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La scena, al momento, è ancora quella di una colonna di fumo nero circondato da fiamme alte diversi metri, il segno del gigantesco rogo innescato venerdì scorso da una scarica elettrica nel deposito di carburante situato nella base della superpetroliera di Matanzas, una città di 140 mila abitanti a 100 chilometri a est dell’Avana. I vigili del fuoco non sono riusciti ancora a domare l’incendio che ha causato finora la morte di un loro collega e il ferimento di 121 persone, ma anche l’assenza di notizie sulla sorte di 17 pompieri che risultano dispersi, coinvolti dall’esplosione di un secondo serbatoio mentre erano in prima linea nello spegnere le fiamme scoppiate nel primo.
Le parole del Papa
Il Papa ha voluto farsi vicino “al popolo cubano e a tutte le famiglie delle persone colpite” attraverso il presidente dei vescovi cubani Emilio Aranguren Echeverría, inviando a L’Avana un telegramma di cordoglio per lo “sfortunato incidente” di Matanzas, a firma del cardinale segretario di Stato Pietro Parolin. “In questo momento di dolore”, si legge, Francesco prega il Signore di dare forza a chi è rimasto coinvolto dall’accaduto “e di sostenere il lavoro di spegnimento dell’incendio e le ricerche” dei dispersi.
Rischio di estensione del rogo
A essere interessati finora dall’incendio sono stati due degli otto serbatoi dell’impianto, della capacità di 50 mila metri cubi ciascuno, e circa 1.900 persone sono state evacuate dalla zona del disastro, alla periferia di Mantanzas. Il rischio di propagazione dell’incendio resta elevato e fin da ieri accanto ai soccorritori locali si sono affiancate squadre di specialisti provenienti dal Messico e dal Venezuela. Il presidente cubano Miguel Diaz-Canel ha anche ringraziato per l’offerta di aiuti a vario titolo ricevuti da Stati Uniti, Russia e dai Paesi limitrofi.