Giancarlo La Vella – Città del Vaticano
Da Enrico De Nicola a Sergio Mattarella, il 13.mo presidente della Repubblica italiana si appresta a raccogliere l’importante eredità dei suoi predecessori in un’epoca difficile. La pandemia e le gravi ricadute economiche impongono alla più alta carica dello Stato di essere, oltre che garante della Costituzione e dell’unità nazionale, importante stimolo per il governo ad operare in maniera efficace.
Rappresentante di tutto il Paese
Dal 24 gennaio prossimo il parlamento in seduta comune sarà dunque impegnato nel trovare una convergenza su chi rappresenterà l’Italia per i prossimi sette anni. Nei primi scrutini occorrerà raggiungere una maggioranza dei due terzi dei votanti; dalla quarta sarà sufficiente la metà più uno dei consensi. Del novero dei 1009 grandi elettori fanno parte deputati, senatori, compresi i sei a vita, e anche 58 rappresentati delle regioni, proprio a significare, come sottolinea Enzo Balboni, costituzionalista dell’Università Cattolica, che il capo dello Stato rappresenta veramente tutto il Paese, anche nelle sue realtà locali.
Professor Balboni, il presidente, dall’inizio della Repubblica, è stato sempre il punto di riferimento per tutti gli italiani, non solo, ma anche per le forze politiche sia di maggioranza che di opposizione per le sue prerogative. Quali sono le più importanti oggi?
Il Presidente della Repubblica è il capo dello Stato, così come viene definito dalla Costituzione. Egli è al tempo stesso la più alta istituzione della Repubblica e, quindi, gode della più elevata dignità formale, nel senso che, quando ci si parametra ad una figura sola nei rapporti con l’estero, come voce degli italiani che vivono fuori dell’Italia, ad esclusione della politica estera che legittimamente fa il governo, si pensa ad una figura non solo simbolica, ma con poteri effettivi che ha appunto il presidente della Repubblica. Quindi è per questo che è così importante che la scelta cada su una persona che abbia alta dignità formale e anche capacità di tenere insieme le istituzioni della Repubblica.
Si discute già da qualche anno sull’ipotesi di dare al presidente della Repubblica un ruolo più esecutivo. E’ fattibile oggi questa ipotesi o no?
Quella italiana, è una Repubblica parlamentare, che ha la sua emanazione principale nel parlamento e nelle forze politiche che sono in parlamento, cioè i partiti. Questi evidenziano da qualche decina di anni di una salute precaria e quindi, proprio per il fatto che è diminuita la loro capacità di direzione politica del Paese, aumenta quella, specialmente nei momenti di crisi, del capo dello Stato, della figura unica, come è in altre situazioni, pensiamo alla Francia o agli Stati Uniti, con la differenza che la Francia è una repubblica semipresidenziale e gli Stati Uniti presidenziale, nelle quali è il popolo che elegge direttamente il capo dello Stato. In Italia c’è invece la mediazione del parlamento. Tra pochi giorni tutte le forze politiche riunite eleggeranno il capo dello Stato. Faccio presente che non è per caso che si aggiungono, nella schiera dei grandi elettori, anche 58 rappresentanti delle regioni, tre per ogni regione, a parte la Valle d’Aosta che ne ha uno, perché si vuole che la rappresentazione della Repubblica vada al di là di quelli che sono gli organi dello Stato, comprendendo anche quei soggetti che non sono istituzioni di vertice, ma ne fanno comunque parte, come le regioni, perché il presidente è il rappresentante anche della unità territoriale del Paese. Lui è il garante anzi del mantenimento dell’unità territoriale della nazione, così come è garante della coesione sociale del Paese. Noi abbiamo un grosso problema nei rapporti tra sud e nord del Paese, tra zone svantaggiate e zone più ricche. Tutte queste cose fanno sì che il presidente, con i suoi poteri di mediazione, i suoi poteri di incoraggiamento, i suoi poteri di indirizzo possa dare un suo notevole contributo anche all’attività politica sempre restando dentro il ruolo che gli compete in una repubblica parlamentare.
Garante della Costituzione, forse questa è la prerogativa principale del capo dello Stato?
Certo, perché è nei momenti difficili, quando c’è una crisi di governo o quando non si riesce a trovare una direzione politica del Paese, spetta al presidente della Repubblica addirittura sciogliere le camere e quindi portare la nazione a nuove elezioni. Inoltre è lui che dà incarico di formare il governo a una personalità che lui intuisce possa avere anche il consenso del Paese, per farne la guida dell’esecutivo. Tutto questo spetta al presidente e rispetto a questa prerogativa i partiti si pongono in una posizione di attesa. Insomma, nei momenti di crisi spetta a lui prendere in mano la guida della nazione, ma poi subito dopo fa un passo indietro e lascia che le forze politiche, come è normale in una repubblica parlamentare, procedano secondo i loro disegni. E’ una figura di equilibrio, quindi ci vuole un uomo o donna di condivisione, che sappia parlare con tutti e che non abbia un rigetto netto da parte di nessuna delle forze politiche e culturali presenti nel Paese.
Guardando ai presidenti del passato, quali sono state le figure decisive per l’Italia?
Oggi è molto bello il ruolo di Sergio Mattarella verso il quale c’è un consenso ampio. Nei primi anni della Repubblica, con una sua linea politica abbastanza decisa a favore del liberalismo, si era comportato bene, anche dal punto di vista istituzionale, Luigi Einaudi. Quindi abbiamo avuto tanti personaggi, ma nessun capo politico. Ecco nessun reale capo politico è stato mai portato alla presidenza della Repubblica, proprio perché queste capacità di mediazione, di negoziazione, di ascoltare tutti e di non essere contro nessuno, fanno sì che questa sia una delle cifre essenziali di un presidente.
Professor Balboni, il prossimo presidente della Repubblica continuerà ad avere a che fare con l’emergenza Covid e la conseguente crisi economica. Quale apporto dovrà dare?
Dovrà dare incoraggiamento, utilizzando i due pedali che ha a disposizione: il freno e l’acceleratore. Quando la macchina va troppo forte, rallentare; quando invece è in panne, farla ripartire. Per questo il capo dello Stato è chiamato ‘magistrato di persuasione’. Mi sembra una bella definizione. Lui non incide direttamente sulla linea politica del governo, ma deve incoraggiare sostenere, trattenere e spingere dietro le quinte, ma di certo non è un ‘taglia nastri’.