Adriana Masotti – Città del Vaticano.
E’ in assoluto il primo ricercatore italiano a ricevere il premio Carol Nachman, considerato il Nobel della reumatologia. La professoressa Maria Antonietta D’Agostino è direttrice della UOC di Reumatologia della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli (IRCCS) e ordinario di Reumatologia all’Università Cattolica del Sacro Cuore. E’ stata insignita del prestigioso riconoscimento per aver dimostrato il ruolo dell’ecografia articolare nella diagnosi precoce di alcune patologie reumatologiche come artrite psoriasica e spondiloartriti. La cerimonia di consegna del Carol Nachman Prise è avvenuta lo scorso 24 giugno nella città di Wiesbaden in Germania e oltre che alla dottoressa D’Agostino il premio è andato anche a Maarten Boers, uno dei suoi mentori, professore di Epidemiologia Clinica e direttore del Centro di reumatologia e immunologia dell’Università di Amsterdam, dove D’Agostino ha lavorato come visiting professor nel 2016.
La motivazione del premio
“La professoressa D’Agostino – recita la menzione del premio – viene insignita del premio Carol Nachman perché è stata la prima a riconoscere l’importanza della visualizzazione ecografica dell’entesite (l’infiammazione della zona di inserzione del tendine sull’osso), nella diagnosi precoce delle spondiloartriti e come parametro prognostico. È grazie alle sue ricerche e alla loro implementazione all’interno di programmi educativi e libri di testo che l’ecografia ha trovato il suo posto nell’assistenza dei pazienti con malattie reumatologiche in Europa e nel resto del mondo”. Ai microfoni di Vatican News, Maria Antonietta D’Agostino ci dice la sua soddisfazione, in quanto studiosa e in quanto donna, per il riconoscimento ricevuto e ci parla del lavoro svolto fin qui:
Dottoressa D’Agostino, ci aiuta a capire meglio che cosa il Carol Nachman 2022 ha riconosciuto riguardo alla sua attività di ricercatrice?
Ciò per cui ho ricevuto questo premio è stato il mio lavoro degli ultimi 20 anni circa, ma che si è concretizzato con molti altri altri lavori negli ultimi 10 anni, in cui ho sviluppato l’ecografia per poter prendere in carico le patologie reumatiche, in particolare per il fatto di aver osservato per la prima volta che l’infiammazione dell’inserzione dei tendini sull’osso con il Power Doppler, quindi con la messa in evidenza della vascolarizzazione con il Doppler è un tratto specifico delle spondiloartriti e, iniziando con questo lavoro mi sono poi occupata dell’utilizzo dell’ecografia per la presa in carico diagnostica e terapeutica di tutte le patologie reumatiche con interessamento articolare. Questo è quello che ci permette adesso a livello nazionale, ma anche internazionale, di poter caratterizzare al meglio i pazienti con patologie reumatiche perché una delle cose più difficili è che i pazienti arrivano con dolore, dolore articolare e a volte è difficile capire l’origine di questo dolore. L’ecografia articolare ci permette di visualizzare quali sono le strutture che provocano l’infiammazione, se ce n’è una, e quindi il dolore.
Ecco, purtroppo poi le cure a cui i malati possono accedere sono scarse, ma si può comunque intervenire per alleviare il loro dolore. E’ così?
Diciamo che negli ultimi 20 anni abbiamo visto un fiorire, uno sviluppo notevolie di tutte le terapie nell’ambito dei reumatismi infiammatori e delle malattie autoimmuni di origine reumatologica, devo dire che fino a 20 anni fa non si avevano molte cure, ma da una ventina d’anni, grazie allo sviluppo di terapie mirate, quelle che noi chiamiamo i farmaci biotecnologici perché riescono a colpire le proteine, le molecole dell’infiammazione, abbiamo una panoplia di terapie che ci permettono di curare al meglio queste patologie, di bloccare l’evoluzione, anche se non si può guarire. La cosa importante in questo momento è capire quali sono i pazienti che possono beneficiare di queste terapie, quindi una medicina personalizzata e se tutti i dolori articolari sono dovuti a una patologia infiammatoria o ad altre cause. E in questo la clinica, la biologia e soprattutto l’imaging (diagnostica per immagine) ci possono aiutare a caratterizzare al meglio i pazienti.
Lei è direttrice dell’Unità di Reumatologia del Policlinico Universitario Agostino Gemelli, ma si è messa a disposizione anche dell’Ufficio di pastorale sanitaria della diocesi di Roma, dove esiste una sezione che si occupa dei malati di malattie reumatologiche e in particolare di fibromialgia, una particolare malattia molto insidiosa perché invisibile. Ci dice qualcosa di questo suo impegno?
Certo, questa mia volontà di aiutare i pazienti con patologie reumatiche ha incontrato un grande spazio quando ho conosciuto la dottoressa Edith Aldama che si occupa della parte reumatologica nell’ambito della diocesi di Roma e, partendo dalla fibromialgia che il prototipo delle patologie reumatologiche caratterizzate dal dolore, quindi come dice lei è considerata una patologia invisibile perché quando andiamo a fare tutti gli esami di laboratorio o esami di imaging o clinici non troviamo nulla, quindi anche l’ecografia delle entesite è negativa, diciamo che è importante aiutare questi pazienti che soffrono ma per cui una diagnosi obiettiva con i mezzi a disposizione non può essere fatta. Quindi questi sono pazienti che a volte sono in qualche modo abbandonati o non capiti, ecco perché nell’ambito delle patologie reumatiche quello che noi facciamo è cercare di aiutare il più possibile questi pazienti, caratterizzare la loro malattia e, quando i criteri clinici ce lo permettono, di poter fare una diagnosi di fibromialgia e di trattarla al meglio. A volte, però, la fibromialgia può essere la prima manifestazione di altre patologie reumatiche di tipo infiammatorio, quelle che portano ad una distruzione articolare e quindi a volte etichettare solamente i pazienti con fibromialgia forse è una cosa troppo semplice. Quindi tutti i pazienti con patologia reumatica, con dolore articolare, necessitano una caratterizzazione ed è in questo che noi aiutiamo la diocesi nel mettersi a disposizione dei pazienti per rispondere ai loro bisogni.
Dottoressa D’Agostino, quali altri obiettivi lei si pone davanti a sè ora nella sua vita professionale, nella sua ricerca scientifica?
Il mio interesse è quello di poter continuare a sviluppare una ricerca che sia veramente utile per il paziente, quindi per la presa in carico clinica del paziente e di poter unire quello che è l’aspetto dell’imaging con l’aspetto un po’ più translazionale con la caratterizzazione dei meccanismi di infiammazione a livello un po’ più precoce che non è visibile solamente con un imaging tradizionale, quindi cercare di capire quali sono i meccanismi che ci portano ad avere determinate malattie, piuttosto che altre. E soprattutto una delle assi che vorrei sviluppare è proprio capire da dove viene il dolore che non è visualizzabile, quali sono i meccanismi del dolore che non sono visualizzabili come causati da un processo infiammatorio caratterizzato.
Edith Aldama: orgogliosi e felici per questo riconoscimento
Grande la soddisfazione per il premio assegnato alla dottoressa D’Agostino anche da parte degli operatori dell’area Malattie reumatiche, fibromialgia e dolore cronico dell’ufficio di pastorale della diocesi romana, come conferma al nostro microfono la dottoressa Edith Aldama: “Noi siamo molto orgogliosi per questo riconoscimento, per noi rappresenta un fatto molto importante perché la professoressa D’Agostino è il nostro medico di riferimento in questo Centro e lei è stata la prima a rispondere positivamente alla chiamata della Chiesa locale a far nascere quest’area per poter sostenere, ascoltare e abbracciare tutti i malati affetti da fibromialgia e dalle altre malattie reumatiche e da dolore cronico. È un riconoscimento da un punto di vista professionale, ma anche un riconoscimento alla grande umanità della professoressa D’Agostino”. Edith Aldama dice come questi malati abbiano tanto bisogno di una presa in carico attraverso il Sistema Sanitario Nazionale, cosa che ancora non avviene, quindi l’ambulatorio gestito da Maria Antonietta D’Agostino per questi pazienti è veramente un sostegno importante perchè li aiuta a migliorare la propria qualità di vita. “Per noi, quindi, questo premio – prosegue Aldama – è un motivo d’orgoglio e un incoraggiamento a continuare in questo cammino a sostegno dei malati e soprattutto a continuare a dare loro voce”.
Incentivare la ricerca per migliorare la qualità della vita
Che ci sia un premio che riconosce un traguardo nel contesto della ricerca scientifica sulle malattie reumatiche dice che qualche passo si sta facendo in questo settore ma c’è ancora tanto da fare. “Investire sulla ricerca – commenta la dottoressa Aldama – è importante perché dà ai malati la speranza se non di una guarigione, almeno in una migliore qualità della vita. Da parte nostra quello che vogliamo è dare comunque la dignità a queste persone per poter portare avanti la malattia, il nostro impegno è quello di incentivare la ricerca, di far arrivare anche alle istituzioni la voce di coloro che sono affetti da patologie, come in questo caso, che non sono ancora riconosciute dallo Stato e non sono quindi inserite nei livelli essenziali di assistenza”. Edit Aldama conclude sottolineando l’importanza di ricordare che dietro la malattia “c’è sempre una persona che soffre e che ha bisogno di vivere, di socializzare, di lavorare”. Aiutare questi malati a reiserirsi nella società è, dunque importantissimo, ed è essenziale perciò la ricerca che mira ad una migliore qualità della vita di queste persone.