Stefano Leszczynski – Città del Vaticano
L’annuncio di Gazprom di voler chiudere per tre giorni il flusso del gas che attraverso il Nord Stream raggiunge l’Europa ha avuto un effetto deflagrante sul mercato energetico. Ieri, al Ttf di Amsterdam, il mercato di riferimento per l’Europa, il costo del gas è schizzato fino a 261 euro per MWh, per poi chiudere a 244,5. La forte dipendenza energetica che ancora lega i paesi europei al gas russo spaventa il mondo dell’idustria per l’insostenibilità di ulteriori aumenti nonostante i consistenti aiuti pubblici, soprattutto sul fronte delle imposte.
La guerra del gas
Ufficialmente il fermo di tre giorni – dal 31 agoso al 2 settembre – sarebbe stato deciso da Gazprom per effettuare lavori di manutenzione all’unica unità di compressione rimasta in funzione e, al termine dei lavori, il flusso di gas dovrebbe riprendere al ritmo di 33milioni di metri cubi al giorno, un quantitativo che corrisponde al solo 20% della capacità totale del gasdotto. Difficile tuttavia scindere la decisione del colosso energetico russo dalle tensioni suscitate dall’invasione dell’Ucraina e dal sostegno europeo a Kiev.
La reazione europea
L’Europa sta cercando di rendersi maggiormente indipendente dalle forniture russe con un programma di auto-riduzione del consumo del gas del 15% concordato dal Consiglio europeo. Una decisione presa in maniera compatta dai partner europei che agiscono però in maniera meno coesa sul fronte fiscale. L’Italia ha deciso di prorogare di un altro trimestre l’aliquota al 5%, invece del 22%, e così faranno anche Croazia, Lituania, Malta, Cipro, Romania, Slovenia e Ungheria. Resta invece tra il 5,5% e il 6% l’aliquota per Francia, Svezia, Portogallo, Grecia e Belgio. La Germania, primo paese toccato dal gas russo abbasserà l’Iva sul gas al 7% ed ha annunciato di avere già raggiunto il 75% di capacità di stoccaggio in vista dell’inverno.
Il nodo nucleare di Zaporizhzhia
Nel contesto del confronto geopolitico sull’energia rientra anche la delicata e pericolosa situzione della centrale nucleare ucraina di Zaporizhzhia, occupata militarmente dalle truppe di Mosca. Se da un lato il presidente Putin ha annunciato di voler assecondare le richieste internazionali per consentire agli ispettori dell’Aiea, l’agenzia internazionale per l’energia atomica, di ispezionare gli standard di sicurezza dei reattori, dall’altro l’Ucraina accusa la russia di voler scollegare la centrale dalla rete energetica nazionale. Un’eventualità che rappresenterebbe non soltanto un rischio energetico per Kiev, ma un concreto pericolo per il corretto funzionamento della centrale. Sulla questione è intervenuto anche il segretario generale dell’ONU Guterres che ha detto che l’energia della centrale di Zaporizhzhia è e deve restare ucraina.