Si conclude oggi con l’incontro con il cardinale Pizzaballa la missione di Cei e Caritas a sostegno di una popolazione sempre più provata. Don Marco Pagniello, direttore dell’organismo pastorale di carità: “Situazioni dolorose che richiedono la vicinanza di tutta la Chiesa universale”
Federico Piana – Città del Vaticano
Gerusalemme e il quartiere arabo di Beit Safafa e poi i territori palestinesi di Betlemme, Ramallah, Beit Sahour, Beit Jala. La missione in Terra Santa della Caritas Italiana e del Servizio per gli interventi caritativi per lo sviluppo della Conferenza Episcopale Italiana va dritta al cuore della popolazione stremata che ha bisogno di tutto, in particolare di gesti e di parole di pace. Iniziato lo scorso 25 giugno, il viaggio non poteva non prendere avvio da quello che anche gli stessi abitanti definiscono un miraggio in tempo di guerra: il villaggio di Neve Shalom, un’esperienza di convivenza tra arabi palestinesi ed ebrei israeliani ad ovest della Città Santa, che viene chiamato anche Oasis of peace. Un esempio virtuoso che dovrebbe fare scuola.
Solidarietà e fraternità
“Attraverso la nostra presenza vogliamo dimostrare la nostra solidarietà, la nostra comprensione, il nostro desiderio di fraternità”, spiega don Marco Pagniello, direttore di Caritas Italiana, uno dei componenti della delegazione ecclesiale che ha anche l’obiettivo di capire concretamente quali opere di solidarietà poter realizzare in un breve futuro con i soldi raccolti dalla Cei durante la colletta nazionale di Quaresima. “Conosciamo – aggiunge il sacerdote – le tante fatiche che ad esempio stanno vivendo Gaza e Gerusalemme. Situazioni dolorose che richiedono la vicinanza di tutta la Chiesa universale che vuole dare il proprio contributo”.
Diritti negati
Essenziale è stato l’incontro tra la delegazione italiana e i membri del comitato esecutivo di Caritas Gerusalemme per discutere sull’impossibilità per molti ricongiungimenti familiari, una violazione dei diritti umani considerata grave e sistematica, e per essere informati sui progetti che si stanno mettendo in campo per spronare le persone a prendere in mano la propria situazione senza essere costrette a dipendere dagli aiuti umanitari. “Durante la visita al quartiere cristiano di Gerusalemme – racconta don Pagniello – abbiamo incontrato alcune famiglie che vivono divise a causa di alcune leggi che non permettono loro di riunirsi: quindi capita che all’interno dello stesso nucleo alcuni membri vedono riconosciuti dei diritti altri invece no. Abbiamo toccato con mano che la Chiesa locale non li abbandona”.
Progetti concreti
Come accade a Ramallah, in Cisgiordania, dove don Pagniello, insieme agli altri componenti della missione, ha potuto rendersi conto di come funziona un centro di orientamento professionale, dove alle donne viene insegnata l’arte sartoriale e l’artigianato, e stringere la mano a don Yacoub Rafidi, direttore generale dell’amministrazione delle scuole del Patriarcato Latino di Gerusalemme, che da anni si spende per garantire la professionalità dell’insegnamento improntato all’accoglienza e alle buone relazioni tra gruppi di tradizioni diverse.
L’incontro con il Patriarca
Oggi, 27 gennaio, ultimo giorno della missione, è previsto l’atteso incontro con il cardinale Pierbattista Pizzaballa, Patriarca di Gerusalemme dei latini. “Da lui ascolteremo quali sono le indicazioni che vorrà dare alla Cei e a Caritas per poter meglio camminare accanto alla Terra Santa. La Chiesa italiana, attraverso Caritas, è riconosciuta come una realtà che, nel silenzio, prova a fare la sua parte”, conclude don Pagniello.