Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano
La capanna che ospita Maria e Giuseppe in attesa di Gesù, riprodotti a grandezza naturale in Aula Paolo VI, è stata montata a tempo di record da cinque giovani ventenni di Gallio in provincia di Vicenza, ma diocesi di Padova, insieme al loro parroco, don Federico Zago. Don Federico ha 43 anni e da sette guida le quattro parrocchie unite di Gallio, Foza, Sasso e Stoccareddo, sull’altopiano di Asiago.
In udienza con Gallio anche Huancavelica e Andalo
All’udienza di Papa Francesco ai donatori del presepe in Piazza San Pietro, realizzato da cinque artisti di Huancavelica, in Perù, e dell’albero di Natale, che viene da Andalo, in Trentino, il 10 dicembre, ci sono anche loro, insieme a 160 parrocchiani venuti in pellegrinaggio a Roma per l’occasione. L’idea di offrire questa natività collocata in un tipico rustico in legno che sull’altopiano e usato come ricovero agli animali è venuta ai ragazzi del Gruppo giovani di Gallio, che si ritrovano insieme dalla cresima.
La Sacra Famiglia in uno “stalotto” per animali dell’Altopiano
Dopo il successo del presepe montato nella chiesa di san Bartolomeo nel Natale 2020, con statue a grandezza naturale in vetroresina che sono state acquistate dalla parrocchia, Eugenio, Riccardo, Emanuele e gli altri del gruppo hanno provato a scrivere al Governatorato della Città del Vaticano. E così si sono ritrovati a montare in Aula Nervi lo “stalotto” con assi ricavate dagli abeti e larici abbattuti dalla tempesta Vaia nell’ottobre del 2018.
Nel rustico tanti oggetti usati un tempo dai contadini
Con loro anche don Federico si è messo in tenuta da carpentiere e nel rustico in legno ha inserito, assieme ai suoi ragazzi, i diversi utensili usati un tempo dai contadini dell’altopiano: seghe, rastrelli, zappe, ma anche uno stampo in legno per preparare il burro in casa, oltre a contenitori per il latte e racchette per la neve, damigiane per il vino, e gabbie per gli uccelli da richiamo. All’esterno del rustico hanno collocato un recinto per conigli fatto da lastre di pietra che nella lingua cimbra si chiamano “Stoan platten”, che ancora oggi delimitano i confini tra le abitazioni e segnalano i sentieri. C’è anche una legnaia di abete rosso con tronchi tagliati e lasciati ad essiccare che serviranno ad alimentare la piccola stufa all’interno del rustico.
I due simboli del servizio del Gruppo Giovani
Ma gli oggetti ai quali i giovani di Gallio tengono di più sono uno a destra e uno a sinistra della Sacra Famiglia. Alla sinistra di San Giuseppe un pezzo di formaggio, un po’ di pane e un fiasco di vino. Li abbiamo messi, ci dice Eugenio, perché “ci ricordano la settimana di servizio che abbiamo vissuto nell’estate 2018, con il Gruppo Giovani, alla mensa della Caritas di Roma a Colle Oppio. Credevamo di essere noi ad offrire, invece abbiamo ricevuto molto di più di quello che abbiamo potuto dare”.
Don Federico: una risposta alle “provocazioni” del Papa
Dietro alla Madonna, invece, due grucce in legno, “che per noi simboleggiano – ci dice ancora Eugenio – l’altra settimana, nell’estate del 2019, che abbiamo trascorso assieme alle persone con disabilità assistite dall’Opera della Provvidenza di sant’Antonio a Sarmeola di Rubano, in provincia di Padova”. Vatican News ha chiesto anche al parroco di Gallio don Federico Zago di presentare il presepe dei sui giovani e il suo significato.
Don Federico, la scelta di donare questo presepe al Papa, nasce dal fatto che tutti vi hanno detto che era molto bello, dopo che l’avete fatto la prima volta, lo scorso Natale?
Forse donare non è nemmeno il termine giusto… questo presepe portato al Papa diventa quasi una risposta a quelle che sono le sue provocazioni che molto spesso lancia anche ai giovani. Ed esempio, il fatto di dire: “Non fatevi rubare la speranza”, di essere protagonisti, “non cristiani da poltrona”. Ai giovani in Grecia ha appena detto: “Siate sociali e non social”. Questo presepe diventa una risposta perché dentro c’è la storia del nostro gruppo, di questo gruppo di ragazzi che ormai sono insieme da più di 7 anni. Una risposta che è nata anche nel servizio, proprio nel dire: “Noi come cristiani, restiamo cristiani da poltrona oppure ci diamo veramente da fare?”. E allora sono nate le iniziative all’ Opera della Provvidenza Sant’Antonio a Padova con le persone affette da disabilità o l’esperienza alle cucine della Caritas qui a Colle Oppio. In questo noi ci siamo sentiti veramente cristiani, nel dire al Papa: tu ci hai fatto queste provocazioni buone e belle, noi vogliamo provare a rispondere con la nostra vita.
Ci dica come è nata l’idea nel vostro gruppo giovani di fare un presepe a grandezza naturale, un anno fa?
E’ nata perché ci siamo cimentati negli anni ad allestire il presepe insieme con i giovani della nostra chiesa parrocchiale. Prima usavamo le statuine quelle più piccole, sui 20-30 cm. Poi ci siamo detti: “Ma perché non provare con qualcosa di un po’ più grande? Abbiamo acquistato una natività a grandezza naturale e insieme con i ragazzi, proprio nel Natale scorso, abbiamo costruito un rustico enorme, in Chiesa dove poi ha trovato posto la natività. Gallio è anche un paese turistico, quindi soprattutto nel periodo invernale, natalizio, abbiamo presenza anche di tante altre persone, oltre ai parrocchiani e tutti hanno detto “che bello, che bello!”. Quindi è nata questa idea poi anche di dire perché non provare a proporlo come dono al Papa? Da questa piccola cosa siamo stati poi chiamati e c’è stato detto, “potete farlo anche in aula Paolo VI in Vaticano”.
Quindi le statue non sono opera dei ragazzi, però c’è tutta la costruzione della capanna, e il suo arredamento molto curato…
Sì, è tutto curato proprio nel dettaglio. E’ un ricovero per gli animali, un rustico tipico del nostro territorio, che viene definito in dialetto “stalotto” e abbiamo proprio pensato di ricostruirlo con tutti gli attrezzi di una volta per ricreare un rustico tipico nostro e di inserire all’interno la natività.
I giovani, nel comunicato che annuncia questa notizia del dono del presepe al Papa, dicono che rappresenta, nella sua semplicità la casa di tutti…
Certo, oltretutto questo presepe è fatto anche con il legno della tempesta Vaia, perché abbiamo pensato proprio all’idea di un Cristo che entra nella nostra povertà, nel nostro essere povere creature. Abbiamo voluto proprio utilizzare quel legno lì per dire che anche in un momento che abbiamo vissuto, nel quale abbiamo avuto veramente paura, quella notte qui in altopiano, da una devastazione può rinascere la vita stessa. Abbiamo scelto la semplicità di questa costruzione, perché ognuno che vede questo nostro presepe possa dire. “E’ qualcosa di semplice come semplici sono le nostre case”, ma come semplice è stata anche la nascita di Cristo nella nostra storia della salvezza.
Nello stesso comunicato i giovani dicono di voler donare al Papa anche la loro voglia “di non farci rubare la speranza, il desiderio di giocarci la vita per gli altri”. C’è quindi tutto un cammino che ha portato a questo lavoro insieme?
Questo gruppo è formato da una ventina di giovani dai 20 ai 22 anni. Abbiamo iniziato a camminare assieme quando hanno avuto il dono del Sacramento della cresima e con questo gruppo un po’ alla volta abbiamo vissuto anche delle esperienze particolari. Una alla mensa della Caritas di Roma a Colle Oppio, dove abbiamo per una settimana, non solo servito il pasto alle persone che la frequentano, ma abbiamo voluto proprio stare insieme con loro e quindi condividere una parte importante della loro vita. E poi l’altra esperienza all’ Opera della Provvidenza Sant’Antonio che è un po’ il cuore della Carità della nostra Diocesi di Padova dove sono ospitate diverse centinaia di persone che sono affette da disabilità. E ci siamo accorti di essere stati noi l’oggetto dell’amore di queste persone che abbiamo incontrato. Tanto che all’interno del presepe abbiamo pensato di mettere anche un piatto con del cibo che ricorda l’esperienza della mensa a Roma e anche due stampelle che ricordano l’esperienza al Opera della Provvidenza.
Ma c’è a Gallio una tradizione particolare per i presepi, o anche una tradizione legata ai presepi?
Qui da noi non c’è casa che non faccia il presepe. Però c’è una tradizione particolare: la sera di Natale, di solito tornati dalla messa della notte, il più anziano depone il bambinello nel presepe alla presenza di tutta la famiglia. Tanto che noi vorremmo proprio chiedere, il giorno dell’udienza, a Papa Francesco se sarà possibile che sia lui a porre il bambinello nel nostro presepe. Proprio per dirgli: “Ti sentiamo parte della nostra famiglia” proprio come fosse un nostro nonno, una persona però anche importante che è guida, e che ci aiuta nel nostro cammino di Fede, ma anche nel nostro cammino di uomini e donne. Ma anche e soprattutto perché con quel gesto, se il Papa pone lui nel presepe, il bambinello, si può dire che quel presepe è fatto veramente da tutti. Non è solo un dono, un qualcosa che lui riceve, ma qualcosa al quale anche lui ha contribuito. Quindi un sentirsi parte del nostro gruppo.
Per l’udienza del 10 dicembre la parrocchia ha organizzato un pellegrinaggio di tutta l’unità pastorale a Roma. E’ contento della risposta che ho avuto dai suoi parrocchiani?
Oltre ogni aspettativa, perché scendiamo in più di 160 persone, e per Gallio, che non è un paese enorme, siamo 2000 abitanti. E in questi giorni dopo l’8 dicembre, inizia il turismo. Ma pur avendo anche queste “difficoltà” che nascono dal lavoro di tante persone che soprattutto in questo periodo si danno da fare, avere 160 persone che vengono a Roma per me è stato un gesto molto bello. Non solo nei confronti dei ragazzi, per dire “vi vogliamo accompagnare in questa esperienza che sarà unica nella vita di tutti”, ma anche come segno di affetto verso Papa Francesco. Scendere insieme per dirgli: “Ti vogliamo bene, ti siamo vicini e ti sentiamo come padre”.