Andrea De Angelis – Città del Vaticano
Non fu firmata in un ufficio, tantomeno nella sede di un’ambasciata. La storia ottant’anni fa si scrisse a bordo della nave da battaglia Prince of Wales, ancorata ad Argentia nella Placentia Bay, sull’isola di Terranova. La Carta Atlantica, siglata dal presidente americano Franklin Delano Roosevelt e dal primo ministro britannico Winston Churchill, dirà molto del futuro ordine mondiale. I punti essenziali, messi neri su bianco, furono la rinuncia ad ingrandimenti territoriali, il diritto di autodeterminazione dei popoli e quello di accesso, in condizioni di parità, al commercio ed alle materie prime del mondo; e ancora la libertà dei mari e la rinuncia all’impiego della forza, una volta distrutta la tirannia nazista.
La genesi
La Carta Atlantica preparò di fatto l’alleanza militare tra i Paesi in guerra contro l’Asse e fu lo strumento al quale si richiamò esplicitamente la successiva Dichiarazione delle Nazioni Unite. Quanto stabilito il 14 agosto 1941 da Stati Uniti e Regno Unito è frutto dell’incontro – avvenuto nei giorni immediatamente precedenti alla firma dell’accordo – tra Roosevelt e Churchill. I due si conobbero di persona il 12 agosto e 48 ore dopo arrivò la storica firma. Quell’incontro ebbe a sua volta origine da una legge approvata dal Congresso statunitense, il Lend-lease act in base al quale Washington avrebbe potuto fornire al Regno Unito e ad altri Paesi alleati grandi quantità di materiali bellici senza esigerne l’immediato pagamento durante il conflitto mondiale. Nel periodo precedente, infatti, le esportazioni di materiali bellici dagli Stati Uniti erano soggette alle norme delle cosiddette Leggi di Neutralità del 1937 e 1939, che richiedevano obbligatoriamente il pagamento alla consegna ed il trasporto ad opera del compratore. Nell’autunno 1941, grazie alla nuova normativa e dopo l’accordo diplomatico siglato due mesi prima, la Casa Bianca approvò un miliardo di dollari di aiuti alla Gran Bretagna.
Dalla Carta Atlantica alla Nato
A quasi otto anni di distanza da questo accordo, il 4 aprile 1949 venne firmato a Washington il Patto Atlantico. A siglarlo furono gli Stati Uniti, il Canada e diversi Paesi dell’Europa occidentale, tra cui Stati come Italia, Grecia e Turchia che geograficamente non hanno sbocco sull’Oceano Atlantico. Il Patto è il Trattato Istitutivo della Nato, l’Organizzazione del Trattato Atlantico del Nord, di cui fanno parte attualmente 30 Stati. Ha sede a Bruxelles ed ha rappresentato durante la Guerra Fredda il cosiddetto “blocco occidentale”. Alla base di questa organizzazione internazionale per la collaborazione nel settore della Difesa c’è il concetto di “Difesa collettiva”, riportato nell’articolo 5 del Patto: “Le parti concordano che un attacco armato contro una o più di esse, in Europa o in America settentrionale, deve essere considerato come un attacco contro tutte e di conseguenza concordano che, se tale attacco armato avviene, ognuna di esse, in esercizio del diritto di autodifesa individuale o collettiva, riconosciuto dall’articolo 51 dello Statuto delle Nazioni Unite, assisterà la parte o le parti attaccate prendendo immediatamente, individualmente o in concerto con le altre parti, tutte le azioni che ritiene necessarie, incluso l’uso della forza armata, per ripristinare e mantenere la sicurezza dell’area Nord Atlantica”.
La nuova Carta Atlantica
Il 10 giugno 2021 il presidente statunitense Joe Biden ed il premier britannico Boris Johnson hanno firmato la cosiddetta Nuova Carta Atlantica. Ciò è avvenuto, come ottant’anni fa, nel corso del primo incontro tra i leader politici delle due potenze mondiali. L’accordo è stato siglato a Carbis Bay, in Cornovaglia, alla vigilia del vertice G7 tenutosi due mesi fa. Il nuovo documento, “che costruisce sugli impegni e le aspirazioni delineati 80 anni fa”, guarda alle sfida poste da altri Paesi e promette di promuovere il libero commercio, i diritti umani, l’ordine internazionale, contrastando “coloro che tentano di minare le nostre alleanze e istituzioni”. Nel mirino di Biden e Johnson finisce anche “l’interferenza attraverso la disinformazione” in elezioni e pratiche economiche opache, quindi il forte impegno a costruire difese globali più forti contro le minacce sanitarie, negli anni della pandemia di Covid-19.
Ribadire i principi
Francesco Bonini, Rettore della Libera Università Maria Santissima Assunta (Lumsa), nell’intervista a Radio Vaticana – Vatican News illustra l’importanza di quell’accordo e sottolinea come sia fondamentale difendere e ribadire i principi che sono alla base non solo di quel documento, ma anche di altre firme storiche che derivano proprio dalla Carta Atlantica:
Oggi possiamo affermare che quella firma, arrivata 80 anni fa tra due leader che non si erano mai incontrati prima di quel momento, ha cambiato la storia?
Quella firma arrivò in uno dei momenti più bui del secondo conflitto mondiale. La Gran Bretagna resisteva da sola, dopo la capitolazione della Francia, ed era da poco iniziata la cosiddetta Operazione Barbarossa, cioè l’aggressione nazista all’Unione Sovietica con cui si era tra l’altro spartita l’Europa Centro-Orientale. Una delle clausule della Carta Atlantica era proprio quella di rinunciare a qualsiasi acquisizione territoriale, con un chiaro intento di rivolgersi a Mosca che aveva occupato le Repubbliche Baltiche. Indubbiamente la firma della Carta Atlantica ha rappresentato la base solida per ripartire, in modo di resistere prima e vincere poi la Germania nazista. Non dimentichiamo che pochi mesi dopo gli Stati Uniti entreranno in guerra.
Per certi versi è impensabile immaginare l’Europa che conosciamo oggi senza quell’accordo?
Sì, quell’accordo ha avvicinato le due sponde dell’Atlantico ed è stato un processo assolutamente irreversibile. Dopo la fine della guerra si trattava di resistere all’espansionismo sovietico. Si arriverà così a Yalta, alla Nato e sempre nel 1949 al Consiglio d’Europa. Quei valori per resistere diventeranno anche dei valori per ricostruire l’Europa, in nome della pace, della democrazia, del progresso economico. Valori che porteranno anche al cosiddetto miracolo italiano.
Oggi però ci sono delle frizioni, pensiamo ad esempio a quelle tra Grecia e Turchia. Siamo dinanzi ad un parziale fallimento della Nato, oppure è quasi fisiologico che accada ciò?
La storia è sempre molto complessa, gli equilibri si sono via via aggiornati, specie dopo la fine dell’Unione Sovietica. Credo però che questa comunanza di visione sui grandi principi democratici e costituzionali tra l’Europa Occidentale e gli Stati Uniti possa essere un propellente di sviluppo anche in cui teatri, penso al Mediterraneo, che presentano delle problematiche. C’è stato un momento in cui l’Atlantico si è nuovamente allargato, con l’emergere anche negli Stati Uniti di spinte verso il Pacifico, considerando quasi come un qualcosa di vecchio il rapporto con l’Europa. Penso però che si tratti invece di un ancoraggio solido, specie in un mondo come quello globalizzato, per dare un po’ di senso alle relazioni internazionali. Dando il giusto spazio ai valori ed ai principi che non sono semplice retorica, ma una precisa necessità per i popoli e gli Stati. Tornare ai principi della democrazia e di pace scritti nella Carta Atlantica e presenti nella Nato e nelle istituzioni europee permette di vincere le sfide complesse di un mondo che uno scrittore francese definiva ‘sbussolato’, cioè privo di bussola. Il buon rapporto tra Europa e Stati Uniti è invece un punto fondamentale sia per l’oggi che per il futuro.
Per concludere, che effetto le ha fatto vedere un paio di mesi fa il presidente Biden ed il premier Johnson firmare la cosiddetta Nuova Carta Atlantica?
Ormai il rapporto tra gli Stati Uniti e la Gran Bretagna è assolutamente incommensurabile rispetto ad 80 anni fa. Allora erano due grandi potenze, oggi l’unica potenza è Washington. La Gran Bretagna è in qualche modo al seguito, orfana dell’Unione Europea alla ricerca di se stessa. Il punto fondamentale non è il rapporto tra questi due Paesi, ma quello tra Stati Uniti ed Europa Occidentale. Per questo dopo otto decenni ricordiamo quella firma, perché la Carta Atlantica è un momento importante, un prologo ad una storia molto più grande.