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“Maestri di morale”. Li aveva definiti così il Papa i padri Redentoristi, nell’udienza del primo ottobre scorso, ringraziandoli per il loro servizio ecclesiale. E per il livello accademico “impressionante” in quanto a levatura della loro università, l’Alfonsianum. E da qui è idealmente partito il nuovo anno dell’Accademia, inaugurato questa mattina dalla Messa presieduta dal cardinale Luis Antonio Tagle e proseguita con una serie di interventi tra cui quello centrale del preside, padre Alfonso Amarante.
Missione, ricerca, territorio
In una struttura che si presenta in apertura dei corsi con 259 studenti, distribuiti tra i vari livelli di formazione, provenienti da quattro continenti, metà europei e metà in arrivo da Asia, Americhe e Africa, il nuovo anno accademico si apre avendo alle spalle le celebrazioni per il 150.mo della proclamazione di Sant’Alfonso a dottore della Chiesa. Un anno giubilare ricco, ripercorso nei suoi eventi dalla relazione del preside, che ha presentato le linee programmatiche del prossimo quadriennio, sintetizzandole nei tre punti della missione, ricerca, e trasferimento scientifico, la “diffusione della conoscenza nell’interazione con il territorio”.
Un aspetto quest’ultimo che padre Amarante ha sottolineato affermando che quello presente – tempo di crisi globali e di mutamenti epocali come quello della transizione ecologica – “non è più il tempo del ‘Professore’ che dedica tutta la sua vita ad un progetto degnissimo ma che non sempre intercetta i reali bisogni della comunità, chiuso nella torre d’avorio della non collaborazione con i colleghi” o con gli allievi, quanto piuttosto il tempo in cui, ha detto, la missione dell’università va pensata “in relazione al bene pubblico, alla gestione dei beni culturali, alla salvaguardia della vita e della salute”, in poche parole, ha messo in chiaro, “saremo chiamati a muoverci in dialogo con la società e il mondo in vista del bene comune”.