Il processo per il palazzo di Londra, un test senza precedenti

Vatican News

ANDREA TORNIELLI

L’inchiesta vaticana che ha avuto inizio dalla vicenda della vendita dell’immobile di Londra, e il processo ancora alle sue fasi preliminari che ne è seguito, non sono in alcun modo paragonabili con le inchieste e i processi avvenuti Oltretevere negli ultimi decenni. Ciò appare evidente sia per il numero delle persone sottoposte a indagini e poi imputate, sia per le tantissime testimonianze raccolte e il materiale informatico utilizzato, che per il numero e la gravità dei reati contestati, che infine per la complessità delle diverse vicende intrecciate. Tutto è partito dall’indagine interna autorizzata quasi tre anni fa da Papa Francesco, che ha più volte sottolineato l’importanza del fatto che la segnalazione sulle presunte irregolarità, e le successive denunce, siano arrivate dal sistema di controllo vaticano. Si può dunque affermare che l’avvio del processo abbia rappresentato e rappresenti una prova di tenuta, un vero e proprio “stress test” per il sistema giudiziario dello Stato della Città del Vaticano.

Tra le particolarità, c’è stata certamente quella di riferirsi a un codice di procedura diverso da quello in vigore in Italia, il Finocchiaro Aprile del 1913, al quale sono state aggiunte alcune norme molto importanti in tempi recenti, ma comunque prima che l’inchiesta assumesse i contorni attuali. Ciò ha creato oggettivi problemi a tutte le parti del processo, alle quali è chiesto di applicare quel codice a situazioni di fatto che il legislatore di un secolo fa non poteva certo prevedere. Basti citare, ad esempio, le intercettazioni o il sequestro e l’utilizzazione di materiale informatico. Dall’altro lato, l’Ufficio del Promotore di giustizia, il pubblico ministero vaticano, che ha portato avanti in via esclusiva le indagini con la collaborazione del Corpo della Gendarmeria in qualità di polizia giudiziaria, ha spesso dovuto affrontare questioni di notevole complessità e senza alcun precedente: si pensi all’enorme mole di documenti e alle numerose rogatorie necessarie per ricostruire i flussi di denaro all’estero che compongono l’impianto accusatorio.

Come è normale all’avvio di ogni processo, le eccezioni preliminari dei difensori hanno avuto per oggetto alcune decisioni e alcuni comportamenti adottati dall’Ufficio del Promotore, sulla base di diverse interpretazioni della legge applicata nel caso concreto. Si tratta di una fase che può essere definita “fisiologica” nel momento in cui l’attività svolta dalla pubblica accusa viene portata davanti al giudice e le difese sono chiamate a svolgere il loro imprescindibile compito. Lo stesso Ufficio del Promotore a margine dell’udienza, ha espresso “apprezzamento per l’ordinaria dialettica tra le parti, accusa e difesa”, dicendosi al contempo sicuro della solidità delle indagini effettuate e della documentazione acquisita.

Nelle udienze che si sono tenute fino ad oggi il Tribunale dello Stato della Città del Vaticano ha dimostrato, e l’ha anche messa nero su bianco in una delle sue ordinanze, la volontà di assicurare il rispetto del diritto di difesa e, più in generale, del giusto processo. Un principio, quest’ultimo, recepito dal Vaticano con una legge dell’11 luglio 2013, promulgata pochi mesi dopo l’inizio dell’attuale pontificato, che si inserisce nell’ambito della legislazione vigente Oltretevere.

È proprio nella logica di garantire un giusto processo, e in esso il diritto di difesa, che il Tribunale – a seguito della eccezione di nullità eccepita dei difensori, di un dubbio interpretativo della norma, e delle sollecitazioni a questo punto ricevute anche dalla stessa pubblica accusa – ha restituito gli atti al Promotore di giustizia per poter poi provvedere agli interrogatori mancanti degli imputati. Com’è noto, il Tribunale ha anche ordinato al Promotore di depositare tutti gli atti a sua disposizione; come le registrazioni audio e video degli interrogatori di imputati e testimoni, effettuate con strumenti che evidentemente la legislazione del 1913 non poteva contemplare.

L’Ufficio del Promotore ha dichiarato che – in ottemperanza al provvedimento del Tribunale del 6 ottobre – il suo Ufficio aveva provveduto al deposito integrale di tutte le registrazioni audio e video degli interrogatori e che quindi “tutti i documenti fonte di prova sono rinvenibili negli atti del giudizio”. Il Promotore ha anche spiegato, per quanto concerne gli omissis presenti in alcune parti dei verbali di interrogatorio, che essi “riguardano dichiarazioni non pertinenti” a questo processo e che sono state sottoposte “ad esigenze di segretezza perché oggetto di autonoma attività investigativa in altri procedimenti”.

Ora il Tribunale, come ha dichiarato il Presidente durante una delle udienze, attende che la pubblica accusa definisca le posizioni di alcuni imputati, con una archiviazione o con una nuova richiesta di citazione a giudizio. E il Promotore di Giustizia ha annunciato che tale attività si concluderà entro la metà di gennaio 2022, con l’assunzione delle conseguenti determinazioni. A quel punto, e soltanto dopo che saranno prese – in un senso o nell’altro – tutte le decisioni sulle altre eccezioni formulate dai difensori, quelle sulle quali il Tribunale non si è ancora pronunciato, sarà possibile iniziare la trattazione del merito di tutto il processo, entrando così nel vivo della fase dibattimentale per vagliare la mole imponente di atti e documenti che compone l’impianto accusatorio.