Al secondo giorno dell’operazione israeliana sulla città della Cisgiordania aumentano gli sfollati. Dieci i morti tra i palestinesi. Il campo è senza acqua e senza elettricità. Condanna del patriarca di Gerusalemme Pizzaballa: un’aggressione senza precedenti, speriamo nella pace e nel dialogo. Padre Labib Deibes: “Vogliamo aiutare il popolo palestinese a riacquistare i suoi diritti”. A Tel Aviv un auto ferisce almeno quattro pedoni in un attacco rivendicato da Hamas
Michele Raviart – Città del Vaticano
Sono ormai circa quattromila i palestinesi fuggiti dal campo profughi di Jenin, nel nord della Cisgiordania, dopo l’improvvisa operazione militare israeliana iniziata ieri per eliminare i centri di comando e i depositi di munizioni di gruppi ritenuti responsabili di una cinquantina di attacchi contro Israele nello scorso anno. Dieci i palestinesi uccisi, secondo l’esercito israeliano tutti legati alle milizie. Le strade della città, contigua con il campo profughi, sono piene di macerie dopo i bombardamenti dei droni e sono stati segnalati danni ai negozi. Colonne di fumo sono state viste da questa mattina all’orizzonte, mentre il campo è privo di acqua e elettricità. I mezzi militari sono ancora nelle strade e, ha spiegato il sindaco di Jenin Nidal Al-Obeidi, chi è scappato ha trovato alloggio nelle case dei parenti e nei rifugi.
Hamas rivendica un attentato a Tel Aviv
Si tratta della più importante operazione militare israeliana in Cisgiordania dai tempi della seconda intifada, nei primi anni del 2000, quando Jenin era uno dei focolai dell’attività militare palestinese. In queste ore centinaia di soldati stanno perlustrando l’area, sequestrando armi e facendo esplodere i tunnel utilizzati da sospetti miliziani, mentre a Tel Aviv un’auto si è lanciata contro i pedoni ferendo sette persone, di cui tre in modo grave. L’azione è stata rivendicata da Hamas, che ha parlato di un “eroico attacco” come “prima risposta ai crimini dell’occupazione” contro il popolo a Jenin. In tutta la Cisgiordania, intanto, i palestinesi hanno osservato uno sciopero generale di protesta contro l’operazione.
Pizzaballa: Aggressione senza precedenti
“Negli ultimi due giorni la città di Jenin è stata oggetto di un’aggressione da parte di Israele senza precedenti, che ha anche causato molti danni alla nostra parrocchia latina in Jenin”, ha scritto in un tweet il Patriarca di Gerusalemme dei Latini, Pierbattista Pizzaballa. “Condanniamo queste violenza, chiediamo un cessate-il-fuoco, e speriamo nel perseguimento della pace e del dialogo per prevenire altre futuri attacchi ingiustificati alla popolazione”, ha aggiunto.
Padre Deibes: una situazione molto difficile
“In questi giorni le negoziazioni tra le due parti sono quasi assenti” racconta a Vatican News-Radio Vaticana padre Labib Deibes, parroco a Jenin. “Noi, nelle ultime 24 ore, abbiamo vissuto tempi difficili, una cosa molto simile a una guerra: esplosioni, aerei, carri armati, tutto contro il popolo palestinese, ossia contro alcuni giovani che hanno il diritto di difendere la loro terra. E quindi la situazione è stata molto difficile”, ha aggiunto, augurando “al popolo palestinese di riacquisire tutti i suoi diritti e di vivere in pace nella sua terra”. “Vogliamo aiutare gli abitanti di Jenin, prima con i soldi per riparare la distruzione che c’è stata, e poi facendo tutto il possibile affinché il popolo palestinese riacquisti tutti i suoi diritti, dopo averli riacquistati non ci serviranno più aiuti dall’estero e potremo vivere felici e liberi”, è l’auspicio di padre Deibes, che ricorda come il popolo palestinese, “abbia sempre vissuto grazie agli aiuti, ma noi non vogliamo elemosina, vogliamo i nostri diritti e se prendiamo i nostri diritti possiamo vivere e provvedere al nostro sostentamento da soli”. “Chiedo alla comunità internazionale”, è il suo appello, “di trovare una soluzione a questo conflitto che dura ormai da 75 anni, se questo conflitto si risolve non ci sarà più guerra e tutti vivranno felici e contenti”.
La condanna dell’Onu e di Medici senza Frontiere
Il presidente dell’autorità nazionale palestinese Mahmud Abbas ha chiesto all’Onu e alla comunità internazionale “di intervenire con urgenza per costringere Israele a fermare l’evacuazione degli abitanti”. La portavoce dell’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari, Vanessa Huguenin, si è detta allarmata “per la dimensione delle operazioni via area e via terra” e “per i bombardamenti su un campo profughi densamente popolato”. L’ong Medici senza Frontiere lamenta degli impedimenti nell’assistenza sanitaria, con strade bloccate e ambulanze speronate dai mezzi blindati. “L’operazione ha già raggiunto la maggior parte dei suoi obiettivi e con meno resistenza o complicazioni secondarie di quanto previsto dall’intelligenze”, ha affermato il portavoce delle Forze di difesa israeliana, e “potrebbe concludersi nel giro di pochi giorni, ben prima del previsto”.