Chiesa Cattolica – Italiana

Israele in guerra. Il Patriarcato: questa deve essere una terra di giustizia e riconciliazione

All’indomani dell’attacco di Hamas, che ha colto di sorpresa il Paese innescando una controffensiva con centinaia di morti e migliaia di feriti da entrambi le parti, il Patriarcato latino di Gerusalmme invoca “l’urgente necessità di trovare una soluzione duratura e globale al conflitto palestinese-israeliano” in questa regione, e si appella alla comunità internazionale perché siano garantiti i diritti fondamentali delle persone

Antonella Palermo – Città del Vaticano

Dopo la lunghissima giornata di ieri 7 ottobre, che chiudeva le festività ebraiche di Sukkot – quando alle prime luci dell’alba sono cominciati a piovere da Gaza migliaia di razzi su Israele colto completamente di sorpresa – continuano i lanci di missili e gli attacchi via terra continuano a penetrare dal confine meridionale di Israele. Colpite Tel Aviv e Gerusalemme. Le vittime israeliane sarebbero più di 200, i feriti 1.400. Il ministero della Sanità di Gaza indica 232 palestinesi morti e 1.700 feriti.

Scontri nei kibbutz di frontiera, razzi anche dal Libano

L’esercito è all’opera per liberare le comunità a ridosso di Gaza dai miliziani armati dell’organizzazione infiltratisi che hanno preso numerosi ostaggi portati nell’enclave palestinese. I residenti dei kibbutz Be’eri e Ofakim, asserragliatisi nelle abitazioni, sono stati salvati dalle forze di sicurezza. La stazione di polizia di Sderot, occupata dai miliziani di Hamas, è stata liberata con l’uccisione di dieci di loro. L’Hezbollah libanese ha rivendicato di aver compiuto “tiri di artiglieria e lanci di razzi” su Israele dal territorio del Libano. Ieri sera il ministro della difesa Yoav Gallant ha esteso all’intero territorio nazionale “lo stato di emergenza”. Scontri tra soldati israeliani e miliziani di Hamas si sono verificati nei kibbutz di frontiera, da Ofakim e Beeri a Nirim ed altri: l’esercito, nella serata, ha fatto sapere che combattimenti erano ancora in corso in ben 22 località. A Gaza, con il calare del buio, è stata tagliata l’energia elettrica.

Netanyahu chiama i riservisti, Hamas: combattiamo per la libertà

Il premier israeliano Benyamin Netanyahu ha ordinato all’esercito di richiamare i riservisti e di “rispondere alla guerra con un’irruenza e un’ampiezza che il nemico non ha mai conosciuto finora”. L’aviazione israeliana, dopo qualche incertezza, ha preso a bombardare la Striscia di Gaza. Medici senza Frontiere ha parlato di due ospedali colpiti, l’Indonesian Hospital e il Nasser Hospital. Dalla Striscia il capo dell’ala militare di Hamas, Mohammad Deif, ha definito l’operazione ‘Alluvione al-Aqsa’ una risposta alla “profanazione dei luoghi santi” e alle “detenzioni”. “Abbiamo avvisato più volte il nemico sionista – ha detto – ma abbiamo sempre avuto dei rifiuti”. Mentre il vice capo di Hamas, Saleh al-Arouri, ha sostenuto che la sua organizzazione è impegnata in una battaglia “per la libertà”. “Questa – ha precisato – non è un’operazione mordi e fuggi, abbiamo iniziato una battaglia a tutto campo. Ci aspettiamo che i combattimenti continuino e che il fronte di combattimento si espanda. Abbiamo un obiettivo primario: la nostra libertà e la libertà dei nostri luoghi santi”. A Gaza, dopo il primo momento di euforia per l’irruzione dei miliziani in territorio ebraico, prevale la paura per la rappresaglia: molti hanno già lasciato la zona più prossima al confine nel timore di un’operazione di terra dell’esercito.

L’appello del Patriarcato di Gerusalemme alla comunità internazionale

In una nota pubblicata sul sito del Patriarcato latino di Gerusalemme si legge l’improvvisa esplosione di violenza “è molto preoccupante per la sua estensione e intensità. L’operazione lanciata da Gaza e la reazione dell’esercito israeliano ci stanno riportando ai periodi peggiori della nostra storia recente. Le troppe vittime e le troppe tragedie che le famiglie palestinesi e israeliane devono affrontare creeranno ancora più odio e divisione e distruggeranno sempre di più qualsiasi prospettiva di stabilità”. Da qui l’appello alla comunità internazionale, ai leader religiosi della regione e del mondo, di “fare ogni sforzo per aiutare a smorzare la situazione, a riportare la calma e a lavorare per garantire i diritti fondamentali delle persone nella regione”. Si aggiunge inoltre che “le dichiarazioni unilaterali relative allo status dei siti religiosi e dei luoghi di culto fanno vacillare il sentimento religioso e alimentano ancora di più l’odio e l’estremismo. È quindi importante preservare lo Status Quo in tutti i Luoghi Santi in Terra Santa e a Gerusalemme in particolare”. La nota conclude: “Il continuo spargimento di sangue e le dichiarazioni di guerra ci ricordano ancora una volta l’urgente necessità di trovare una soluzione duratura e globale al conflitto palestinese-israeliano in questa terra, che è chiamata a essere una terra di giustizia, pace e riconciliazione tra i popoli. Chiediamo a Dio di ispirare i leader mondiali nel loro intervento per l’attuazione della pace e della concordia, affinché Gerusalemme sia una casa di preghiera per tutti i popoli”.

Ambasciata S. Sede: è guerra, la risposta israeliana è legittima difesa

In un comunicato diffuso ieri sera dall’Ambasciata di Israele presso la Santa Sede, si afferma che “Israele è in guerra”. La nota dichiara che “decine di civili israeliani sono stati massacrati da membri di Hamas e militanti della Jihad islamica in un orribile crimine di guerra. In tali circostanze l’uso di ambiguità linguistiche e di termini che alludono a una falsa simmetria dovrebbe essere deplorato. Ciò che è successo oggi non può portare a una guerra, è già una guerra. La risposta di Israele in queste circostanze non può essere descritta altro che come un diritto di legittima difesa”. “Certamente non può essere descritta come aggressività – aggiunge il comunicato dell’Ambasciata -. Tracciare parallelismi dove non esistono non è pragmatismo diplomatico, è semplicemente sbagliato”.

Sgomento in Israele per fallimento intelligence

Intanto nel Paese è forte lo sgomento per il fallimento dei servizi di sicurezza. Sotto accusa sono il governo e l’intelligence. Gli Stati Uniti e Israele stanno discutendo un possibile aiuto militare. Netanyahu al telefono con il presidente Usa Joe Biden ha parlato di “una campagna militare potente e prolungata” al termine della quale Israele “avrà il sopravvento”. Operazione ‘Spade di Ferro’, l’ha chiamata il governo di Gerusalemme. Intanto, la Cina chiama “le parti pertinenti a mantenere moderazione e calma, a fermare immediatamente gli scontri, a proteggere i civili e a impedire alla situazione di avviarsi verso un deterioramento”.

Exit mobile version
Vai alla barra degli strumenti