Con un messaggio di Papa Francesco si è conclusa ieri, 25 gennaio, la cerimonia di consegna del premio dedicato al sacerdote ucciso circa 8 anni fa da alcuni integralisti islamici. Monsignor Lebrun: “La santità attraversa la prova, poi c’è anche l’amore che sorge da questa tragedia e che si traduce in un approccio forse più vero tra musulmani e cristiani che possono interrogarsi reciprocamente su cosa significano questi comportamenti radicali”
Benedetta Capelli – Lourdes
Nelle foto diffuse dopo la sua morte, padre Jacques Hamel è in preghiera, assorto in un dialogo continuo e profondo con il Signore. Le immagini fanno trasparire una calma che era propria di questo sacerdote ucciso a 86 anni il 26 luglio 2016 nella sua chiesa di Saint-Étienne-du-Rouvray. È stato il primo prete cattolico ucciso in Europa dal sedicente Stato Islamico.
Un assassinio avvenuto 12 giorni dopo l’attentato di Nizza, in cui morirono 86 persone, e otto mesi dopo gli attacchi di Parigi il 13 novembre 2015. Papa Francesco nella Messa di suffragio celebrata a Casa Santa Marta il 14 settembre 2016, alla presenza dei familiari di padre Hamel, aveva ricordato padre Hamel come colui che “ha dato la vita per noi, ha dato la vita per non rinnegare Gesù. E questo esempio di coraggio, ma anche il martirio della propria vita, di svuotare sé stesso per aiutare gli altri, di fare fratellanza tra gli uomini, aiuti tutti noi ad andare avanti senza paura”.
Lebrun: una morte che ha generato amicizia con i musulmani
Anche ieri il Papa, in un messaggio per il Premio Hamel a Lourdes che intende riconoscere elaborati che esaltino il dialogo interreligioso e i valori del dialogo e della pace, ha ricordato la bontà, la mitezza di padre Jacques. Alla consegna del premio andato a due giornaliste Sarah-Christine Bourihane e a Romina Gobbo, c’era anche la sorella di Hamel, Roselyne, e la mamma di uno dei terroristi che uccisero il sacerdote. Un dialogo avviato da anni e nato dal riconoscimento del dolore l’uno dell’altra. Monsignor Dominique Lebrun è il vescovo di Rouen, la diocesi di padre Hamel, e presidente della giuria che assegna il riconoscimento.
A quasi otto anni dalla scomparsa di Padre Hamel, che cosa resta secondo lei di questa figura e in che modo oggi, in un tempo fatto di sconvolgimenti, come recita il tema degli Incontri di Lourdes, questo nuovo martire della Chiesa può essere un esempio per tanti cristiani?
Per me quello che rimane è la sofferenza e anche l’amore. Ma non possiamo dividere le cose. Dire che oggi è tutto bello perché abbiamo un bel martire che ci insegna delle cose belle, ci offre una luce, non è tutta la verità. Oggi c’è sofferenza. C’è una sorella, ci sono dei nipotini che hanno perso uno zio che era molto importante, lo hanno perso in un modo incredibile che ha anche effetti psicologici tutt’ora per i nipotini così come per la comunità parrocchiale ma anche per i nostri amici musulmani che hanno vergogna di questo. E questo rimane, è un colpo così come la sofferenza di Cristo che non è una sofferenza di 2000 anni fa. E adesso abbiamo dei santi così belli? No? La santità attraversa la prova poi c’è anche l’amore che sorge da questa tragedia, l’amore che si traduce in un approccio forse più vero tra musulmani e cristiani che possono interrogarsi reciprocamente su cosa significano questi comportamenti radicali e che fanno finta di essere religiosi. Ci si interroga su come dentro di noi ci siano anche queste ideologie che fanno male agli altri. C’è questo rapporto ormai con gli amici musulmani a Saint-Etienne e nella mia diocesi, nella quale possiamo affrontare questi temi con un’amicizia che è cresciuta. Credo anche che la comunità parrocchiale trova oggi un modo di essere comunità più vero, cioè non litigano tra di loro per delle sciocchezze perché hanno vissuto una cosa che veramente è scaturita dall’odio e dall’inimicizia. Oggi è un bell’esempio di comunità che è stata più profondamente unita dall’amore di Cristo e che è portata a vedere la vita non solo sulla terra, ma dalla terra fino al cielo.
Qui si parla di tempo di sconvolgimenti. Siamo dentro i cambiamenti dovuti all’intelligenza artificiale, siamo dentro un Sinodo sulla sinodalità ma siamo anche spettatori di un conflitto sia in Ucraina che in Medio Oriente. L’esempio di padre Hamel in che modo può aiutare e illuminare la speranza per un cambiamento sincero?
Ho il privilegio di presiedere la giuria che dà il premio Jacques Hamel ai giornalisti e che sono andati a cercare dei luoghi di riconciliazione, di pace e di dialogo. Questi luoghi non sono fuori dai drammi, così grandi come quello della guerra in Ucraina, ma sono anche dentro, nell’animo ed è bello guardare a come i giornalisti sono riusciti a coglierlo anche nei drammi che si vivono. E di fatto per me è stato come un cielo illuminato di tante stelle e che ho visto attraverso questi articoli di giornali o di televisioni o radiofonici e che manifestano di fatto tanto amore ma c’è tanta sofferenza.