Fausta Speranza – Città del Vaticano
Inizia il processo per la “riconciliazione” tra le diverse fazioni palestinesi, tra il partito di al-Fatah e il movimento di Hamas che governa la Striscia di Gaza. Lo ha affermato il ministro degli Esteri algerino Ramtane Lamamra, annunciando l’avvio di colloqui ad Algeri, ma senza fornire dettagli. Ha usato la stessa espressione, “riconciliazione”, che ha scelto a dicembre il presidente algerino Abdelmadjid Tebboune per rendere noto che avrebbe presto ospitato i colloqui tra i vari componenti della scena palestinese. Da tempo diversi Paesi arabi, tra cui l’Egitto, il Qatar e l’Arabia Saudita, hanno tentato di riavvicinare il partito di al-Fatah, guidato dal presidente palestinese Mahmoud Abbas, con il partito rivale Hamas che governa a Gaza. Dei molti gruppi di cui si compone il panorama politico palestinese, Fatah e Hamas sono gli attori principali. Da 16 anni non si tengono elezioni palestinesi.
In una campagna online il peso della contrapposizione
In questi giorni molti palestinesi hanno rilanciato una campagna sui social network per protestare contro il governo di Hamas sulla striscia di Gaza, accusando il movimento islamista d’essere responsabile della povertà, della disoccupazione e delle dure condizioni economiche e umanitarie. Hamas e i suoi sostenitori hanno reagito affermando che dietro alla nuova campagna ci sono l’Autorità Palestinese e Israele, e hanno lanciato contro-campagne online in cui accusano l’Autorità Palestinese di corruzione, collaborazionismo con Israele e di aver imposto sanzioni finanziarie ed economiche alla Striscia di Gaza nel quadro del tentativo di istigare una rivolta contro Hamas. La campagna anti-Hamas, intitolata “Hanno sequestrato Gaza” è partita sulla scorta di un rapporto della ong Euro-Med Human Rights Monitor, con sede a Ginevra, in cui si afferma che “circa un milione e mezzo dei 2,3 milioni di persone che vivono nella striscia di Gaza , è stato ridotto in povertà a causa del blocco israeliano e delle restrizioni imposte dal 2006” (l’anno delle elezioni vinte da Hamas, dopo il ritiro israeliano da Gaza del 2005). Parecchi attivisti palestinesi anti-Hamas respingono l’ennesimo tentativo di scaricare la colpa su Israele e chiamano direttamente in causa Hamas.
La situazione socioeconomica
Anni di stagnazione economica all’interno della Cisgiordania sono stati seguiti, a partire dal 2020, da un forte calo del Pil pro capite. Il quadro peggiora se si guarda alla Striscia di Gaza, dove l’economia continua nel suo declino pluridecennale con tassi di disoccupazione preoccupanti, soprattutto per quanto riguarda le donne. A fine 2021, Tor Wennesland, coordinatore speciale delle Nazioni Unite per il processo di pace in Medio Oriente, ha dichiarato che “è sempre più difficile per l’Autorità Palestinese coprire le sue spese minime, per non parlare degli investimenti essenziali per l’economia e per il popolo palestinese”. La situazione fiscale dell’Autorità Palestinese sta arrivando al punto di rottura, ha spiegato, affermando che secondo le stime l’Autorità ha raggiunto nel 2021 un deficit di bilancio di 800 milioni di dollari, quasi raddoppiato rispetto a quello del 2020.
Negli ultimi 15 anni
Dal 2007, dopo il conflitto civile, al Fatah e Hamas amministrano rispettivamente e in modo indipendente la Cisgiordania e la Striscia di Gaza. A Il Cairo, il 12 ottobre 2017 le due più importanti fazioni palestinesi hanno firmato un accordo di riconciliazione che sembrava più promettente rispetto ai precedenti tentativi conclusisi con un nulla di fatto sul terreno, così come quelli che si sono susseguiti fino ad oggi.
Come nascono le maggiori fazioni palestinesi
Fatah è un’organizzazione nata nel 1959 per volontà di un gruppo di attivisti palestinesi, tra cui Arafat. Ha costituito per anni il caposaldo della causa nazionalista palestinese. Inizialmente il suo scopo era quello di promuovere lo scontro armato contro Israele e la creazione di uno stato palestinese indipendente. Nel 1964 è entrata a far parte dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP), fondata in quell’anno a seguito della volontà degli Stati arabi di creare un gruppo riconosciuto a livello internazionale che rappresentasse il popolo palestinese.
Il ruolo di Fatah
Fatah è diventato il membro principale dell’Olp a partire dal 1967, a seguito della disfatta della Guerra dei Sei Giorni e la conseguente perdita di credibilità dei Paesi arabi coinvolti nell’OLP. La situazione politica ha cominciato a cambiare nel 1988, a seguito delle tensioni causate dallo scoppio della cosiddetta Prima Intifada, ovvero le rivolte palestinesi contro l’occupazione da parte israeliana di Cisgiordania e Striscia di Gaza. Fatah, tramite l’OLP, ha iniziato a negoziare con Israele e i due siglarono infine, nel 1993, gli accordi di Oslo, che costituiscono il primo passo di un processo di pace con obiettivo la risoluzione del conflitto arabo-israeliano. In quel momento le due entità si riconobbero mutualmente e venne creata l’Autorità Nazionale Palestinese (ANP), un organismo politico che avrebbe dovuto amministrare in modo provvisorio parte dei territori occupati, in attesa di un accordo di pace definitivo. L’OLP e l’ANP rimangono tutt’ora due entità separate, anche se Fatah resta il principale attore in entrambe. La prima è formata da una serie di organizzazioni e movimenti nati nel corso degli anni ed è stata riconosciuta come membro osservatore all’Onu – dal 2012 con il nome di Palestina; la seconda ha poteri limitati che riguardano sostanzialmente gli affari interni e possiede un organo legislativo, il Parlamento, che viene eletto dai cittadini.
La realtà di Hamas
Sotto le pressioni della Prima Intifada è nata anche Hamas (movimento islamico di resistenza). Originariamente gli obiettivi dichiarati dell’organizzazione erano due: la promozione di diversi programmi di previdenza sociale a favore della popolazione e lo scontro armato contro Israele fino alla sua totale distruzione attraverso la sua ala militare, le Brigate Izz ad-Din al-Qassam. Successivamente, dopo la fine della Seconda Intifada dei primi anni 2000, ha cominciato a prendere parte alla vita politica palestinese. Nel frattempo gli insediamenti israeliani dentro la Striscia di Gaza sono stati smantellati e le forze armate si sono ritirate, lasciando il territorio sotto il controllo dell’ANP, ad esclusione degli spazi aereo e marittimo. Nel 2006 Hamas ha partecipato alle elezioni legislative dell’ANP, ottendendo il 44 per cento dei voti, mentre Fatah solo il 41 per cento. Le tensioni con Fatah hanno continuato a crescere fino a sfociare in un conflitto civile armato. Il conflitto è terminato nel 2007 con il ritiro di Fatah da Gaza e l’assunzione del controllo da parte di Hamas della Striscia – nel frattempo isolata politicamente, economicamente e diplomaticamente da una parte della comunità internazionale che non aveva riconosciuto i risultati delle elezioni. Da allora l’ANP controlla i territori in Cisgiordania, mentre Hamas ogni aspetto della vita nella Striscia di Gaza. L’organizzazione ha compiuto diversi attentati suicidi e attacchi missilistici potenzialmente in grado di raggiungere le principali città israeliane. Dal 2007, quindi, Gaza è anche sottoposta a un blocco da parte di Israele ed Egitto. La Striscia è chiusa da mura difensive, in cui sono rimasti aperti solo pochi punti di accesso, e da una buffer zone, ovvero un’area cuscinetto interna inaccessibile ai palestinesi; l’aeroporto internazionale distrutto durante i conflitti non è più stato ricostruito e le acque territoriali accessibili alla pesca sono sempre più ridotte vicino alla costa. Il blocco regola e limita l’arrivo di cibo, acqua, elettricità, gas, materiali per le costruzioni e altri beni. Sul confine egiziano sono stati scoperti tunnel sotterranei per far entrare nella Striscia prodotti di contrabbando. Sullo sfondo resta l’irrisolta questione israelo-palestinese. Da mesi si continuano a registrare episodi di forte tensione o di violenza in località della Cisgiordania e anche a Gerusalemme Est.