Fausta Speranza – Città del Vaticano
Si è svolta nel pomeriggio la prima votazione per l’elezione del Presidente della Repubblica in Italia: i grandi elettori hanno votato in gruppi di 50 , prima i senatori a vita, poi i senatori, i deputati e i delegati regionali. Alle 21:00 l’esito del voto: scontato dopo le annunciate dichiarazioni di voto dei partiti nell’arco della giornata che hanno confermato la scelta di lasciare la scheda bianca per guadagnare tempo alle trattative.
Il prossimo appuntamento
Domani, martedì 25 gennaio, alle 15:00 è fissato il secondo voto. In seguito alla scomparsa avvenuta ieri del deputato Vincenzo Fasano, nella votazione odierna, i grandi elettori sono stati 1008 e non 1009, e di conseguenza il quorum dei due terzi richiesto nei primi tre scrutini per l’elezione del presidente della Repubblica è sceso a 672. Da domani, dovrebbe essere ripristinato il plenum di 1009 grandi elettori con il subentro del successore di Fasano e il quorum dovrebbe tornare ad essere pari a 673 voti.
Potrebbe seguire, il giorno seguente, un terzo voto a maggioranza qualificata. Se si arriverà a giovedì, si passerà ad uno scrutinio a maggioranza semplice. Dal punto di vista costituzionale, nell’improbabile caso in cui non si chiuda prima del 3 febbraio, giorno di scadenza del mandato di Mattarella, si può ipotizzare la prorogatio del mandato del presidente uscente oppure una supplenza della presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, seconda carica dello Stato.
Per riflettere su un voto presidenziale che potrebbe avere effetti sul governo, abbiamo intervistato lo storico Piero Craveri:
Il professor Craveri riconosce che si tratta della prima volta in cui non si parla più di alternanza tra un presidente riconosciuto di formazione cattolica o come laico. Ricorda, però, che non sempre negli anni passati il criterio, non scritto, ma usuale, dell’alternanza è stato precisamente rispettato. In ogni caso, Craveri mette in luce quella che ritiene sia la più importante caratteristica di questa elezione presidenziale italiana: il fatto che non solo potrebbe portare a un nuovo capo del governo, nel caso in cui al Quirinale fosse eletto Mario Draghi, attuale primo ministro, ma che in ogni caso avrebbe delle ripercussioni sul governo stesso. Si tratta, quello attuale, – ricorda – di un esecutivo di unità nazionale in una fase politica particolare e il cambio del capo dello Stato produrrà comunque uno scossone all’equilibrio odirno. Nella situazione attuale – afferma Craveri – serve un nome di alto profilo, sul quale far convergere i partiti, perché non è ipotizzabile un’elezione che sia espressione di una parte di maggioranza, perché l’attuale parlamento non esprime nessuna maggioranza certa. Nelle parole dello storico c’è il rammarico per il tempo perso finora a discutere nomi che non potrebbero raccogliere un ampio consenso, mentre si sarebbe dovuti arrivare – sottolinea – alla giornata di oggi già con ipotesi valide. Sottolinea questo proprio per le implicazioni sull’esecutivo e perché sul piano internazionale si vive una congiuntura sanitaria e sociale che non ammette perdite di tempo. Infine, l’ipotesi di chiedere a Mattarella di rimanere al Quirinale per un altro paio di anni – aggiunge Craveri – apparirebbe come una sconfitta della politica.