Il Papa: una “cultura della cura” verso l’uomo e l’ambiente è un dovere morale

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Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano

La sfida di sviluppare una “cultura della cura” globale che ispiri nuove relazioni e strutture al servizio della solidarietà e della giustizia sociale, ma anche la necessità di affrontare “questioni di giustizia” come le crisi umanitarie legate alle migrazioni e al cambiamento climatico, il debito dei Paesi poveri e il “debito ecologico”. Nel discorso ai nuovi ambasciatori presso la Santa Sede di nove Paesi che presentano oggi le loro lettere credenziali, Papa Francesco torna sui suoi più recenti appelli alla comunità internazionale e ribadisce il sostegno della Santa Sede a ogni sforzo “per costruire un mondo in cui la persona umana sia al centro, la finanza al servizio di uno sviluppo integrale e la Terra, la nostra casa comune, sia protetta e curata”.

Il Papa accoglie in Sala Clementina i nuovi rappresentanti diplomatici di Singapore, Zimbabwe, Bangladesh, Algeria, Sri Lanka, Barbados, Svezia, Finlandia e Nepal e li ringrazia per la presenza, nonostante le difficoltà a viaggiare causate dalla pandemia di Covid-19. E ricorda che, proprio a causa del coronavirus, “la crisi sociale ed economica è diventata in tutto il mondo ancora più grave”. C’è chi ha perso i suoi cari o i mezzi per vivere, e famiglie senza “un’adeguata protezione sociale”: tutto questo “ci ha resi più consapevoli della nostra interdipendenza in quanto membri dell’unica famiglia umana, come pure della necessità di essere attenti ai poveri e agli indifesi che ci sono tra noi”.

Mentre cerchiamo di uscire dalla crisi attuale, le nostre società sono poste di fronte alla sfida di compiere passi concreti, veramente coraggiosi, per sviluppare una “cultura della cura” globale

Una cultura, sottolinea Francesco citando il suo messaggio per la Giornata Mondiale della Pace di quest’anno, “che possa ispirare il sorgere di nuove relazioni e strutture di cooperazione al servizio della solidarietà, del rispetto della dignità umana, dell’assistenza reciproca e della giustizia sociale”. Ricordando poi il discorso pronunciato questo febbraio davanti al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, il Pontefice sottolinea che nella pandemia è emersa la “crescente difficoltà, se non l’incapacità” della comunità internazionale, “di cercare soluzioni comuni e condivise ai problemi del nostro mondo”.

Si tratta di questioni urgenti come le migrazioni e il cambiamento climatico, “nonché le crisi umanitarie che spesso ne derivano”, ma anche il “debito economico che grava su molti Paesi che lottano per sopravvivere”, e il “debito ecologico” “che dobbiamo alla natura stessa, nonché ai popoli e ai Paesi colpiti dal degrado ambientale causato dall’uomo e dalla perdita della biodiversità”.

Questi problemi non sono semplicemente politici o economici; sono questioni di giustizia, una giustizia che non può più essere ignorata o rinviata. Si tratta infatti di un dovere morale intergenerazionale, perché la serietà con cui rispondiamo a tali questioni determina il mondo che lasciamo ai nostri figli.

Quindi Papa Francesco ribadisce che l’opera dei diplomatici è fondamentale “nello sviluppo di un consenso globale, in grado di rispondere a queste sfide etiche che la nostra famiglia umana deve affrontare”. Da parte sua…

La Santa Sede, attraverso le sue rappresentanze diplomatiche e la sua attività all’interno della comunità internazionale, sostiene ogni sforzo per costruire un mondo in cui la persona umana sia al centro, la finanza al servizio di uno sviluppo integrale e la Terra, la nostra casa comune, sia protetta e curata.

Attraverso le sue opere “di educazione, carità e assistenza sanitaria in tutto il mondo”, conclude il Papa, la Chiesa “si adopera in favore del bene comune, promuovendo lo sviluppo delle persone e dei popoli, e in questo modo cerca di contribuire alla causa della pace”.