Francesco nel pomeriggio nella Caritas Technical Secondary School, secondo appuntamento del viaggio nella Papua Nuova Guinea, per incontrare i piccoli assistiti dalle due realtà caritative Street Ministry e Callan Services. Accoglienza oltre ogni aspettativa tra canti e danze tradizionali, cori, doni e applausi. Al Papa anche le domande di due bambini: “Perché non abbiamo le stesse opportunità degli altri?”. Il Pontefice in mezzo alla folla per le foto e la benedizione dei malati
Salvatore Cernuzio – Inviato a Port Moresby
“Vi-va-Pa-Pa-Fran-cis-co!
Vi-va-Pa-Pa-Fran-cis-co”
Copricapi piumati, collane di perline bicolore, bastoni di legno, gonne di paglia, bracciali con pelle intrecciata a foglie di banano. Poi cori e canti in inglese e spagnolo, grida di esultanza, piedi che battono per terra, fianchi che ondeggiano, braccia che disegnano cerchi nell’aria. È la Papua Nuova Guinea nella sua ricchezza di costumi, riti e tradizioni quella che si è presentata agli occhi di Papa Francesco all’ingresso della Caritas Technical Secondary School, seconda tappa del primo giorno di viaggio nel Paese oceanico dove il Pontefice è giunto ieri sera, 6 settembre.
Dai bambini ha voluto iniziare Francesco, dopo il saluto di questa mattina con autorità politiche e civili, gli impegni del pomeriggio a Port Moresby. Sono quelli disabili, poveri, senza casa o prospettive assistiti e curati da Street Ministry e Callan Services, due realtà caritative dell’arcidiocesi che forniscono, la prima, aiuto, istruzione e beni di prima necessità a tutti i minori altrimenti vagabondi per le strade polverose della capitale; la seconda, offre invece servizi per bambini e adulti con disabilità garantendo loro anche una formazione.
Un’accoglienza roboante
In abiti tradizionali o con le divise scolastiche giovani e bambini hanno atteso il Papa per quasi 2 ore lungo il corridoio d’ingresso dell’istituto, sovrastato da uno striscione gigante con il volto del Pontefice e parole di benvenuto. Hanno fatto le prove dei canti e dei balli, pregato il Padre Nostro e l’Ave Maria con le suore delle Caritas Sisters of Jesus, agitato le bandierine e riscaldato i vari strumenti. Le urla, i cori e il rumore dei tamburi si sono uniti in un’unica esplosione quando la jeep bianca con a bordo Papa Francesco ha varcato il cancello.
Danze, canti e caramelle
Subito il Papa si è fermato ad ammirare due esibizioni di danze tribali e ha ringraziato i danzatori e le danzatrici con il pollice in su e le mani giunte. Accolto dal cardinale John Ribat, arcivescovo di Port Moresby, dalla superiora delle suore della Carità e dalla direttrice, è quindi entrato nell’auditorium della Scuola da dove intanto provenivano canti e urla. Prima, Francesco, si è fermato con le due Maria e il piccolo Jeffrey Matthew che, anche loro con abiti della festa, gli hanno consegnato un mazzo di fiori abbellito dalle foglie tropicali, come le tante che adornano i poverissimi viali di Port Moresby. Il Papa li ha accarezzati e benedetti e ha lasciato loro delle caramelle.
Ha continuato a farlo lungo tutto il tragitto fino al palco, mentre gruppi di ragazzini creavano torri l’uno sulle spalle dell’altro o si spingevano per riuscire a dargli la mano. Qualcuno ha avuto paura e si è rifugiato nelle braccia della mamma, altre mamme si sono invece fatte avanti per far benedire dal Papa i figli malati.
Domande cruciali
Momenti, come sempre, in bilico tra la commozione e l’entusiasmo; anche per il Papa stesso che appariva quasi sorpreso da una così roboante accoglienza e che spostava il capo da una parte all’altra non sapendo dove guardare per prima: se ai bambini dietro i cordoni, al coro di ragazze su entrambi i lati degli spalti, ai piccoli indigeni seminudi che lo attendevano ballando alla fine della fila. Le danze sono proseguite come omaggio al Pontefice (“Siete bravi”, ha detto lui) anche dopo il saluto del cardinale Ribat e le due domande di un piccolo ospite del Callan Services e una dello Street Ministry. Lui chiedeva il perché della disabilità di alcuni suoi coetanei e se ci fosse una speranza per loro; lei interrogava il Successore di Pietro sul loro destino di piccoli vagabondi, spesso “peso per gli altri”: “Perché non abbiamo opportunità come gli altri ragazzi e come possiamo renderci utili per rendere il nostro mondo più bello e felice, anche se viviamo nell’abbandono e nella povertà?”.
Speranza e pace per tutti
Dalla iniziale confusione è sceso il silenzio nel grande auditorium dinanzi a quesiti così sofferti da parte di bambini di neanche 10 anni che già sembrano portare il peso del mondo sulle spalle. Era interrotto solo dalle gridate incontrollate di una giovane disabile. Francesco nel suo breve intervento è partito proprio da queste domande: “Qualcuno di voi mi ha chiesto: ‘Perché non sono come gli altri?’. Davvero mi viene una sola risposta a questa domanda ed è: ‘Perché nessuno di noi è come gli altri: perché siamo tutti unici davanti a Dio!’”. È la conferma che “c’è speranza per tutti”, ha ribadito il Papa, e anche “che ciascuno di noi, nel mondo, ha un ruolo e una missione che nessun altro può svolgere e che questo, anche se comporta delle fatiche, dona allo stesso tempo un mare di gioia, in modo diverso per ogni persona. La pace e la gioia è per tutti”.
Donare amore
Non importa dei limiti, delle cose che sappiamo fare meglio e o di quelle che invece facciamo fatica o e non possiamo fare mai: “Non è questo non che determina, questo non è quello che determina la nostra felicità: piuttosto è l’amore che mettiamo in qualsiasi cosa facciamo, doniamo e, riceviamo”, ha rimarcato ancora il Papa. “Donare amore, sempre, e accogliere a braccia aperte l’amore che riceviamo dalle persone che ci vogliono bene: è questa la cosa più bella e più importante della nostra vita, in qualsiasi condizione e per qualsiasi persona… anche per il Papa! Sapete? La nostra gioia non dipende da altro: la nostra gioia dipende solo dall’amore!”.
Come “un salto”
E l’amore è la ricetta anche per “rendere più bello e felice il nostro mondo”, ha sottolineato Papa Francesco, rispondendo così al secondo quesito. “Amare Dio e gli altri con tutto il cuore! E cercando di apprendere – anche a scuola – tutto quello che possiamo, per farlo nel modo migliore, studiando e impegnandoci al massimo in ogni opportunità che ci viene offerta per crescere, migliorare e affinare i nostri doni e le nostre capacità”. È come quando ci si prepara a fare un bel salto: “Prima si concentra e punta tutte le sue forze e i suoi muscoli nella direzione giusta…”. Così anche noi: concentrare tutte le nostre forze sulla meta, che è l’amore per Gesù e in Lui per tutti i fratelli e le sorelle che incontriamo sulla nostra strada, e poi con slancio riempire tutto e tutti con il nostro affetto!”.
Tenere accesa la luce dell’amore
In questo senso, “nessuno di noi è di peso, ma tutti siamo doni bellissimi di Dio, un tesoro gli uni per gli altri!”, ha concluso il Papa. Da qui un preciso mandato: “Tenete sempre accesa questa luce, che è un segno di speranza e non solo per voi, ma per tutti quelli che incontrate, e pure per il nostro mondo, a volte tanto egoista e preoccupato delle cose che non contano. Tenete accesa la luce dell’amore!”.
Il Pontefice “sommerso” dai bambini
Di nuovo nel chiasso più festoso possibile, Papa Francesco è sceso dal palco per la foto di gruppo. Un momento irripetibile con il Vescovo di Roma che si perdeva in una nuvola di piume, paglie, bracciali e copricapi: tutti i bambini lo hanno accerchiato per entrare nell’obiettivo e man mano dagli spalti e dalle sedie se ne aggiungevano altri. Lui li ha incitati a fare i cori: “Al mio via… Uno… Due… Tre…”.
Speciali agli occhi di Dio e del Papa
Almeno una mezz’ora Francesco l’ha trascorsa a poggiare le mani sul capo di ragazzi malati, alcuni trasportati in barella dalle suore o avvolti in marsupi sul petto delle loro mamme. Sembrava non interrompersi più il flusso di Rosari e caramelle che il Papa distribuiva: quando sembrava aver finito, una decina di altri bambini gli si parava davanti con la mano protesa in avanti. Lui ha divertito ha percorso tutto il corridoio fino all’uscita dedicando loro del tempo per farli sentire “speciali” agli occhi di Dio e anche a quelli del Papa.