Nei Giardini Vaticani, questa mattina, la piantumazione dell’albero in ricordo dell’80.mo anniversario del martirio di Józef e Wiktoria e dei loro sette figli, assassinati dai nazisti nel ’44 per aver dato rifugio ad ebrei. Presenti autorità civili e religiose. Il segretario di Stato: “Ammirati dalla loro testimonianza, esempio di amore cristiano in questo tempo. Rendiamo omaggio a chi nei momenti tragici della storia ha messo a rischio la vita per aiutare i perseguitati”
Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano
Un “monumento”, ma “un monumento vivo che produce frutti autentici, simbolo dei frutti portati dal sangue dei martiri” e anche memoria delle “tragedie devastanti” provocate dai totalitarismi che “ovunque e sempre” portano “odio, sofferenza e morte”. Nei Giardini Vaticani, a pochi passi dalla Grotta di Lourdes, meta di preghiera di Papi e pellegrini, il cardinale Segretario di Stato, Pietro Parolin, ha presieduto questa mattina 6 marzo una cerimonia dal forte valore simbolico: la piantumazione di un melo. È lo stesso albero che Józef Ulma avrebbe voluto piantare nel giardino della sua casa a Markowa, in Polonia, prima che le truppe naziste irrompessero nell’abitazione per trucidare lui, la moglie Wiktoria e i loro 7 figli, l’ultimo ancora in grembo. La colpa della famiglia, poi conosciuta e venerata nel tempo come i “samaritani di Markowa”, era di aver dato rifugio ad otto ebrei in fuga dalle persecuzioni.
Un martirio vero e proprio, come riconosciuto dal Papa che nel settembre 2023 ha elevato agli onori degli altari tutti i membri della famiglia, incluso il piccolo mai nato, già proclamati nel 1995 dallo Yad Vashem di Gerusalemme “Giusti tra le Nazioni”. Ad ottant’anni dal loro sacrificio di sangue, “una storia sconvolgente”, come ha detto Parolin, ma al contempo un simbolo dell’amore cristiano che arriva ad offrire la vita per il prossimo, si è voluto compiere quindi un atto commemorativo nel cuore del Vaticano.
Lettera del presidente Duda
Accanto al cardinale Parolin, sotto un tiepido sole che ha lasciato il posto alla grandine di qualche minuto prima, c’erano il ministro Grażyna Ignaczak-Bandych, capo della Cancelleria del presidente della Repubblica di Polonia, e Władysław Ortyl, presidente della Podkarpacie, regione dalla quale proveniva il gruppo di pellegrini oggi salutati dal Papa a fine udienza generale. Presenti alla cerimonia pure circa 30 membri del Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, a cominciare dall’ambasciatore polacco, Adam Kwiatkowski, e l’arcivescovo Adam Szal, l’arcivescovo Adam Szal, metropolita di Przemyśl. Tutti insieme hanno pregato “per la pace e la riconciliazione” e insieme hanno applaudito quando la ministra Ignaczak-Bandych ha sistemato con la pala la terra intorno al “Melo domestico Glogierówka”. La stessa ministra ha letto poi ai presenti una lettera del presidente della Polonia, Andrzej Duda, in cui il capo di Stato ha lodato l’“amore eroico” degli Ulma e di “migliaia di altri eroi silenziosi” augurandosi che esso sia “faro di speranza per tutti coloro che temono la diffusione del male nel mondo”. “Questo – si legge nella missiva – è l’obiettivo di una campagna lanciata nella regione di Podkarpacie con lo slogan Li riconoscerete dai loro frutti“, attraverso la quale vengono piantati alberi di mele – uno, nel 2023, anche nel Palazzo Presidenziale a Varsavia – come “monumenti viventi, longevi e fruttiferi del ricordo e della gratitudine alle grandi persone che sono state i polacchi che hanno salvato gli ebrei durante la Seconda Guerra mondiale”.
Il martirio di Józef, Wiktoria e dei loro sette figli
Anche Parolin ha definito un “monumento” l’albero nel suo saluto a inizio cerimonia, durante il quale ha ripercorso nel dettaglio la storia dei martiri Ulma, “esempio dell’amore evangelico vissuto fino in fondo, fino al dono della vita”. “Oggi – ha affermato il cardinale – siamo qui per ricordare e piantare un melo a ricordo perenne di quanto accaduto il 24 marzo 1944 a Markowa, nella Polonia occupata dai nazisti durante la Seconda Guerra mondiale. Józef Ulma insieme a sua moglie Wiktoria decisero di dare rifugio a otto ebrei appartenenti a famiglie da loro conosciute. Secondo la testimonianza dei loro vicini, per loro era normale aiutare chi ne aveva bisogno e quella di ospitare gli ebrei fu una decisione ponderata. Molte volte si sentirono dire: ‘Non nascondete gli ebrei perché vi mettete nei guai’. E Józef rispondeva con fermezza: ‘Sono persone… non le caccerò mai via’. Gli Ulma – ha proseguito Parolin – furono denunciati, una pattuglia di gendarmi nazisti giunse alla loro casa. Furono tutti uccisi: prima gli otto ebrei, quindi Wiktoria e suo marito, in modo che gli abitanti del villaggio vedessero la punizione che attendeva chi nascondeva gli ebrei. I sei bambini cominciarono a urlare ma anche loro vennero assassinati. In pochi minuti morirono 17 persone incluso il settimo figlio degli Ulma, ancora nel grembo materno nella fase finale della gravidanza. Anche a questo piccolo mai nato il cui nome è noto solo al cielo, è stata riconosciuta la palma del martirio”.
Ammirati dalla loro testimonianza
In particolare il Segretario di Stato si è soffermato sulla figura di Józef, non un semplice contadino ma anche un “grande attivista sociale e un grande innovatore”, specializzato nella coltivazione di ortaggi e frutta, nell’apicoltura, con una passione per la fotografia tale da spingerlo a costruirsi da sé una fotocamera e un laboratorio fotografico. “Il melo che oggi viene piantato, proviene direttamente da un albero innestato dal beato Józef Ulma”, ha sottolineato il porporato, aggiungendo: “Ci sentiamo davvero ammirati di fronte alla testimonianza di questa famiglia…”.
Dalle ideologie totalitare tragedie devastanti
Da qui un “omaggio a tutti coloro che nei momenti tragici della storia hanno messo a rischio la propria vita per aiutare i perseguitati, e durante la Seconda Guerra mondiale soprattutto gli ebrei”. Parolin ha poi invocato “il dono della riconciliazione e della pace nel mondo”, accompagnando l’invocazione ad un appello: “Vogliamo sottolineare come tutte le ideologie totalitarie recano ovunque e sempre odio, sofferenza e morte, e causano tragedie devastanti. La mia speranza – ha aggiunto – è che questa iniziativa, grazie all’esempio e alla intercessione dei beati martiri Ulma, ci aiuterà a vivere le parole di nostro Signore: Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici”. È questa, ha concluso il Segretario di Stato, “l’unica strada per costruire un mondo più giusto, più solidale, più fraterno”.
Dopo i saluti e la foto di gruppo, prima della benedizione, il cardinale ha voluto recitare tre Gloria e rivolgere un’altra preghiera a Dio perché “ci aiuti a vivere con gli stessi sentimenti e gli stessi atteggiamenti degli Ulma. È l’unica maniera per costruire qualcosa di nuovo, questo amore che si sa spingere fino al dono della propria vita… È una storia sconvolgente questa della famiglia Ulma, ma che è di grande esempio per tutti noi e soprattutto in questa situazione del mondo in cui ci troviamo”.