Lisa Zengarini – Città del Vaticano
Due infermiere cristiane hanno rischiato il linciaggio e sono attualmente in detenzione in un commissariato di polizia a Faisalabad con l’accusa di vilipendio del Corano, reato punibile ai sensi dell’articolo 295-B del codice penale, anche con l’ergastolo. I fatti – riporta l’agenzia Ucanews – risalgono alla mattina dell’8 aprile. Secondo alcuni colleghi dell’ospedale civile della città, Newish Urooj, una studentessa in infermieristica, avrebbe strappato deliberatamente da un armadio uno sticker contenente una citazione del Corano riferita al Profeta Maometto, profanandolo. L’altra infermiera, Mariam Lal, si sarebbe resa complice mettendo in tasca l’adesivo. Colte sul fatto, il giorno successivo, quando si sono recate sul posto di lavoro, le due donne sono state aggredite fisicamente e denunciate per blasfemia. L’arrivo della polizia ha evitato il peggio e le due sono attualmente in stato di fermo al commissariato, dove ieri è giunta in visita una delegazione di sacerdoti e di membri della Commissione nazionale per la giustizia e la pace guidata dal vescovo di Faisalabad, monsignor Indrias Rehmat.
I tanti casi
Quello di Newish Urooj e Mariam Lal è l’ultimo caso di una lunga lista di vittime della legge sulla blasfemia che prevede persino l’ergastolo o la pena di morte per il reato di vilipendio al Profeta Maometto, all’Islam o al Corano. Una norma salita agli onori delle cronache mondiali soprattutto per il caso di Asia Bibi, liberata dopo essere stata detenuta ingiustamente per anni, e più volte denunciata dalle minoranze religiose del Paese per il suo carattere persecutorio e gli abusi. La legge viene spesso usata non solo contro le minoranze religiose, ma anche per guadagnare consenso politico e a nulla sono valsi i tentativi di modificare il Codice penale.
Uno schema che si ripeta
“Le accuse di blasfemia seguono sempre lo stesso schema”, denuncia a Ucanews suor Genevieve Ram Lal, che condanna l’arresto. “Siamo senza speranza e impotenti. I cristiani rispettano tutte le religioni. Il governo dovrebbe proteggerli”, afferma la religiosa, che dirige l’Organizzazione delle donne cattoliche del Pakistan. Anche una delegazione della Minorities Alliance Pakistan (Map), associazione che rappresenta le minoranze religiose in Pakistan, ha fatto visita al commissariato di polizia dopo l’arresto delle due infermiere. “Abbiamo chiesto di avviare un’indagine sul caso prima di registrare la denuncia che distruggerebbe le loro vite e abbiamo spiegato ai funzionari di polizia che entrambe le infermiere si sono presentate sul posto di lavoro il giorno successivo”. “Si sarebbero nascoste se fossero state colpevoli”, ha dichiarato il presidente del Map Akmal Bhatti. A gennaio, un’altra infermiera cristiana, Tabitha Nazir Gill, era stata schiaffeggiata e spogliata perché accusata di blasfemia in un ospedale di Karachi dove aveva lavorato per nove anni. Da allora la donna è entrata in clandestinità.