Il presidente in carica è al potere da circa 30 anni ed considerato l’uomo che ha portato il Paese ad una discreta stabilità economica, suoi avversari però contestano una gestione del governo autoritaria e chiedono più alternanza democratica. Gli altri candidati alle elezioni che si svolgono lunedì 15 luglio non sembrano poter contendere la poltrona della presidenza
Marco Guerra – Città del Vaticano
Il Rwanda lunedì prossimo, 15 luglio, si recherà alle urne per scegliere il nuovo presidente e i parlamentari dell’Assemblea Nazionale. Il capo dello Stato uscente, Paul Kagame, è nuovamente candidato per il quarto mandato. In pratica Kagame, 66 anni, comanda da dopo la vittoria dell’armata dell’Fpr nel 1994, che ha messo termine al genocidio ruandese costato la vita ad oltre 800 mila persone. Kagame ha poi vinto le elezioni nel 2003, nel 2010 e nel 2017 con oltre il 90% dei voti.
Annullata candidatura di un’oppositrice
A inizio giugno, la commissione elettorale del Rwanda ha annullato la candidatura di Diane Rwigara, una delle principali oppositrici del presidente, spiegando che il motivo era dato da vari difetti di forma. L’attivista ha smentito tutte le motivazioni addotte dall’organismo elettorale. La candidatura di Rwigara era già stata annullata prima delle elezioni del 2017, sempre per motivi tecnici. Oltre alla candidatura del presidente uscente, la commissione ha accettato quelle di Frank Habineza, del Partito Democratico Verde, e di Philippe Mpayimana, candidato come indipendente.
Rapporto Onu su truppe ruandesi in Congo
In questi giorni il Rwanda è al centro anche di due questioni importanti sul piano regionale e internazionale. Martedì 9 luglio il governo ha avvertito che il controverso accordo sui migranti concluso con il Regno Unito, ma abbandonato dal nuovo governo britannico, non prevede la restituzione dei fondi già versati da Londra che ha già pagato 240 milioni di sterline (280 milioni di euro) a Kigali come parte di questo piano. Lunedì è stato invece pubblicato un rapporto delle Nazioni Unite che accusa il Rwanda di appoggiare con 4 mila soldati del suo esercito il gruppo ribelle M23 che opera nella regione del Nord Kivu della Repubblica Democratica del Congo. Kinshasa, da parte sua, punta il dito da tempo contro il Rwanda perché sosterrebbe il gruppo ribelle M23 guidato dai Tutsi; ma Kigali non ha mai ammesso che le sue truppe operassero nella Repubblica Democratica del Congo.
Casale (rivista Africa): tensioni etniche non risolte
“Sono passati 30 dal genocidio ruandese, ne uscì un paese devastato e il presidente Kagame lo prese in mano cercando di trovare soluzioni economiche, il Ruanda da allora si è trasformato ed è in crescita ma non ha risolto le tensioni di carattere etnico”, sottolinea ai media vaticani Enrico Casale, redattore della rivista Africa, fotografando il Paese che si recherà alle urne. Secondo l’esperto, Kagame è l’uomo forte che regge le sorti del Paese da tre decenni e in queste elezioni non ha competitori, per questo “la mancanza di alternanza è un grande problema in Africa”. “La rielezione di Kagame – sottolinea – è quindi scontata”. Casale analizza poi gli interessi del Rwanda su alcune regioni del Congo confinanti ricce di risorse naturali, “da tempo si parla di parla di truppe ruandesi in questi territori mascherate da ribelli, l’informazione è verosimile”. Infine Il giornalista ricorda che “la crescita economica non è seguita ad un processo simile in campo politico e sociale, le tensioni etniche non sono state risolte”.