La guerra in Ucraina, il pericolo è la tratta di persone

Vatican News

Alessandro Guarasci-Città del Vaticano

Sulla tragedia dell’Ucraina ora si allunga l’ombra della tratta di persone. La maggior parte dei tre milioni di profughi è fatta da donne sole con bambini. Lo abbiamo visto a Palanca in Moldavia, a Sighet e a Siret in Romania, valichi di frontiera dove ogni giorno arrivano migliaia di persone in fuga dalla guerra. Le diocesi della zona stanno allestendo gruppi di lavoro per evitare che questo turpe traffico si sommi alla guerra scatenata dalla Russia. Mediamente, ogni giorno, in Moldavia e Romania entrano non meno di 12.000-15.000 persone, e i trafficanti, purtroppo, si sono già fatti vivi.

Don Lodeserto: in Moldavia la Chiesa lavora per evitare questo traffico

Una donna di 20-25 anni da sola con bambino, disperata perché non sa quale è il suo futuro ma anche il suo presente, rischia di essere una facile preda per i trafficanti. “Questa è una realtà che ormai non è all’orizzonte, ma è quotidiana – ci dice don Cesare Lodeserto, vicario episcopale a Chisinau in Moldavia – A motivo di ciò abbiamo creato una struttura per le figure più fragili, femminili, per i minori, per le giovanissime con figli piccoli. Dobbiamo essere attenti a questo fenomeno per non rendere l’accoglienza sommaria e casuale. Serve un’accoglienza mirata, protetta per i rifugiati in tutte le loro necessità. La struttura che abbiamo messo in piedi è guidata da due sacerdoti, di cui uno di madrelingua russa, per avere un approccio ancora più diretto, oltre alla presenza di uno psicologo e di un mediatore. Queste sono persone che accompagnano i rifugiati in tutte le loro necessità, parliamo di documenti e di viaggi”.

Soggetti italiani ed europei cercano di adescare donne sole

Don Lodeserto dice che c’è l’evidenza di trafficanti in loco, un’evidenza confermata da vari organismi internazionali. In tutta Europa nel 2018 le vittime di tratta erano non meno di 26 mila. “Quindi parliamo di un rischio di adescamento di donne e minori, di minori non accompagnati. Attualmente qui in Moldavia ci sono 120 mila rifugiati. Ci sono stati casi di donne che sono state avvicinate, ci sono soggetti italiani ed europei qui presenti e noi stiamo cercando di ostacolare tutto questo soprattutto attraverso l’informazione – sottolinea Lodeserto – Le autorità locali sono impegnate a contenere il numero di rifugiati in una terra, la Moldavia, molto povera e che teme di essere invasa da un momento all’altro”.

In Romania massima collaborazione Chiesa-istituzioni

Il pericolo del traffico di essere umani è confermato anche dalle diocesi romene. “Proprio dall’inizio abbiamo cercato di registrare le persone che sono arrivate nelle nostre strutture, penso alla parrocchia di Sighet – dice don Iacib Iosif, direttore della Caritas di Iasi – La nostra rete delle Caritas sta monitorando la situazione per avere ben chiaro il cammino di chi decide di rimanere, o di lasciare la Romania per andare in altri paesi europei. Comunque, da questo punto di vista c’è una collaborazione con le istituzioni, e questo perché le emergenze sono tante, pensiamo solo a coloro che non hanno i documenti. Dobbiamo stare attenti a tutti coloro che vanno e vengono dalla dogana, a coloro che nella confusione di quei luoghi cercano di intercettare i soggetti più deboli. Comunque ci sono incontri costanti anche con le autorità statali. Il nostro personale partecipa a questi incontri per risolvere la situazione”.

Un’accoglienza diffusa per una vera integrazione

Oradea, nel nord della Romania, è un po’ più defilata rispetto al flusso principale dei rifugiati. Il vescovo monsignor Virgil Bercea dice però chiaramente che solo un’accoglienza diffusa può fugare il rischio dei trafficanti. “Certe famiglie che sono rimaste qua hanno già partecipato la domenica alle messe. E questo è importante perché ho chiesto ai sacerdoti nelle messe giornaliere e della domenica di pregare per la fine della guerra, per la pace in Ucraina e nel mondo – tiene a sottolineare monsignor Bercea – Ho incontrato gente dall’Ucraina che piangeva e mi ringraziava perché ha sentito, nominata più volte durante la messa, la loro terra martoriata e allora mi rendo conto che la preghiera e l’avvicinamento spirituale sono fondamentali. Infatti non è sufficiente dare a questa gente soltanto un pezzo di pane, un bicchiere d’acqua, ma è fondamentale dare lo anche la speranza”.