La cattedrale in Bahrein, oasi di grazia nel deserto. Tagle: “Potente simbolo di fraternità”

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Debora Donnini – Città del Vaticano

La cattedrale in Bahrein sorge nel deserto come “un’oasi di grazia vivente”. È un ringraziamento al Signore quello che, in una riflessione a Radio Vaticana, il cardinale Antonio Luis Tagle, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, esprime descrivendo la chiesa da lui consacrata il 10 dicembre scorso nel Paese costituito da un arcipelago di isole nel Golfo persico. Un ringraziamento che guarda alla realtà dei cristiani e non solo. “Nel deserto – afferma –  i migranti cristiani trovano una casa, la casa di Dio e della famiglia di Dio, nel deserto è sorto un potente simbolo di dialogo, solidarietà e fraternità. Lodiamo il Signore che cammina con il suo popolo nel deserto e fa un’alleanza con loro”.

Più di mille visitatori al giorno

Un’opera di importanza decisiva nella regione. La cattedrale – la cui prima pietra donata dal Papa è stata posta nel 2014 – diventa, infatti, il centro dei servizi pastorali del Vicariato Apostolico dell’Arabia settentrionale che comprende, oltre al Bahrain, anche il Kuwait, il Qatar e l’Arabia Saudita. Si tratta di un’opera suggestiva, a pianta ottagonale, con una cupola d’oro e finiture azzurre all’esterno. Con un’ampia capienza: può ospitare fino a 2.300 persone. Dal momento dell’inaugurazione e della consacrazione, più di mille persone al giorno si sono recate a visitarla, e non solo cattolici, spiega Mattia Del Prete, l’architetto che assieme al suo team ha realizzato l’opera. Un fatto che testimonia la bellezza dell’opera, ma anche il suo ruolo di incontro a 360 gradi. Sette anni di lavori, spiega, durante i quali si è realizzata la collaborazione con le autorità locali nell’affrontare insieme le difficoltà della costruzione. Importante il forte sostegno del Re del Bahrein, Hamad bin Isa al Khalifa, che ha donato i 9 mila metri quadrati di terreno e ha anche consentito la realizzazione del parcheggio.

L’amore di Dio attraverso la bellezza

La forma richiama la tenda del deserto del popolo di Israele dove, come narra il libro dell’Esodo, il Signore parlava con Mosè, era il luogo della presenza del Signore. Con una grande cupola rivestita di metallo dorato che riflette la luce del sole, è “come un faro di riferimento” – spiega Mattia Del Prete – adagiata su volumi di pietra che assumono colorazioni rosate stagliandosi al tramonto su un cielo rosso fuoco. La bellezza dei marmi, gli intarsi azzurri esterni e ogni particolare rimanda a quella “nuova estetica” proposta nell’arte da Kiko Argüello , iniziatore del Cammino Neocatecumenale e consulente artistico dell’opera. Con lui Mattia Del Prete e il suo team si sono formati. Il senso è far percepire agli uomini, anche ai più poveri, attraverso la bellezza, l’amore di Dio, il cui culmine è il volto stesso di Cristo. Si tratta di quell’amore che si esprime prima di tutto nel creato e che suscita stupore. La bellezza, infatti, fa sentire l’uomo profondamento amato.

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Esperienza di dialogo e incontro

L’attenzione ai dettagli, spiega ancora l’architetto, mira a dare una maggiore partecipazione alla liturgia utilizzando tutti gli strumenti tecnici: la forma ottagonale, i piani inclinati, la corona misterica  – riproduzione degli affreschi di Kiko realizzati con una tecnica muraria innovativa – che rimanda all’iconografia orientale. Si tratta di uno spazio circolare alla base della cupola, interamente affrescato, con riquadri che illustrano gli episodi salienti della vita di Gesù e al centro Cristo Pantocratore. Gli spazi moderni e accoglienti sono, dunque, a servizio delle persone, delle relazioni con il prossimo. Mattia Del Prete descrive con emozione il rapporto di dialogo che si è realizzato con il Re Hamad. Ma anche con le maestranze ricordando come nel giorno dell’inaugurazione si siano salutati tutti con un abbraccio fraterno: un’esplosione di gioia collettiva. Da notare anche l’importanza della statua della Madonna con il Bambino in braccio e fra le mani il Rosario, le suggestive cappelle laterali, e il Fonte Battesimale scavato nel terreno e ricco di simboli, a partire dai sette gradini della discesa, e dove è possibile ricevere il Battesimo per immersione. Peraltro, l’uso del piano inclinato sul quale sono disposte le sedute, permette una perfetta visibilità anche degli ultimi banchi.

Un segno di accoglienza per i lavoratori migranti

Un’opera d’amore, dunque, il cui progetto iniziò con l’allora vicario apostolico dell’Arabia settentrionale, monsignor Camillo Ballin, ricorda monsignor Paul Hinder, vicario apostolico dell’Arabia meridionale e che, dal 13 maggio 2020, è anche amministratore apostolico dell’Arabia settentrionale, dopo la morte dello stesso monsignor Ballin. Monsignor Hinder ricorda il momento della consacrazione come una festa. Si tratta, infatti, di “una bellissima costruzione”, afferma. La comunità cattolica del Bahrain, circa 80 mila battezzati, è composta perlopiù da lavoratori immigrati di diversi Paesi, specie asiatici. Hinder si sofferma anche sui tanti gesti di apertura del Re e della Casa reale, una tradizione già iniziata con il padre del Re attuale. Spiega come la cattedrale sia un’importante riferimento anche per i cattolici che vivono in Arabia Saudita, che possono arrivare per partecipare alla Messa.

Un cammino che prosegue

Questa cattedrale è anche un segno di bellezza e, dunque, di accoglienza verso queste persone che vivono fuori dal loro Paese d’origine. “È anche un luogo dove possono sentirsi a casa loro”, rimarca monsignor Hinder, sottolineando che per loro è importante avere punti di riferimento per la fede, ma anche il senso di appartenenza alla comunità cattolica. Riguardo la firma di Papa Francesco e del Grande Imam di Al-Azhar del documento sulla Fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune, avvenuta nel 2019 ad Abu Dhabi, evidenzia come quel documento sia, in un certo senso, un punto di non ritorno: “C’è un cammino che va avanti, c’è un rispetto e una accettazione reciproca che è cresciuta e mi sembra che è importante che lo sperimentiamo tra le chiese ma anche tra le religioni”.