Andrea De Angelis – Città del Vaticano
Una città colpita come poche dalla pandemia di Covid-19, specialmente nella prima ondata. Le immagini provenienti da Bergamo hanno fatto il giro del mondo, come quelle giunte tre mesi da Kabul, dopo la presa del potere da parte dei talebani. Bergamo oggi accoglie i profughi che fuggono dall’Afghanistan, grazie ad un progetto volto a realizzare quell’integrazione di cui tante volte ha parlato anche Papa Francesco.
Le persone accolte
Attualmente sono 49 le persone provenienti dall’Afghanistan presenti nelle strutture residenziali (CAS – Centri di Accoglienza straordinaria) sul territorio di Bergamo a cui la Prefettura garantisce i servizi di accoglienza previsti dalla normativa. I minori, in età da scuola dell’obbligo appartenenti al gruppo giunto alla fine dell’estate, sono già stati iscritti presso le scuole dei Comuni ospitanti e in buona parte stanno già frequentando. Complessivamente il sistema dell’accoglienza conta 34 nuclei famigliari di diversa provenienza (11 afghani, 5 tunisini e 18 di altre nazionalità), tra cui 8 dal Camerun, Costa d’Avorio, Nigeria) particolarmente numerosi: 10 di questi hanno tra i 5 e i 9 componenti e 10 hanno tra i 3 e 4 componenti, inclusi i nonni. In totale 109 persone (di cui oltre un terzo minori), distribuite su 26 strutture differenti in 19 Comuni della Provincia di Bergamo nell’arco di pochi mesi, vedranno esaminata la richiesta di protezione internazionale presentata.
Il progetto
Il progetto Bergamo Casa Accogliente, a cui saranno destinati i proventi della raccolta fondi, si rivolgerà a questi 38 nuclei attraverso interventi mirati su alcune specifiche necessità, affidati a Cesvi Fondazione onlus, nel ruolo di capofila, e ad alcuni partner con cui Cesvi ha siglato a sua volta specifici accordi di collaborazione: Fondazione Casa Amica, Fondazione Diakonia, Consorzio SolCo Città Aperta Cooperativa La Fenice Onlus. Nella prospettiva di uscita degli ospiti nel breve periodo dal sistema di prima accoglienza, è necessario lavorare da subito a risposte di seconda accoglienza e di autonomia, in particolare ricercando risposte abitative adeguate e favorendo percorsi di inserimento lavorativo o di formazione/istruzione, sfruttando servizi/progetti già esistenti presso la rete dei partner di progetto in particolare ampliando la rete di accoglienza del Servizio Accoglienza Integrazione (ex SPRAR).
La lingua e il supporto psicologico
Intervenendo in diretta al programma Radio Vaticana con voi, Roberto Vignola – vice direttore generale di Fondazione Cesvi – ha voluto proprio sottolineare l’importanza di trovare delle abitazioni dove ospitare in futuro queste famiglie, molte delle quali numerose. Dunque, come l’ha definita, si tratta di “una vera e propria chiamata alle armi di solidarietà, che la città di Bergamo ha sempre mostrato, anche in uno dei momenti più difficili della sua storia”.
Il progetto Bergamo Casa Accogliente vuole, dunque, favorire un processo di integrazione che mostra vari punti. “Uno dei primi, guardando soprattutto ai tanti minori presenti, riguarda la lingua perché – spiega Vignola – lo scoglio linguistico è spesso uno dei più difficili da superare. C’è poi un supporto psicologico, particolarmente importante per queste persone che hanno dovuto affrontare un viaggio difficile, considerando anche come tutto sia accaduto, questa estate, all’improvviso”. Il vice direttore generale di Cesvi spiega poi come si può contribuire fattivamente nel sostenere l’iniziativa: “Con una donazione, facendo volontario o – ribadisce – nel caso in cui ci si trovi nella provincia di Bergamo, mettendo a disposizione un immobile disabitato, contando su tutte le garanzie fornite dalla Fondazione e dal Comune di Bergamo”.