La crisi di governo in Italia in discussione al Parlamento

Vatican News

Fausta Speranza – Città del Vaticano

“Ritengo che un presidente del Consiglio che non si è mai presentato davanti agli elettori debba avere in parlamento il sostegno più ampio possibile”. Con queste parole, il presidente del Consiglio dei ministri Mario Draghi, dopo aver rassegnato le dimissioni al Capo dello Stato giovedì scorso, proprio su invito di Mattarella questa mattina ha chiesto al Senato di confermare l’impegno di un nuovo patto tra forze politiche Draghi, che domani consegnerà il discorso alla Camera, ha interpellato i senatori con chiarezza: “All’Italia non serve una fiducia di facciata, – ha affermato – che svanisca davanti ai provvedimenti scomodi”.

Sulla vita degli italiani

Secondo Draghi il “contesto è di emergenza” – il governo deve prendere “decisioni che incidono profondamente sulla vita degli italiani”- ed è incompatibile con quello che ha definito “un crescente desiderio di distinguo e divisione delle forze politiche”. Da qui, la “scelta tanto sofferta, quanto dovuta” delle dimissioni presentate a Mattarella che ha rimandato la crisi al parlamento. Nella giornata di domani, dopo il dibattito di oggi al Senato e di domani alla Camera, si conoscerà l’esito della crisi.

L’appello alle forze politiche

Serve “un nuovo patto di fiducia, sincero e concreto”, come lo sforzo che – ha riconosciuto – è stato compiuto nei primi mesi dalla maggioranza di unità nazionale. A questo proposito, ha aggiunto: “A lungo le forze della maggioranza hanno saputo mettere da parte le divisioni e convergere con senso dello Stato e generosità verso interventi rapidi ed efficaci, per il bene di tutti i cittadini”. Dunque il richiamo a Mattarella: quando Draghi ha riconosciuto che “l’amplissimo consenso di cui il governo ha goduto in Parlamento ha permesso di avere quella ‘tempestività’ nelle decisioni che il presidente della Repubblica aveva richiesto”. Tra l’altro Draghi ha chiesto di rimanere “uniti contro la burocrazia inutile”.

Strappi ed ultimatum

Il voto di giovedì scorso in Consiglio dei ministri ha certificato la fine del patto di fiducia, “dopo mesi di strappi ed ultimatum”. E’ venuta meno la maggioranza di unità nazionale che – ha affermato Draghi – ha appoggiato il governo sin dalla sua nascita. “Non votare la fiducia a un governo di cui si fa parte è un gesto politico chiaro – ha ribadito – e non è possibile ignorarlo, perché equivarrebbe a ignorare il Parlamento”.

Distinguo e divisione

Per le mosse politiche che hanno portato alla crisi, Draghi ha usato un’espressione precisa: ha parlato di “sfarinamento della maggioranza sull’agenda di modernizzazione del Paese”. Con il passare dei mesi – ha  detto – alla domanda di coesione che arrivava dai cittadini “le forze politiche hanno opposto un crescente desiderio di distinguo e divisione”.

In particolare, “le riforme del Consiglio Superiore della Magistratura, del Catasto, delle concessioni balneari hanno mostrato un progressivo sfarinamento della maggioranza sull’agenda di modernizzazione del Paese”. In politica estera, Draghi ha parlato di “tentativi di indebolire il sostegno del governo verso l’Ucraina, di fiaccare la nostra opposizione al disegno del presidente Putin”. E ha aggiunto: “Le richieste di ulteriore indebitamento si sono fatte più forti proprio quando maggiore era il bisogno di attenzione alla sostenibilità del debito”.

Il richiamo ai cittadini

Draghi ha fatto riferimento poi alla mobilitazione di questi giorni da parte di cittadini, associazioni, territori a favore della prosecuzione del governo, definendola “senza precedenti e impossibile da ignorare”. Ha coinvolto il Terzo settore, la scuola e l’università, il mondo dell’economia, delle professioni e dell’imprenditoria, lo sport. Ha parlato di “un sostegno immeritato”, per il quale si è detto “enormemente grato”. Ha ricordato anche la domanda di stabilità che viene dal personale sanitario, “gli eroi della pandemia, verso cui la gratitudine collettiva è immensa”.

I successi rivendicati

Non sono mancati nel discorso di Draghi gli esempi di passi compiuti e di riforme da chiudere per l’accesso ai fondi del cosiddetto PNRR, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza: dagli asili nido alla giustizia, con il reddito di cittadinanza “da difendere, ma da migliorare”. In particolare ha citato: misure di contenimento sanitario, campagna di vaccinazione, provvedimenti di sostegno economico a famiglie e imprese, slancio alla ripresa economica con la spinta agli investimenti e la protezione dei redditi delle famiglie. Un dato ricordato: lo scorso anno in Italia l’economia è cresciuta del 6,6 per cento e il rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo è sceso di 4,5 punti percentuali. Draghi ha rivendicato al governo diverse riforme.

Innanzitutto le riforme della giustizia: “è stata fatta la riforma del processo penale, del processo civile e delle procedure fallimentari ed è stata portata in Parlamento la riforma della giustizia tributaria”.

Draghi ha parlato poi di fisco affermando che “in Italia il fisco è complesso e spesso iniquo”, ricordando che per questo non sono state aumentate le tasse sui cittadini, sottolineando che “l’ultima legge di bilancio ha avviato la revisione dell’Irpef e la riforma del sistema della riscossione”.

Ha ricordato le riforme della concorrenza, degli appalti, oltre alla “corposa agenda di semplificazioni, un passo in avanti essenziale per modernizzare l’Italia”. “Tutti gli obbiettivi dei primi due semestri del PNRR sono stati raggiunti”, ha aggiunto ricordando che l’Italia ha già ricevuto dalla Commissione Europea 45,9 miliardi di euro,  cui si aggiungeranno nelle prossime settimane ulteriori 21 miliardi – per un totale di quasi 67 miliardi.

Questione ucraina: tra reazione e pace

Draghi ha fatto riferimento anche alla reazione dell’Italia “con assoluta fermezza all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia”, sottolineando che “la condanna delle atrocità russe e il pieno sostegno all’Ucraina hanno mostrato come l’Italia possa e debba avere un ruolo guida all’interno dell’Unione Europea e del G7”. Allo stesso tempo, Draghi ha affermato che l’Italia non ha mai cessato la  ricerca della pace –  “una pace che deve essere accettabile per l’Ucraina, sostenibile, duratura” e che il governo italiano è stato “tra i primi a impegnarsi perché Russia e Ucraina potessero lavorare insieme per evitare una catastrofe alimentare, e allo stesso tempo aprire uno spiraglio negoziale”. Ha rivendicato inoltre l’impegno per superare “l’inaccettabile dipendenza energetica dalla Russia” che Draghi ha definito “conseguenza di decenni di scelte miopi e pericolose”. E poi l’impegno per “proteggere cittadini e imprese dalle conseguenze della crisi energetica, con particolare attenzione ai più deboli”: stanziati 33 miliardi in poco più di un anno, quasi due punti percentuali di PIL, “nonostante i margini di finanza pubblica fossero ristretti”.  

I propositi per il futuro

Nel suo discorso al Senato Draghi ha accennato anche ai provvedimenti che aspettano di essere adottati. Ancora in tema di fisco ha chiarito: “Ridurre le aliquote Irpef a partire dai redditi medio-bassi; superare l’Irap; razionalizzare l’Iva”. E poi: “Entro i primi di agosto bisogna adottare un provvedimento corposo per attenuare l’impatto su cittadini e imprese dell’aumento dei costi dell’energia, e poi per rafforzare il potere d’acquisto, soprattutto delle fasce più deboli della popolazione”. A “medio termine, ridurre il carico fiscale sui lavoratori, a partire dai salari più bassi”. Ha ricordato che “a livello europeo è in via di approvazione definitiva una direttiva sul salario minimo”, per poi pronunciarsi sul reddito di cittadinanza: “Una misura importante per ridurre la povertà, che può essere migliorato per favorire chi ha più bisogno e ridurre gli effetti negativi sul mercato del lavoro”. Tra i propositi, citato anche “il bisogno di una riforma delle pensioni che garantisca meccanismi di flessibilità in uscita in un impianto sostenibile, ancorato al sistema contributivo”.