Il cardinale lussemburghese, relatore generale della XVI Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi, approfondisce alcuni temi del documento presentato oggi in Sala Stampa vaticana, dall’ecclesiologia alla corresponsabilità dei laici, donne e uomini, alla missione della Chiesa, fino al cammino comune con le altre Chiese e comunità cristiane
Jean-Charles Putzolu – Città del Vaticano
Tra le testimonianze alla conferenza stampa di presentazione dell’Instrumentum laboris della seconda sessione del Sinodo sulla sinodalità, non poteva mancare quella del cardinale gesuita Jean-Claude Hollerich, relatore generale della XVI Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi. Al porporato lussemburghese abbiamo chiesto di approfondire alcuni temi del documento, dall’ecclesiologia alla corresponsabilità dei laici, donne e uomini, alla missione evangelizzatrice della Chiesa, fino al cammino comune, fondato sul battesimo, con le altre Chiese e comunità cristiane.
Eminenza, da che punto si riparte? Come è stato costruito l’Instrumentum laboris che oggi viene presentato, rispetto ai precedenti documenti, come il Rapporto di sintesi e l’Instrumentum laboris della prima sessione?
Lo strumento di lavoro non è fatto da zero. Abbiamo il Rapporto di sintesi della prima sessione, poi abbiamo di nuovo le reazioni di tutte le Chiese. È una riflessione teologica su quello che si è detto nella prima sessione. E tutto insieme fa l’Instrumentum laboris, che è uno strumento di lavoro, non è il risultato del Sinodo. All’inizio del Sinodo i membri hanno le loro idee, e lo strumento di lavoro è fatto per stimolare i dibattiti necessari durante la sessione del Sinodo.
Questi dibattiti quali tematiche tratteranno?
Il tema dell’ecclesiologia, come essere Chiesa sinodale ma in missione. Questo è importante: siamo in missione, la Chiesa, il popolo dei battezzati è stato inviato da Dio per annunciare il Vangelo al mondo. E questo è il nostro compito. E abbiamo scoperto, non soltanto noi delegati nel Sinodo, ma tutto il Popolo di Dio dove si è vissuto in maniera diversa, elementi di sinodalità, durante questi ultimi tre anni, che ci sono dei frutti della sinodalità e questi frutti sono per la missione.
Per la missione, la Chiesa ha bisogno dei laici, uomini e donne. Si parla molto di responsabilità, della valorizzazione dei laici. Che cosa possiamo aspettarci su questo punto?
Sì, certamente. La Chiesa non è una Chiesa dei clerici, la Chiesa è una Chiesa dei battezzati. Donne e uomini, tutti siamo chiamati da Dio per annunciare il Vangelo e per formare la Chiesa. Dunque c’è una partecipazione di tutti e una corresponsabilità nell’annuncio del Vangelo. Questo non vuol dire che ministeri ordinati, i vescovi, i sacerdoti siano abbandonati, ma trovano il loro pieno senso in una Chiesa sinodale.
Fino a che punto possono essere responsabilizzati i laici, uomini e donne?
Per i laici, non c’è nessuna differenza per la Chiesa, riguardo alla partecipazione e alla corresponsabilità tra uomini e donne. Tutto è aperto alle donne e agli uomini. Lo abbiamo già visto quando il Papa ha aperto i ministeri laici dell’accolitato e del lettorato alle donne e poi nel nuovo ministero di catechista c’è una parità tra donne e uomini. Il Sinodo non si pone la questione dell’ordinazione sacerdotale delle donne, perché non è stata posta dal mondo intero. Ci sono state alcune Chiese locali che hanno sollevato la questione del diaconato delle donne e c’è una commissione per approfondire la riflessione teologica su questo punto. Per meglio capire che cosa è il diaconato, che è partecipazione a un ministero ordinato ma non sacerdotale, piuttosto di servizio. Allora la seconda questione, dopo questa riflessione, sarebbe se questo ministero ordinato può essere aperto alle donne. Ma questo fa parte di un processo e non bisogna pensare che tutti i processi siano finiti con questa sessione del Sinodo. La Chiesa avanzerà in un modo sinodale, il Popolo di Dio attraverserà la storia in modo sinodale. E ci saranno domande alle quali rispondere.
Camminare insieme in modo sinodale vuol dire anche con le Chiese sorelle, quindi in termini di relazioni ecumeniche?
E’ evidente perché se siamo il Popolo di Dio, e siamo il popolo dei battezzati, abbiamo il battesimo anche nelle altre Chiese e comunità cristiane e noi rispettiamo quel battesimo e queste Chiese e le amiamo. E vediamo che anche in queste Chiese lo Spirito Santo sta lavorando. Dunque questo compito della missione evangelizzatrice nel mondo è un compito comune a tutte le Chiese. Dobbiamo annunciare il Vangelo al mondo insieme, nella nostra diversità. E penso che anche i delegati fraterni delle altre confessioni cristiane sono stati molto aperti, in questo Sinodo. Da parte loro c’è una domanda più grande di partecipazione, e questo vuol dire che anche loro si sentono coinvolti.