L’esposizione nella Kirk Kerkorian Exhibition Hall dal 1° marzo al 22 giugno 2024. È la quinta dedicata al dialogo tra il patrimonio della Biblioteca e l’arte contemporanea, rappresentata dall’opera del francese Alain Fleischer: un percorso immersivo tra fotografie e volumi
Vatican News
La Kirk Kerkorian Exhibition Hall della Biblioteca Apostolica Vaticana ospita oggi, 1 marzo, l’inaugurazione della quinta mostra dedicata al dialogo tra il suo patrimonio e l’arte contemporanea, rappresentata questa volta dall’opera del francese Alain Fleischer. I visitatori verranno accolti dalla gigantografia dell’immagine simbolo della mostra: la Torre di Babele pubblicata da Athanasius Kircher, nel 1679, posta sopra l’arco d’ingresso. “È alla luce di questa vivida immagine biblica (Gn. 11, 1-9) – sostiene il bibliotecario monsignor Angelo Vincenzo Zani – che Alain Fleischer, fotografo, regista e scrittore, invita i visitatori a entrare nelle sale della nostra Biblioteca Vaticana. Come in una nuova Babele, in cui si trovano riunite tutte le tracce, fino alle più lontane e minuscole, di quella ‘dispersione’ decretata da Dio nei confronti degli uomini, che tentavano di ‘farsi un nome’ da soli”.
Una esperienza immersiva
Il percorso espositivo prosegue salendo lo scalone, dove il pubblico potrà immergersi dentro la storia della Biblioteca grazie a un mosaico fotografico ricco di scatti provenienti dall’Archivio fotografico, dall’Archivio della Biblioteca e dal fondo Raccolta Generale Fotografie, a cui si aggiungono anche quelli di altre raccolte “minori”, alternati ad altri inediti realizzati dall’artista. Sulla sommità dello scalone sarà possibile entrare nell’universo poetico di Fleischer attraverso una selezione delle più emblematiche opere della sua carriera, mentre altre, appositamente realizzate per questa occasione, sono esposte nelle sale successive, dove si accompagnano a un’ampia scelta di fotografie storiche della Biblioteca e a calchi di antiche steli arabe e cinesi. Una vera e propria esperienza immersiva è stata ideata, infine, da Fleischer per la celebre Sala Barberini, in cui, pur in assenza dei volumi fisici, torneranno a farsi vedere e sentire le voci dei libri lì conservati per secoli.
L’importanza della documentazione fotografica
Una installazione site-specific di grande impatto emotivo che per la prima volta rende ragione della natura doppia di biblioteca e di teatro della “Barberini”. Questa proposta dell’artista si accompagna a quella del lavoro storiografico portato avanti dai curatori con il prezioso aiuto dei colleghi dell’Archivio fotografico della Biblioteca, i quali sottolineano come questa mostra abbia permesso di ricordare l’importanza della documentazione fotografica: “Sia che si voglia considerare il reperto fotografico l’espressione visuale della stratificazione storica di un’architettura, sia che lo si voglia ritenere uno strumento di riflessione sugli spazi o addirittura un sito di cristallizzazione del ricordo, esso è un bene prezioso che va preservato per tramandare alle future generazioni la memoria dei luoghi, ma anche delle persone che li hanno progettati e abitati”. Un percorso che nella sua specificità rimane tuttavia fedele all’intuizione iniziale, così riassunta dal bibliotecario Zani: “Se c’è, infatti, un aspetto che le nostre mostre in dialogo con l’arte contemporanea hanno – e io tengo fortemente che l’abbiano – è quello di suscitare intuizioni, far balenare connessioni, additare percorsi. Esse sono vera e propria ricerca scientifica e, al contempo, ne promuovono altra, ben più strutturata e completa, contribuendo come poche altre iniziative all’autocoscienza dell’Istituzione”.