Dopo Rieti, anche a Roma è andato in scena il dittico formato da La dame de Monte-Carlo e La voix humaine con le musiche di Francis Poulenc. Due ritratti di donne sole che oggi assumono un valore universale
Marco Di Battista – Città del Vaticano
La solitudine. L’inquietudine che ci avvolge senza un apparente perché. Una donna sola, che prima prova a vestirsi – letteralmente – con abiti sgargianti e a vivere, senza riuscirci, un lusso che non possiede, poi affida la sua disperazione a una telefonata. Dall’altra parte del filo, il suo amante: ma sarà poi vero? Il dittico proposto dal Reate Festival il 13 e 14 novembre scorsi ruota intorno a queste problematiche. In scena al Teatro di Villa Torlonia La dame de Monte-Carlo e La voix humaine: musiche di Francis Poulenc e testi di Jean Cocteau.
Il primo, che dura meno di dieci minuti, è stato messo in musica nel 1961. Il secondo è stato ultimato nel 1958. Quindi solo tre anni separano i due brani che sono legati da un filo neanche troppo sottile, ben evidenziato dalla lettura scenica di Cesare Scarton, che ha proposto le due pièce senza soluzione di continuità. Una “unitarietà intrinseca”, come scrive Scarton nelle note introduttive, “in quanto le due protagoniste esprimono il disagio di una situazione psicologica che le porta a sentirsi escluse dal consesso umano”. Dame si trasforma così in Elle: due protagoniste non a caso senza nome. Forse perché dietro ognuna di loro c’è tutto il nostro mondo. Una “signora” e una “lei” che potrebbero ben essere un signore e un lui.
Scarton ha montato lo spettacolo come una strada verso la perdizione. Il dittico inizia con la sfida alla fortuna della Dame. Si veste con l’abito buono e va a giocare al Casinò, pur definendosi “una morta tra le morte”. Ma la sorte non è mai propizia con chi ha il destino segnato. La signora perde alla roulette, il vestito si disfa mostrandone la pessima qualità, la Dame viene cacciata dal Casinò dopo essere stata sorpresa a rubare. A quel punto, anziché “andare a dormire sul fondo del Mediterraneo”, come detto in un celebre verso del brano, la protagonista diventa Elle, come una farfalla che si trasforma dalla sua crisalide.
Nella Voix humaine una donna parla al telefono con il proprio amante. La conversazione è univoca. Nessuno risponde dall’altro capo del filo, ammesso che davvero vi sia qualcuno. I racconti di Elle sfilano davanti al telefono come uno stream of consciousness, un flusso ci coscienza fatto di ricordi da un passato recente o remoto, fino al balbettio finale con il telefono che cade per terra. Il telefono, ovvero i legami col resto del mondo.
Oltre alla ottima regia di Scarton da segnalare la bravura della protagonista, il soprano Angela Nisi, della compagine orchestrale di Roma Tre diretta da Enrico Saverio Pagano.