India. Ecco perché la nuova legge anti-conversioni è incostituzionale

Vatican News

Lisa Zengarini – Città del Vaticano

Anche lo Stato indiano del Gujarat ha adottato una nuova legge anti-conversione. Il Gujarat Freedom of Religion (Amendment) Bill 2021  è stato approvato dal parlamento locale il 1.mo aprile e prevede per i suoi trasgressori pene dai tre ai dieci anni e sanzioni pecuniarie fino a 500mila rupie (pari a 6.800 dollari).

La contraddizione

Il Gujarat diventa così il quarto Stato indiano, dopo Uttar Pradesh, Uttarakhand e il Madhya Pradesh, tutti guidati dal partito nazionalista Bjp (Bharatiya Janata Party) del premier Narendra Modi,  a introdurre un nuovo giro di vite contro quelle che vengono considerate conversioni forzate o fraudolente ad un’altra religione. La nuova legge – riporta l’agenzia Ucanews – mira in sostanza ad estendere il campo di applicazione della normativa esistente contro le conversioni forzate al matrimonio. Il pretesto è sempre lo stesso: frenare il cosiddetto “Love Jihad”, termine coniato alcuni anni fa per demonizzare i matrimoni tra uomini musulmani e donne non musulmane. Ma se formalmente queste nuove leggi mirano a punire le conversioni fatte con la violenza o con l’inganno, di fatto come denunciano i suoi detrattori, vengono utilizzate per criminalizzare tutte le conversioni e prendono di mira le minoranze musulmane e cristiane.

Contro la libertà religiosa

“Questo emendamento aggiuntivo alla già draconiana legge sulla libertà religiosa del 2003 è ancora più incostituzionale e va ritirata”, afferma senza mezzi termini il padre gesuita Cedric Prakash, attivista per i diritti umani da anni impegnato nella difesa dei diritti delle minoranze. “La grande domanda che dobbiamo porre oggi al governo del Gujarat è perché un cittadino adulto non può decidere quale religione desidera seguire o più banalmente se un cittadino o una cittadina può decidere di sposare chi vuole”.

Violata la laicità dello Stato

Dello stesso tenore le nuove leggi anti-conversione introdotte di recente nell’Uttar Pradesh, nell’Uttarakhand e il Madhya Pradesh, anch’esse criticate dalle minoranze e dall’opposizione del Partito del Congresso, per i quali si tratta di leggi liberticide che violano la laicità dello Stato creando tensioni religiose. “La nostra Costituzione ci garantisce di praticare e seguire liberamente qualsiasi fede. Introdurre una legge per controllare la fede delle persone è una violazione dei diritti umani”, denuncia all’Ucan Muhammad Arif, presidente del presidente del Centro per l’armonia e la pace in Uttar Pradesh.