Andrea De Angelis e Renato Martinez – Città del Vaticano
Sono giorni molto difficili per la popolazione ecuadoriana che vive in un Paese sconvolto dall’aumento della violenza e dalla piaga sempre più profonda della droga, al punto da spingere il governo ad adottare, ormai da una decina di giorni, lo stato di emergenza per combattere il narcotraffico. In questo contesto sono esplose anche le proteste di piazza, in corso ormai da tre giorni a Quito e in altre località. I manifestanti contestano, in particolare, l’aumento dei prezzi del carburante. Decine gli arresti, ci sono anche feriti tra le forze dell’ordine e i civili.
Le ragioni della protesta
Questa settimana, dunque, sono iniziate le manifestazioni che proseguono ancora in queste ore. Decine di migliaia di persone sono scese in piazza, tra cui esponenti di organizzazioni sociali, sigle sindacali, associazioni indigene e studentesche che hanno aderito a quella che è una mobilitazione nazionale. Nel mirino la politica economica del governo, soprattutto per quanto riguarda il prezzo del carburante e l’agricoltura. Martedì scorso, 37 persone sono state arrestate e 5 agenti di polizia, un giornalista e almeno un manifestante sono rimasti feriti nella mobilitazione più imponente da quando, lo scorso maggio, il presidente conservatore Guillermo Lasso si è insediato. Alcuni manifestanti hanno eretto barricate bloccando, tra gli altri, diversi tratti dell’autostrada panamericana che collega l’Ecuador alla Colombia. Alla vigilia della manifestazione, il governo del presidente Guillermo Lasso aveva annunciato una sospensione del meccanismo di aumenti mensili del carburante, disponendo un congelamento dei prezzi.
L’appello dei vescovi locali
I vescovi dell’Ecuador, di fronte al moltiplicarsi degli episodi di violenza nel Paese negli ultimi mesi, hanno invitato “tutte le forze politiche a credere che la soluzione dei problemi della popolazione stia nel dialogo, nel rifiuto della violenza, nella difesa delle istituzioni, nella centralità della persona e dei suoi diritti e doveri”, ribadendo il loro appello “a pensare, parlare e agire in senso democratico”. “L’aumento dell’insicurezza e della violenza, il dolore e la preoccupazione vissute per le morti sanguinose nelle carceri e nella vie delle nostre città hanno addolorato l’intero Ecuador”, si legge così nel comunicato del Consiglio della Presidenza della Conferenza episcopale ecuadoriana (Cee), diffuso dai vescovi il 22 ottobre scorso, al termine della loro 150.ma Assemblea plenaria. Quindi l’impegno “come Chiesa cattolica, a sostenere ogni iniziativa che, nel ricostruire il tessuto sociale, favorisca un Ecuador di pace, giustizia e uguaglianza per tutti”.
Violenza e droga
Lo stato di emergenza decretato dal governo inizialmente valeva solo nelle carceri, ma in seguito è stato esteso a tutto il Paese. La violenza dunque e il narcotraffico finisco nel mirino delle istituzioni, pronte ad intraprendere una battaglia lunga e difficile per sanare le ferite di un Ecuador che registra anche un aumento di furti, rapine che contribuiscono ad aumentare uno scenario di generale insicurezza. “C’è una grave agitazione interna in Ecuador a causa del numero di crimini che vengono commessi, specialmente nelle province costiere come Guayas, Manabí e Los Ríos, dove le statistiche mostrano che i crimini sono in aumento e vengono commessi anche in pieno giorno”, sottolinea Saarhy Betancour, avvocato e giornalista cattolica. Nell’intervista a Radio Vaticana – Vatican News, Betancour spiega come la violenza abbia alla base origini diverse.
“C’è quella legata al traffico di droga, poiché la maggior parte delle morti violente sono dovute ad un regolamento di conti, ma c’è anche quella che potremmo definire di rapina comune a causa della mancanza di risorse, sia – afferma – da parte degli ecuadoriani che hanno perso il lavoro e vivono in estrema povertà, sia da parte degli stranieri che sono stati costretti a lasciare il loro Paese, come nel caso dei venezuelani”. Nella regione, l’Ecuador è il Paese dove è presente il maggior quantitativo di droga. Basti pensare che solo nei primi dieci mesi del 2021 ne è stato sequestrato un quantitativo pari a 117 tonnellate.
Il pensiero di Papa Francesco
Lo scorso 3 ottobre il Papa, al termine della preghiera mariana dell’Angelus, ha rivolto il suo pensiero all’Ecuador, in particolare alle famiglie delle persone rimaste uccise negli scontri in carcere avvenuti il 30 settembre. Francesco ha invocato l’aiuto di Dio per sanare le piaghe del crimine che schiavizza i più poveri:
Mi ha molto addolorato quanto è avvenuto nei giorni scorsi nel carcere di Guayaquil, in Ecuador. Una terribile esplosione di violenza tra detenuti appartenenti a bande rivali ha provocato più di cento morti e numerosi feriti. Prego per loro e per le loro famiglie. Dio ci aiuti a sanare le piaghe del crimine che schiavizza i più poveri. E aiuti quanti lavorano ogni giorno per rendere più umana la vita nelle carceri.