Si è aperto l’appuntamento delle realtà che operano nel mondo per la cura del morbo di Hansen e l’inclusione sociale dei malati. Ogni anno nel mondo si contano 200mila nuovi contagi, ma sono disponibili cure sempre più efficaci che consentono la guarigione del 90% dei malati. Lissoni (Aifo): il Papa ci ricorda ogni giorno che dietro la malattia c’è sempre una persona. Determinanti sono le condizioni igienico sanitarie nei Paesi meno sviluppati
Marco Guerra – Città del Vaticano
Sensibilizzare, raccogliere fondi, rafforzare la rete di operatori mondiali che curano i malati di lebbra e coordinare nuovi interventi per debellare il morbo di Hansen. Sono questi gli obiettivi del Simposio “Leave No One Behind” (Non lasciare nessuno indietro) che si svolge oggi e domani in Vaticano presso l’Istituto Patristico Augustinianum. La due giorni è organizzata dalla Fondazione francese Raoul Follereau, l’Associazione italiana Amici di Raoul Follereau e l’organizzazione giapponese Sasakawa Leprosy Initiative, in collaborazione con il Dicastero per la Promozione dello Sviluppo Umano Integrale. Partecipano ai lavori anche delegati delle Nazioni Unite e dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Obiettivo “zero lebbra”
Il simposio riunisce esperti di salute e diritti umani, ong, organizzazioni religiose, persone affette dal morbo di Hansen e da altre malattie tropicali per discutere quali azioni siano necessarie per raggiungere l’obiettivo di “zero lebbra” e realizzare una società in cui nessuno sia lasciato indietro. L’evento è stato aperto dal messaggio di Papa Francesco rivolto ai partecipanti in cui si sollecita a non scartare i malati di lebbra e a costruire una società inclusiva. Il Santo Padre ha richiamato anche la figura evangelica del buon samaritano che “si china per curare i più deboli e restituire loro i diritti negati e la dignità”.
L’approccio olistico
I relatori del convegno hanno messo in risalto infatti la necessità di un approccio olistico alla malattia che metta al centro la dignità del malato e non solo le terapie medico-scientifiche per la cura della malattia. Oltretutto la lebbra è una malattia particolarmente legata alla povertà e alle cattive condizioni socio-sanitarie, come dimostra il fatto che in Europa è stata debellata da almeno due secoli, ancor prima dell’arrivo degli antibiotici, grazie al miglioramento delle condizioni di vita. Per debellare definitivamente il morbo di Hansen è quindi fondamentale incidere su alcuni aspetti socio-economici.
L’impatto del Covid
Un altro aspetto cruciale al centro del simposio è lotta alla discriminazione nei confronti delle persone colpite dalla lebbra e dei loro famigliari. La lebbra, anche una volta curata, lascia dei segni indelebili che rischiano di escludere per sempre dal lavoro e dalla vita sociale le persone che ne sono state affette. La malattia nei secoli è stata infatti sinonimo di esclusione ed isolamento, come testimoniano i tanti lebbrosari costruiti in tutto il mondo. Il convegno esamina, fra le altre cose, il forte impatto che la pandemia di Covid 19 ha avuto sulla vita delle persone affette dal morbo di Hansen e di altri individui socialmente vulnerabili, in particolare le persone con disabilità dovute alla malattia, interrompendo inoltre le attività di ricerca dei nuovi casi.
I numero della malattia
Secondo gli organizzatori dell’evento la malattia, nonostante tutto, sta regredendo e ci sono cure efficaci che permettono a nove malati su dieci di guarire senza riportare una disabilità permanente. Tuttavia ancora oggi si registrano 200mila nuovi infetti ogni anno, diffusi in 106 Paesi del mondo – India e Brasile quelli più colpiti. Circa 8000 malati ogni anno riporteranno gravi conseguenze per tutta la vita a cui vanno ad aggiungersi i circa tre milioni di persone invalide a causa della lebbra.
Lissoni (Aifo): coordinare gli interventi
“Il simposio è un momento di confronto importante fra tutte le realtà impegnate nella lotta al morbo di Hansen, in cui si fa il punto e si elaborano strategie sempre più mirate non solo all’aspetto sanitario, ma anche all’aspetto dei diritti umani”, spiega a Vatican News Antonio Lissoni, presidente dell’Associazione italiana amici di Raoul Follereau. Lissoni sottolinea che “occorre uno sforzo importante sul piano culturale” perché “è necessario sensibilizzare le comunità locali per far capire che questa è una malattia e non una maledizione”. Poi c’è la grossa questione delle povertà estreme. “Se non si attenuano le diseguaglianze – prosegue il presidente di Aifo – è difficile arrivare all’obiettivo zero lebbra”.
Lottare contro la discriminazione dei malati
Il presidente Lissoni ringrazia poi il Papa per il messaggio ai partecipanti del Simposio e ricorda che la storia della lebbra è sempre stata contraddistinta “dall’abbraccio dei cristiani” che hanno sempre mostrato prossimità e sostegno ai malati, da San Francesco a Raoul Follereau. L’abbraccio al lebbroso dei cristiani ha sempre voluto dire che “preservare i sani e curare i malati fa parte dello stesso percorso”. “L’atteggiamento dei cattolici è molto determinato – spiega ancora – perché al centro di tutta l’azione c’è la persona e Papa Francesco ce lo ricorda ogni giorno”. La lebbra assume un forte valore simbolico, sottolinea infine Lissoni, “perché ha la capacità di rappresentare tutto quello che succede quando si viene marginalizzati per una malattia invece di essere curati”.