Maria Milvia Morciano – Città del Vaticano
Una striscia di lana fine color verde azzurro, broccata con fili d’oro: è il Sacro Cingolo – ovvero una cintura – secondo la tradizione appartenuto a Maria Vergine e custodito nel duomo cattedrale di Prato, preziosissima reliquia intorno a cui si sono intessute – e questo riferimento è naturale per una città famosa per le manifatture tessili- storie e significati religiosi e politici, e la sua identità civica. L’8 settembre oltre che la natività di Maria ricorre infatti anche la festività della Madonna della Cintola.
In questo giorno avviene l’ostensione pubblica della sacra reliquia che viene mostrata ai fedeli dal pulpito esterno del duomo di Prato, opera di Donatello e di Michelozzo. La tradizione dell’8 settembre è quella più antica ma nel tempo furono aggiunte anche altre occasioni solenni come il Natale e il 15 agosto.
La sacra reliquia viene estratta dalla teca e mostrata ai fedeli anche per invocare la protezione della Vergine nei momenti più difficili della storia, come le calamità naturali o le epidemie. Lo stesso in occasione dei viaggi apostolici papali a Prato, come, tra le più recenti, quelle di san Giovanni Paolo II il 19 marzo 1986 e di Papa Francesco il 10 novembre 2015.
Avrebbero onorato la sacra reliquia forse san Francesco e sicuramente san Bernardino.
Il dubbio di san Tommaso e l’ascolto di Maria
La tradizione legata alla reliquia deriva da un episodio del vangelo apocrifo dello Pseudo Giuseppe di Arimatea, il Transisus Mariae (capitoli XVII-XXI).
Tommaso non arrivò in tempo per assistere alla morte della Vergine e non credette al racconto degli altri discepoli. Volgendo gli occhi al cielo, chiese un segno.
Ancora una volta Tommaso si rende protagonista del dubbio, è incredulo, così come era accaduto dopo la risurrezione di Cristo che lo aveva invitato a mettere una mano nelle piaghe delle mani e nella ferita del costato (Gv 20 e indirettamente in 1Pt 1,8-9).
La Vergine sale assunta nel cielo e nel mentre lascia cadere la sua cintura in segno di benevolenza e di protezione, nelle mani dell’Apostolo.
Simbolo identitario
Il racconto dell’apocrifo sembra provenire dall’ambiente monastico francese alla fine del XIII e ripresa nel XIV secolo in un’opera nota in vari manoscritti come soprattutto il Codice Nerucci, custodito nella Biblioteca Roncioniana di Prato, che racconta dell’Assunzione di Maria, della cintola e di Tommaso, quindi delle vicende legate al sacro cingolo che il pellicciaio pratese Michele Dagomari portò con sé dalla Terra Santa alla sua città nel 1141. Queste vicende sono illustrate nel ciclo di affreschi con le Storie di Maria e la Storia della Cintola della cappella del Sacro Cingolo nella cattedrale di Prato, opera di Agnolo Gaddi, databili tra il 1392 e il 1395.
Il cingolo, alla morte di Michele, fu donato a Uberto, priore della pieve di Santo Stefano, l’odierna cattedrale. Fu anche trafugato e poi più volte spostato, attraversando la storia di Prato e diventandone il simbolo e il centro di attrazione, capace di donare identità e prosperità alla città, basti pensare agli scambi commerciali che fiorirono intorno al mercato, che fu ricavato allargando lo spazio di fronte alla cattedrale.
Il legame del sacro cingolo con l’Assunzione e l’Incoronazione
La diffusione di opere d’arte che rappresentano l’episodio della Vergine e Tommaso che riceve la sua cintura è ricorrente e non è circoscritta alla sola città di Prato.
Ciò è dovuto al legame stretto con l’iconografia dell’Assunzione. Infatti, le due scene sono molto spesso riunite in una sola e san Tommaso diventa una presenza costante.
Oltre che all’associazione della Madonna della cintola con l’Assunzione, il cingolo appare anche nella rappresentazione dell’Incoronazione di Maria.
Un esempio indiretto sembra essere nella statua marmorea che orna l’altare della cappella dedicata al Sacro Cingolo nella cattedrale pratese, opera di Giovanni Pisano, dove il Bambino, tenuto in braccio da Maria, compie il gesto infantile e curioso di toccarle la corona, prefigurando la futura incoronazione.
Ancora un altro esempio è nella Pala Oddi del Raffaello – e l’artista ha più volte dipinto la Vergine con la cintura -, che riunisce nella stessa scena la tomba vuota del Transitus, l’Assunzione e nel contempo l’Incoronazione. Al centro, tra gli Apostoli, Tommaso tiene tra le mani il sacro cingolo.
Motivi della diffusione della devozione
Ha contato la suggestione e la poeticità dell’episodio: l’immagine di una cintura, che dal cielo scende leggera verso la terra attraversando le nuvole, allude alla femminilità e alla grazia incomparabili della Vergine. Ma certo non è solo questo. Già nei Vangeli si allude spesso a capi di abbigliamento che identificano le persone nel loro ruolo sociale e simbolico, come la tunica di Cristo, “senza cuciture, tessuta tutta d’un pezzo da cima a fondo” (Gv 19,23).
Anche la cintura riveste fin dall’antichità più remota significati molteplici, come la fascia di Afrodite nell’Iliade (XIV. 228). Simbolo di determinate classi sociali, di potere o di appartenenza a un ordine monastico o a una confraternita, è un accessorio capace di riconoscere chi la porta. Per la donna la cintura è simbolo di castità e di purezza. Analizzare i diversi e molti aspetti ci porterebbe lontano. Un solo esempio: durante un’apparizione la Vergine donò una cintura anche a Monica, madre di Agostino, e tale devozione fu assimilata da suo figlio e poi dalle confraternite di laici dette dei cinturati.
Significato del Sacro Cingolo
Alla luce di queste considerazioni, notiamo come la cintura abbia un preciso significato di investitura. Che sia un cordone povero come quello dei frati o più elaborata come quelle dei dignitari, questo segno, che letteralmente cinge il corpo come se lo proteggesse, riveste di volta in volta sempre un significato preciso.
Il Cingolo rappresenta la promessa della materna protezione di Maria, che si materializza attraverso il legame di un oggetto personale che continua a testimoniare la sua presenza viva. In molte opere d’arte, esso è rappresentato mentre è tenuto saldamente tra le mani sia di Tommaso da un capo, sia della Vergine dall’altro, come a simboleggiare questo legame forte che non si spezza, tra terra e cielo.
Un mirabile esempio è nella Assunzione di Maria, opera di Bernardo Daddi, che è parte della metà superiore della pala d’altare che l’artista aveva dipinto per una cappella del duomo. Di Tommaso si vede solo la mano che afferra la cintura, lungo il margine inferiore del dipinto.
E ancora vediamo il rilievo marmoreo che in origine ornava il pulpito esterno del duomo di Prato, poi sostituito da quello del Donatello.
La Vergine come specchio del Figlio in tutte le cose
Nel Transitus di Giuseppe di Arimatea, si legge un particolare particolarmente interessante: “Allora la fascia con cui gli apostoli avevano cinto il santissimo corpo venne gettata giù dal cielo a Tommaso” (XVII). Il cingolo sarebbe quindi un indumento funerario, non parte dell’abbigliamento di Maria in vita. Ricordiamo che questo vangelo apocrifo è stato attribuito proprio a chi nei Vangeli è ricordato per aver dato sepoltura a Gesù. È lo stesso Giuseppe a rimarcarlo in chiusura dell’opera. La storia del Sacro Cingolo affonda radici in racconti leggendari che possono essere veritieri o meno: ciò che però non sfugge è la sapienza con la quale sono stati, per così dire, costruiti. Il Cingolo sarebbe lo specchio mariano delle reliquie del Figlio, come la sacra Sindone: entrambi resti materiali venuti a contatto con i santissimi corpi e di uso funerario; entrambi segno di fede, testimonianza viva.