Francesca Sabatinelli e Isabella Piro – Città del Vaticano
Condanna della violenza e richiesta di protezione della vita. I vescovi sudafricani sollecitano il dialogo per il Paese africano che, da diversi giorni, è teatro di scontri tra manifestanti e forze dell’ordine, di saccheggi, di devastazioni, con un bilancio ufficiale di oltre 70 morti e più di 1200 feriti e il dispiegamento di reparti dell’esercito. L’origine delle proteste si fa risalire all’arresto dell’ex capo di Stato, Jacob Zuma, per oltraggio alla corte nell’ambito di un processo per corruzione. I presuli, in una nota, invocano la fine di ogni tipo di violenza e il ritorno alla calma. Il rischio richiamato dai presuli è quello “di una vera e propria anarchia, una spirale senza fine di violenza e un grave spargimento di sangue” che si tradurrà “in una situazione sociale ed economica peggiore di quella in cui ci troviamo abitualmente”.
Il ritorno di intolleranza e discriminazione razziale
Da diversi mesi a questa parte, a causa della pandemia di Covid e del conseguente lockdown, la crisi si è aggravata, portando il popolo ad impressionanti livelli di povertà. A raccontare come tutto questo si traduce per la vita delle persone è Dino Furgione, da 12 anni in Sudafrica, che, con sua moglie Roberta e con padre Lorenzo Ricci, è responsabile per l’evangelizzazione nell’ambito della Chiesa cattolica per conto del Cammino Neocatecumenale. Oggi, spiega Furgione, le persone non possono accedere ai beni di prima necessità non per mancanza di questi ultimi, ma per l’impossibilità di poterli acquistare. “Ci sono delle zone anche di classi medio-alte – precisa – dove non si vedevano fenomeni di baraccopoli. Ora, giorno dopo giorno, aumentano le persone in strada, oppure in massimo 10 metri quadrati riescono a vivere fino a 8-10 persone, in situazione di violenza e di promiscuità. Tutto questo misto a delle classi che non erano abituate a questo tipo di situazioni, perciò aumentano le violenze, aumentano le intolleranze e si riaprono le ferite passate, sul tema anche razziale e territoriale”.
La diffusione della violenza
La versione ufficiale degli scontri, che sarebbero scoppiati a seguito dell’arresto di Zuma, secondo Furgione, “è una verità neanche al 50%”, poiché se così fosse stato – è sua convinzione – le violenze sarebbero rimaste confinate alla zona di origine di Zuma, che è di etnia Zulu, e quindi quella del Kwazulu-Natal”. In realtà, è la precisazione, “gli scontri in questo momento hanno preso ancora più potere e più forza nel Gauteng, la zona di Johannesburg e della capitale Pretoria e si stanno avvicinando a Port Elizabeth e a Città del Capo”. Si torna dunque sempre allo stesso punto, la grave crisi economica ed il fatto che “l’uomo sudafricano oggi deve riempire la pancia dei propri figli e non vuole vedere più i figli piangere per la fame”.
L’esempio di Mandela
Oggi sembra davvero rimasto ben poco del grande esempio di Nelson Mandela che, dopo 27 anni uscì dalla prigionia perdonando chi lo aveva rinchiuso e chi lo aveva venduto. “Questo – continua Dino Furgione – è lo spirito che Mandela ha portato fuori da quel carcere: perdono, riconciliazione, amnistia. Oggi, neanche la sua stessa famiglia, e parlo della famiglia biologica, porta avanti ciò che Mandela ha lasciato, altrimenti non avremmo visto questi spettacoli orribili nel Sudafrica. Sono proprio conseguenza del fatto che l’apartheid è finito su carta, ma non è finito nel cuore dell’uomo: serve tempo, tanta pazienza e perseveranza”.
La grande lezione della storia
Nodo fondamentale è sicuramente la mancanza di conoscenza della storia di questo Paese, ed è sempre la Conferenza episcopale locale, nel suo messaggio, a ricordare che, così come il dialogo, nel passato, ha portato il Paese ad essere democratico, così anche oggi è quella la via da percorrere, pur nelle diseguaglianze sociali e nelle difficoltà economiche vissute dalle fasce più povere della popolazione. Questioni che, si legge, “il governo nel corso degli anni non è riuscito ad affrontare in modo completo”. Da qui, l’appello dei presuli ad un esecutivo che si ponga davvero “al servizio del popolo e delle imprese, permettendo così a tutti di partecipare in modo significativo al sistema economico” della Nazione.