutte le persone che fuggono dal conflitto in Ucraina dovrebbero essere autorizzate a lasciare il Paese, indipendentemente dalla loro nazionalità. Una volta in sicurezza, e in condizioni di accoglienza adeguate, le esigenze di protezione dei cittadini di Paesi terzi, che non sono ucraini, possono essere valutate secondo le procedure esistenti e il rimpatrio di coloro che desiderano tornare nei loro Paesi di origine può e deve essere facilitato”.

“Condivisione di responsabilità tra tutti gli Stati dell’Ue”

“Oltre alla risposta immediata, gli Stati membri dell’Ue devono discutere e concordare rapidamente uno schema di condivisione delle responsabilità, comprese chiare misure di ricollocazione, per assicurare che il carico di lavoro dei Paesi vicini all’Ucraina rimanga sotto controllo e che gli standard Ue di protezione e le condizioni di accoglienza possano essere garantiti. E devono essere riconosciuti anche i bisogni di protezione degli ucraini che erano già fuori dal Paese quando è iniziato il conflitto”.

Padre Oleksii: Il nostro aiuto pastorale e psicologico

Di seguito la testimonianza da Leopoli, di padre Oleksii Bredeliev, superiore dei Gesuiti in Ucraina e anche direttore del Jrs Ucraina.

Ascolta la testimonianza di padre Oleksii Bredeliev (Jrs Ucraina)

Dall’inizio del conflitto, noi accogliamo i rifugiati che provengono dall’Est dell’Ucraina e dalla città di Kiev. La gente fugge dai bombardamenti: spesso le loro case sono state distrutte, sono impauriti e molti di loro hanno lasciato tutto. Li ospitiamo nella nostra casa per i rifugiati a Leopoli, cerchiamo di dare loro una prima accoglienza: forniamo loro cibo e la possibilità di riposare. Alcuni di loro restano da noi per giorni, altri invece partono quasi immediatamente, dopo una sola notte, e proseguono verso la Polonia.

La gente spesso è disperata molti si trovano sotto shock. Allora cerchiamo dare loro anche un aiuto psicologico, ma anche un aiuto pastorale. La situazione è abbastanza difficile dal punto di vista umanitario perché ad Est in questo momento, soprattutto ad Hostomel, Bucha, Irpin, Chernihiv, Karkiv, Mariupol c’è una catastrofe umanitaria. La gente si trova spesso senza riscaldamento, elettricità, cibo, acqua; sono nei sotterranei e aspettano la morte. Non hanno molte possibilità di fuggire. Allora si deve fare qualcosa: mi sembra che un aiuto solamente umanitario, che pure serve molto, non sia sufficiente. Si deve fermare l’avanzata di chi aggredisce l’Ucraina perché, altrimenti, avanzerà ancora di più e le altre città saranno coinvolte nella stessa sorte.

Il centro di aiuto psicologico del Jrs a Varsavia

Padre Wojciech: lo sforzo dei volontari per i traumi psicologici

Questa è la testimonianza integrale di Padre Wojciech Żmudziński, responsabile per la comunicazione della Compagnia di Gesù in Polonia.

Ascolta la testimonianza di padre Wojciech Żmudziński (Gesuiti Polonia)

Dal primo giorno dell’invasione russa, i gesuiti sono stati coinvolti nell’aiuto ai rifugiati sia in Ucraina sia in Polonia sia in Romania. In Polonia, padre Vitaliy è stato scelto come coordinatore dell’équipe dei gesuiti, dopo aver interrotto gli studi negli Stati Uniti ed essere rientrato in Polonia. In primo luogo, è andato in Ucraina per far fuggire i suoi genitori settantenni da Zhytomyr. Li ha trovati pronti, ma non per l’evacuazione. Si sono uniti alle forze di difesa del territorio. Gli hanno detto che non sarebbero andati da nessuna parte, che sarebbero rimasti a difendere la loro patria, a proteggere i valori con i quali lo avevano cresciuto. Un suo coetaneo, anche lui gesuita ucraino, è un cappellano. Assolve, conforta e seppellisce i caduti.

A Khmelnytsky, in Ucraina, i gesuiti hanno trasformato la casa di ritiro in un rifugio per i profughi provenienti dall’Ucraina orientale. Ci sono 12 miei confratelli in Ucraina, a Khmelnytsky, a Leopoli e Chernivtsi. Siamo in contatto con tutti loro. In Polonia, uno dei nostri centri di formazione è diventato un luogo per i rifugiati, la nostra clinica psicologica ha mobilitato volontari per aiutare le persone a far fronte a traumi psicologici. Sono per lo più bambini. Un gruppo del Rinnovamento nello Spirito Santo, legato a uno dei nostri santuari a Varsavia, si è reso conto che la preghiera non bastava. Ora sono una forza potente al servizio dei punti di accoglienza per i rifugiati a Varsavia. Li accolgono, trovano posti per ospitarli. Trasportano i profughi dalla frontiera e indirizzano le persone in arrivo verso luoghi di alloggio per un tempo più lungo o verso luoghi dove possono fermarsi per pochi giorni prima del proseguire verso un altro paese dell’Unione Europea. Alcuni devono essere portati in ospedale: attualmente, abbiamo 700 bambini ucraini negli ospedali polacchi. E i profughi, in questo momento, sono più di un milione 200 mila.

I volontari del gruppo di preghiera chiamato “Casa nelle braccia del Padre” hanno anche organizzato una linea telefonica alla quale rispondono volontari ucraini per spiegare a coloro che non sono ancora decisi a fuggire che cosa li aspetta in Polonia. Vi aspettiamo, vi aiuteremo. A volte ai volontari manca il tempo per dormire. Tutti sono stanchi ma anche commossi di fronte alla sofferenza della gente.

Nel nord della Polonia, nel noviziato dei gesuiti a Gdynia, i novizi si sono uniti ai gruppi di aiuto. Stanno preparando stanze lì per accogliere un numero di rifugiati. I gesuiti in Polonia si concentrano sull’aiuto a lungo termine in modo che gli ucraini possano rimanere in Polonia più a lungo, mandare i bambini a scuola, trovare un lavoro, imparare la nostra lingua. In alcune chiese in Polonia cattolici e ortodossi pregano insieme. Siamo tutti molto uniti.

Un punto di prima accoglienza dei profughi nel quartiere di Falenica, a Varsavia

Olga: abbiamo già trovato un alloggio a 200 famiglie

Sempre da Varsavia, questa è la testimonianza di Olga Hadzewicz-Kopka del gruppo di preghiera “Casa nelle braccia del Padre” legata al Rinnovamento nello Spirito Santo e volontaria della fondazione benefica”Back Home – Torna a casa”.

Ascolta la testimonianza di Olga Hadzewicz-Kopka (volontaria a Varsavia)

Sono già 13 giorni che abbiamo organizzato il nostro Hub come movimento ecumenico, collaborando insieme alle organizzazione cattoliche ”Casa dell’alleanza” e “Operazione Mobilitazione” ed all’organizzazione evangelica “Ovest”. Il pastore ha offerto il suo spazio della chiesa, che si trova in un centro commerciale, dove adesso abbiamo un ufficio per tutti i volontari, e un magazzino per le merci.

Nel nostro Hub stiamo aiutando i rifugiati ucraini a trovare case temporanee in Polonia. Contattiamo direttamente i polacchi che hanno offerto alloggio a famiglie ucraine. Siamo riusciti a organizzare un semplice modulo online per “organizzare” la loro generosità (con l’informazione di quanti adulti con quanti bambini possono accogliere) e noi facciamo l’abbinamento. Organizziamo anche il trasporto con autobus e furgoni dal confine alle case di famiglie disposte ad ospitare rifugiati (da venerdì 25 febbraio siamo riusciti a collocare oltre 200 famiglie).

I polacchi stanno effettivamente aprendo le porte dei loro appartamenti, case, a volte anche solo stanze, non importa quanto siano modeste le loro condizioni. Non abbiamo costruito campi profughi, perché non c’era tempo e fa ancora freddo di notte in Polonia. Il governo, insieme con le autorità locali di tutta la Polonia, sta trasformando in rifugi i palazzetti dello sport, le stazioni degli autobus, le sale da concerto. Già oltre 1,2 milioni di ucraini hanno trovato alloggio.

Affittiamo ostelli temporanei per i nuovi arrivati ​​in Polonia: a volte le famiglie arrivano alle 3 o alle 5 del mattino e loro hanno in programma di viaggiare più a ovest. Forniamo loro cibo, sono semplicemente affamati. Diamo loro zuppe calde o panini. Organizziamo il trasporto di merci al confine polacco-ucraino e direttamente a Kiev, Lutsk e altri luoghi (alimenti per bambini, pannolini, prodotti per la cura personale, medicinali, vestiti, attrezzi per la sopravvivenza, coperte). Utilizzando i nostri canali di fiducia, trasferiamo denaro direttamente in Ucraina.

Ecco infine una bella storia. Un nonno, che è venuto con il nipote, non ha voluto togliersi la giacca per molto tempo dopo essere arrivato al nostro hub. Si è scoperto che aveva due gattini sotto la giacca, di cui non ha parlato perché temeva che non li avremmo accettati.  Ma una famiglia polacca ha accolto tutti. Pregate per noi, così avremo abbastanza forze per portare avanti quello che stiamo facendo, o anche di più… più a lungo. Questo non è uno breve sprint, è una maratona.

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