Marina Tomarro – Città del Vaticano
Iniziano ad essere visibili i segni di disgelo tra Teheran e Washington, nell’incontro sulla riattivazione del trattato sul nucleare iraniano che si sta svolgendo a Vienna. L’intesa, siglata nel 2015, tre anni dopo ha visto l’uscita unilaterale degli Stati Uniti. Secondo il presidente iraniano Hassan Rohani, in questi giorni all’incontro della commissione congiunta del patto a Vienna, è stato aperto un nuovo capitolo per il rilancio dell’accordo nucleare “Durante gli incontri nella capitale austriaca, – ha spiegato il capo del governo di Teheran – è emersa una voce comune e tutti hanno concluso che non c’è altra soluzione per rilanciare l’accordo nucleare se non l’accordo stesso, e che l’unica strada è l’implementazione del patto”. Anche il vice segretario generale per gli affari politici del Servizio europeo per l’azione esterna, Enrique Mora, ha parlato di incontro costruttivo. L’Iran ha giudicato postivamente l’annuncio americano di un possibile allentamento delle sanzioni.
Un equilibrio di accordi molto fragile
“Sicuramente – spiega il professor Riccardo Redaelli, Direttore del master in Studi mediorientali all’Università Cattolica – se gli Stati Uniti ritornassero al tavolo nucleare con l’Iran, costruito dopo tantissimi anni di ricerca di un compromesso, sarebbe una cosa positiva. Non sarà semplice da raggiungere, e non perché l’amministrazione Biden non voglia farlo, ma perché gli ostacoli posti su questo ritorno al tavolo, dopo l’abbandono parte di Trump nel 2018, sono ancora molto presenti. Anche perché negli Usa da diverse parti si guarda ancora con sospetto nei confronti dell’Iran. Anche nella Repubblica Islamica è cambiato molto il clima e tutto ciò pesa tantissimo sul ritorno al tavolo negoziale”.
Gli Stati Uniti stanno in qualche modo riprendendo in mano l’agenda internazionale proprio con questi intenti. Cosa potrebbe succedere?
R – Biden vuole tornare all’accordo nucleare del 2015, ma l’Iran si è fortemente radicalizzato e poi sta andando verso le elezioni presidenziali e quindi ogni apertura verso gli Stati Uniti diventa terreno di scontro ideologico e anche di manovre elettorali.
L’Iran ha sempre dichiarato che l’uso dell’uranio arricchito è stato sempre per scopi civili. Quale supporto allora può dare la comunità internazionale a questo proposito?
R – Non ci sono mai state prove evidenti di un uso clandestino militare dell’uranio arricchito, ma sappiamo che tutto quanto l’Iran ha fatto è stato per raggiungere la cosiddetta latenza nucleare. L’accordo del 2015 serviva proprio ad allontanare questo pericolo potenziale. La comunità internazionale e soprattutto l’Europa, che è stata drammaticamente assente e assolutamente impotente in questi anni, dovrebbe cercare di creare quel percorso di trattative che aumenti la fiducia dell’Iran nel precedente accordo. Non ci sono alternative a una ricerca di un percorso negoziale e l’Europa in questo potrebbe fare molto di più.