In Vaticano lo “Stabat Mater” dei detenuti

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Roberta Barbi – Città del Vaticano   

C’è il dolore della Madre, la disperazione davanti al Figlio morto, una disperazione tale da arrivare a rifiutare di essere Beata pur di non vederlo soffrire, pur di non doverlo seppellire. E poi c’è anche la possibilità, sempre, di una seconda occasione, e magari anche di una terza o di una quarta, perché non è mai finita finché non è davvero finita. C’è tutto questo nei 33 minuti forti, toccanti, potenti, che parlano allo stomaco e al cuore, di cui è composto lo “Stabat mater” di Electra Teatro girato da Giuseppe Tesi e interpretato magistralmente da due attori professionisti, Melania Giglio e Giuseppe Sartori, e da un coro d’eccezione: una decina di detenuti della casa circondariale di Pistoia.

Dopo la morte, c’è sempre la Risurrezione

Il dolore della morte, però, ci insegna la fede, è sempre seguito dalla speranza e dalla luce della Resurrezione: “Comunicare la speranza significa vedere le cose in profondità – ha detto il Prefetto Ruffini – andare oltre, come oltre ogni dolore c’è la possibilità del riscatto. Spesso l’arte, come in questo caso, aiuta la fede a vedere quello che non vediamo con i nostri occhi. Come dice Papa Francesco: ci fa vedere con gli occhi del cuore”. Questo, dunque, il significato più vero e profondo di fare pastorale carceraria: “Individuare il divino che c’è in ogni persona, in ognuno di noi e portarlo in superficie”.

Ascolta l’intervista a Paolo Ruffini:

Dal teatro al cinema: recitare è riabilitare

Questo lavoro è il frutto di un laboratorio teatrale iniziato nella struttura nel 2018, poi interrotto dal lockdown e quindi faticosamente portato a termine nei difficili tempi della pandemia da Covid, in cui il carcere era un luogo ancora più sperduto, ancora più isolato. “Poi c’era la difficoltà che essendo una casa circondariale, Pistoia non era la destinazione definitiva degli ospiti, perciò il turn over era sempre alto”, racconta il regista Tesi, il quale non a caso ha scelto la forma del cortometraggio per raccontare anche il vissuto dei detenuti che perfettamente si lega a quello della vicenda della Madre, in una comunione di dolore: “In carcere non poteva esserci solo ozio, lo sentivo come mancanza di progressione”, recita un detenuto nel film. Ma c’è anche dolore che diventa speranza: “Ho deciso di ricominciare da qui, dal carcere, e ho intrapreso un percorso scolastico”, dice un altro. E infine: “Il carcere in fondo è un passaggio di consapevolezza, la vita mi ha insegnato che ci sono anche realtà peggiori”.

Ascolta l’intervista a Giuseppe Tesi:

“Senza pregiudizio. Dove il cinema si fa riscatto”

Dal cortometraggio dello “Stabat mater” è scaturito anche un libro, sostenuto dall’associazione Farcom di Pistoia e da Farmacap Roma che hanno finanziato la realizzazione e la stampa, e si intitola “Senza pregiudizio. Dove il cinema si fa riscatto”. Qui viene raccontato dall’inizio il percorso fatto da Electra Teatro e dal regista Tesi: il primo approccio con i detenuti, la diffidenza nei loro occhi, fino alla conquista dei loro cuori, tanto che l’ultimo giorno di riprese “non ci lasciavano andare via, ci sono state anche lacrime e parole che non dimenticherò mai”, ricorda. Tutti segnali, questi, che il teatro, come il cinema e l’arte in generale, curano. Sempre.