Antonella Palermo – Città del Vaticano
La polvere dei calcinacci che cadevano, il buio e la paura. E poi il rumore dei trolley degli studenti universitari che se ne andavano. Sono i segni indelebili depositati nella memoria di chi ha vissuto i momenti della scossa forte del 30 ottobre del 2016 che fece nuovamente – era già accaduto quattro giorni prima – sobbalzare le popolazioni dell’Italia centrale. Decine di migliaia gli sfollati tra Marche e Umbria, epicentro Norcia. Un patrimonio storico-artistico, di edifici e abitativo andato in frantumi in diverse zone già ad alto rischio sismico. E’ stato il terremoto più forte registrato in Italia da quello che rase al suolo l’Irpinia nel 1980, più forte ancora di quello de L’Aquila. E’ stato avvertito a Nord e a Sud della penisola, perfino in Austria. A raccontare quelle scene di cinque anni fa è Barbara Mastrocola, responsabile dei Beni culturali mobili della diocedi di Camerino:
Sentire d’improvviso una fratellanza nella sventura
La Mastrocola racconta soprattutto del senso di amicizia che scattò con chi era un semplice vicino di casa ma non necessariamente amico. “Si diventava amici di sconosciuti mentre si sentiva tutta l’impotenza di fronte al tremare della terra. Un senso di affratellamento nel dolore che ci accompagna tuttora anche se in questi cinque anni la speranza un poco si dirada e lo scoraggiamento tende a prevalere”. E ancora il ricordo di quella giornata: “Ho pensato a mio figlio e mi sono detta: non voglio più vedere quella paura”. E aggiunge: “Il terremoto da queste parti è una costante ma è la volta che questi luoghi si ricostruiscano davvero anche perché non meritiamo che la gente rimasta se ne allontani”.
Salvare l’arte è ricostruire anche l’anima
“Ciascuno penso si sia dato da fare per ripartire anche se bisogna considerare che solo per avviare un cantiere ci vogliono tre anni”, è la riflessione dal retrogusto amaro della direttrice impegnata nella fase finale di allestimento di quella che sarà la nuova sede museale – verrà inaugurata la prossima primavera – di tutte le opere di arte sacra contenute nelle chiese della diocesi costrette a migrare verso depositi temporanei. “La diocesi di Camerino è quella più colpita da questo punto di vista: su 520 chiese 340 sono state dichiarate inagibili e tutti i beni di queste sono stati trasferiti dopo la ricerca di posti idonei.
“Lo strappo di vedere queste opere andar via è stato un altro colpo forte al cuore”, ammette Barbara Mastrocola che precisa che quelle più danneggiate sono state portate alla Mole Antonelliana di Ancona mentre in altri tre siti nella diocesi vi sono altre 3500 opere. Il lavoro di catalogazione è stato lungo e ora si avvicina il momento di restituzione: grazie a un importante fondo sociale europeo lo storico Palazzo vescovile di San Severino Marche accoglierà questi tesori. Una sorta di ‘Museo della rinascita’ dove si potranno ammirare tele, polittici, sculture, oreficerie del periodo dal ‘400 al ‘600. “Ma è importantissimo che esse un giorno tornino nei luoghi di origine quando le chiese saranno tornate nelle condizioni di ospitarle”, scandisce ancora Mastrocola che conclude: “Anche l’opera d’arte può contribuire a ricostruire i muri perché ricostruisce l’anima”.
Dal monastero di Cascia l’appello al governo per “strategie concrete”
Intanto da Cascia si leva l’appello della Priora del monastero Santa Rita, suor Maria Rosa Bernardinis: “Trasformando sempre più il dolore in motore di vita, mi auguro che il 30 ottobre sia la festa di un popolo che guarda avanti, fiero e consapevole di essere un valore assoluto per queste terre”. L’agostiniana ricorda quanto “l’ostinatezza” a restare in quelle terre ferite sia stata forte e, riferendosi ai cantieri della ricostruzione, chiosa: “Vedere le proprie case demolite potrebbe sembrare la fine di una vita, ma è anzi un nuovo inizio, più sicuro e sereno”.
La claustrale non manca di rivolgersi anche al governo, chiedendo di non rendere vani i molti sforzi fatti dalla popolazione: “Adesso che il Paese intero guarda alla ripartenza, è fondamentale che i territori terremotati non siano lasciati indietro – sottolinea suor Maria Rosa – perciò vanno trattati dall’agenda politica come un’assoluta priorità”. “Riconosco che diversi cantieri sono partiti e si stanno trovando fondi aggiuntivi, ma chiedo al presidente del Consiglio, Mario Draghi, di guidare la squadra di ministri a elaborare strategie e azioni concrete, in grado di fiancheggiare al meglio la tenacia della popolazione e collaborare per dare una svolta in tempi certi”.