Il Papa: Tommaso d’Aquino, nei suoi studi la radice del bene sociale dell’uomo

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A 750 anni dalla morte dell’autore della “Summa Theologiae”, Francesco scrive ai partecipanti a un Laboratorio patrocinato dalla Pontificia Accademia delle Scienze Sociali che approfondisce alcuni aspetti della dottrina del santo: è un autore moderno che con la sua visione offre “freschi e validi spunti al nostro mondo globalizzato, dominato dal positivismo giuridico e dalla casistica”

Alessandro De Carolis – Città del Vaticano

Cosa c’entra il pensiero di uno dei teologi più insigni della storia della Chiesa con lo sviluppo delle scienze sociali? Un indagatore del rapporto tra fede e ragione con i modi in cui si articolano e crescono le relazioni tra le persone? Molto più di quello che potrebbe apparire e il Papa lo chiarisce scrivendo ai partecipanti al Laboratorio che la Pontificia Accademia di Scienze Sociali ha organizzato oggi e domani per discutere sul tema “Ontologia sociale e diritto naturale dell’Aquinate in prospettiva. Approfondimenti per e dalle Scienze Sociali”.

Non c’è contraddizione tra fede e ragione

“Sicuramente San Tommaso non ha coltivato le scienze sociali così come noi le intendiamo oggi”, osserva Francesco, ma tuttavia con i suoi studi ne è stato un precursore e questo perché per lui era evidente, e lo afferma nella Summa, che la persona, in quanto creatura di Dio, rappresenta “quanto di più nobile si trova in tutto l‘universo”. E dal momento che, sul piano del pensiero, l’Aquinate sosteneva che Dio è “la verità e la luce che illumina ogni comprensione”, e che dunque non possa esserci “alcuna contraddizione di fondo tra la verità rivelata e quella scoperta attraverso la ragione”, ne derivava “che i beni spirituali precedono quelli materiali e che il bene comune della società precede quello degli individui”.

Nell’uomo “l’intelligenza di Dio”

Francesco sottolinea per esempio l’attenzione che, specie nei Commentari, il Dottor Angelicus dedica alle questioni della giustizia, cosa che rende evidente la “sua influenza nel dar forma al pensiero morale e giuridico moderno”. L’Aquinate, ricorda il Papa, afferma “l’intrinseca dignità e unità della persona umana” – sia le virtù del corpo sia quelle “dell’anima razionale” – che le consentono di distinguere tra vero e falso e tra bene e male”. È quella che san Tommaso chiama “intelligenza di Dio”, cioè la “capacità innata” di un uomo “di discernere e di ordinare o disporre atti al loro fine ultimo attraverso l’amore”, altrimenti detta “legge naturale”.

Una visione sempre attuale

E qui sta la modernità dell’autore della Summa, poiché oggi – asserisce Francesco – è essenziale dare nuova considerazione a questa, come la chiama l’Aquinate, “inclinazione naturale a conoscere la verità su Dio, e a vivere in società”, allo scopo, chiosa il Papa, “di modellare il pensiero sociale e le politiche in modalità che promuovano, anziché impedire, l’autentico sviluppo umano dei singoli e dei popoli”. La fiducia di Tommaso in una legge naturale scritta nel cuore dell’uomo può offrire, insiste Francesco, “freschi e validi spunti al nostro mondo globalizzato, dominato dal positivismo giuridico e dalla casistica”, anche se – riconosce – “continua a cercare solide fondamenta per un giusto e umano ordine sociale”.

Dove nasce la Dottrina sociale

In quanto pensatore cristiano, Tommaso d’Aquino riconosce l’azione della “grazia redentiva” portata da Gesù nell’agire umano, che oltre ai benefici spirituali possiede, rileva Francesco, “ricche implicazioni” per capire le dinamiche di “un solido ordine sociale fondato sulla riconciliazione, sulla solidarietà, sulla giustizia e sulla cura reciproca”. Qui il Papa cita a sostegno Benedetto XVI, che nella Caritas in Veritate affermava che l’uomo e la donna, in quanto oggetto dell’amore di Dio, divengono a loro volta soggetti di carità, chiamati a riflettere tale carità e a tessere reti di carità a servizio della giustizia e del bene comune. Una dinamica di “carità ricevuta e donata” che – osserva – ha dato vita alla Dottrina sociale della Chiesa”, il cui obiettivo è esplorare in che modo “i benefici sociali della Redenzione possano rendersi visibili nella vita di uomini e donne”.

Francesco conclude con un pensiero intonato alla Quaresima per ribadire che alla riflessione è necessario unire sempre una dimostrazione pratica dell’amore cristiano. “In questi anni del mio pontificato – scrive – ho cercato di privilegiare il gesto della lavanda dei piedi”, che è “senza dubbio un simbolo eloquente delle Beatitudini” di Gesù e “della loro concreta espressione in opere di misericordia”. Perché “Gesù sapeva che, quando si tratta di ispirare il cuore dell’uomo, gli esempi sono più importanti di un fiume di parole”.