Maria Milvia Morciano – Città del Vaticano
La Natività del Signore è molto rappresentata. Un’iconografia che, nella sua varietà, tra stili, composizioni e personaggi, mantiene una riconoscibilità immediata. I sentimenti che vengono sollecitati in chi guarda la scena sono sempre di pace, tenerezza, raccoglimento, ma anche di emozione stupefatta di fronte alla bellezza senza pari di un Bambino appena nato che è Dio stesso, come Papa Francesco sottolinea nella Lettera Apostolica Admirabile signum:
“Il modo di agire di Dio quasi tramortisce, perché sembra impossibile che Egli rinunci alla sua gloria per farsi uomo come noi. Che sorpresa vedere Dio che assume i nostri stessi comportamenti: dorme, prende il latte dalla mamma, piange e gioca come tutti i bambini! Come sempre, Dio sconcerta, è imprevedibile, continuamente fuori dai nostri schemi”.
L’Adorazione dei pastori prima immagine della Nascita
Sono due le varianti più importanti e diffuse dell’iconografia: l’adorazione dei pastori e quella dei Magi, come a contenere tutto ciò che fa parte del mondo degli uomini e porlo ai piedi dell’indicibile divino. L’adorazione dei pastori richiama gli immediati momenti della Nascita: sono loro, infatti, i primi ad accorrere (Luca 2,8-20). Tra le opere d’arte con questa rappresentazione, assai conosciuta è la pala d’altare del pittore fiammingo Pieter Paul Rubens, dipinta nel 1608, ultimo suo dipinto eseguito prima di tornare in patria, ad Anversa. Ne conosciamo così bene storia e committenza da permetterci di seguire il filo della sua ispirazione, ma anche della sua eredità e quindi l’influenza sugli artisti successivi. Considerata a lungo opera di imprecisata scuola fiamminga, venne poi attribuita a Rubens dal grande storico e critico d’arte Roberto Longhi nel 1927. Il dipinto, in origine nella cappella di transetto dedicata alla Nativitá, detta Cappella Costantini, della chiesa di San Filippo Neri a Fermo, fu commissionato da padre Flaminio Ricci a Rubens, ben noto pittore fiammingo che aveva appreso la grande lezione dell’arte classica e italiana e si era guadagnato un’ottima reputazione.
Una luce abbagliante
La grande pala dipinta a olio, alta 3 m e larga 1,92, fu terminata e consegnata prima del previsto, segno che l’opera fu eseguita di getto e senza troppi pentimenti. Come Longhi la chiama, “La notte” fu dipinta a lume di candela. La sensazione che si prova guardandola dal vero è fortissima. Anche noi spettatori diventiamo parte del cerchio di persone che stanno attorno alla mangiatoia ricolma di paglia d’oro, sotto il groviglio di angeli che volano a bassa quota. Ci sentiamo come proiettati dentro la profondità del dipinto, sotto gli angeli che sbattono ali robuste e delle quali sentiamo quasi il rumore. Le figure sono di impianto solido, terreno. Siamo come risucchiati dal buio dentro questa bolla luminosa.
La Vergine risplende nella purezza del suo bellissimo volto, reso più delicato nel confronto con quello delle altre due figure femminili, sgraziate, quasi caricaturali. Le sue mani sono bianche, ma grandi e vigorose. Mani che stanno ricoprendo il Figlio divino dopo averlo mostrato agli astanti. Il panno che sta per coprire Gesù Bambino è percorso da pieghe spesse e dense. Il corpicino è roseo e paffuto ed emana una luce così abbagliante da sembrare fatta di raggi materici. La luce impenetrabile rimbalza sui volti e sulle mani dei pastori e degli angeli, si specchia nel volto di Maria. Un pastore si scherma gli occhi con la mano. La scena è rutilante. La luce lotta con l’ombra, tanto che quasi non si nota Giuseppe, in secondo piano, dietro Maria, avvolto nel silenzio.
Influenze caravaggesche
L’artista si sarebbe ispirato a una adorazione dei pastori del Correggio, prima nella chiesa di San Prospero a Reggio Emilia, e oggi a Dresda. L’opera del Correggio mostra effettivamente un simile schema compositivo, simili personaggi e stesso genere notturno, tuttavia rimane più composta meno investita dai vortici barocchi di Rubens.
Possibili sarebbero gli elementi e le suggestioni derivanti dal Caravaggio, ed è soprattutto nel confronto con quest’ultimo che si concentra l’attenzione degli studiosi. Rubens lo ammirava ed è possibile riconoscere alcune citazioni da Michelangelo Merisi trasportate in quest’opera e anzi enfatizzate, come l’anziana pastora dal volto rugoso o il pastore ammantato di rosso, che ripropone in chiave più solida e robusta i tanti san Giovanni Battista dell’artista.