Chiesa Cattolica – Italiana

Il Papa: siamo minacciati dalle armi nucleari e nella libertà, costruiamo insieme la pace

Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano

La guerra in Ucraina e lo “strascico di morte e distruzione” che lascia, con la gente che muore non solo per le bombe ma anche di fame e freddo. Le tensioni politiche e sociali in Brasile, ma anche in Perù e ad Haiti, le violenze tra israeliani e palestinesi, la pena di morte in Iran, l’esclusione delle donne dall’educazione in Afghanistan. E poi i drammi della Siria martoriata e dello Yemen con la popolazione decimata dalle mine, il terrorismo in Africa, i conflitti nel Caucaso meridionale, la crisi sociale, economica e politica del Libano, la tragedia delle migrazioni che ha reso il Mediterraneo un cimitero.

Terza guerra mondiale

Nel lungo discorso al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, ricevuto come tradizione a inizio anno, il Papa assembla i pezzi dei conflitti e delle tensioni che si registrano oggi nei cinque continenti. Il quadro che emerge è quello di una “terza guerra mondiale”, definita non solo a pezzi ma globale, “dove i conflitti interessano direttamente solo alcune aree del pianeta, ma nella sostanza coinvolgono tutti”.

L’affievolirsi della democrazia

Davanti a questo scenario, il Papa chiede di costruire insieme la pace e rinvigorire quella democrazia che, a causa delle “crescenti polarizzazioni politiche e sociali”, va affievolendosi in vari Paesi, insieme alle “possibilità di libertà che essa consente, pur con tutti i limiti di un sistema umano”. Perù, Haiti e nelle ultime ore il Brasile, come si è visto con l’assalto di ieri ai luoghi istituzionali, sono l’esempio del “carico di tensioni e forme di violenza” che tali polarizzazioni portano.

Occorre sempre superare le logiche di parte e adoperarsi per l’edificazione del bene comune.

L’accordo con la Cina

La riflessione di Papa Francesco – “un’invocazione di pace in un mondo che vede crescere divisioni e guerre”, come la definisce lui stesso – si apre con la gratitudine agli ambasciatori per i messaggi di cordoglio per la morte di Benedetto XVI. E anche con la menzione della proroga dell’Accordo provvisorio sulle nomine dei vescovi tra Cina e Santa Sede.

Auspico che tale rapporto collaborativo possa svilupparsi a favore della vita della Chiesa cattolica e del bene del Popolo cinese.

“Tutti perdenti sotto la minaccia nucleare”

Il pensiero del Papa va poi all’Enciclica Pacem in terris, di cui ricorre il 60.mo anniversario, scritta da Giovanni XXIII mentre era ancora vivo il pericolo di una guerra nucleare per la crisi dei missili di Cuba. “L’umanità era a un passo dal proprio annientamento, se non si fosse riusciti a far prevalere il dialogo. Purtroppo, ancora oggi la minaccia nucleare viene evocata, gettando il mondo nella paura e nell’angoscia”, sottolinea Francesco. Ribadisce quindi che “il possesso di armi atomiche è immorale” poiché, come osservava Roncalli, “non è escluso che un fatto imprevedibile ed incontrollabile possa far scoccare la scintilla che metta in moto l’apparato bellico”.

Sotto la minaccia di armi nucleari siamo tutti sempre perdenti!

Da questo punto di vista, Papa Francesco esprime particolare preoccupazione per lo stallo dei negoziati sull’Accordo sul nucleare iraniano e auspica una immediata soluzione per “un avvenire più sicuro”.

Cessi la guerra in Ucraina

Il Papa parla poi di Ucraina e condanna gli attacchi alle infrastrutture civili che “portano le persone a perdere la vita non solo a causa degli ordigni e delle violenze, ma anche di fame e di freddo”. 

Non posso che rinnovare quest’oggi il mio appello a far cessare immediatamente questo conflitto insensato, i cui effetti interessano intere regioni, anche fuori dall’Europa a causa delle ripercussioni che esso ha in campo energetico e nell’ambito della produzione alimentare, soprattutto in Africa ed in Medio Oriente.

Abolire la pena di morte in Iran

Il Papa non dimentica gli altri teatri di tensioni. In primis l’Iran dove è si continua a praticare la pena di morte (pochi giorni fa le ultime esecuzioni), in seguito alle manifestazioni che chiedono maggiore rispetto per la dignità delle donne.

La pena di morte non può essere utilizzata per una presunta giustizia di Stato, poiché essa non costituisce un deterrente, né offre giustizia alle vittime, ma alimenta solamente la sete di vendetta. Faccio, perciò, appello perché la pena di morte, che è sempre inammissibile poiché attenta all’inviolabilità e alla dignità della persona, sia abolita nelle legislazioni di tutti i Paesi del mondo. Non possiamo dimenticare che fino all’ultimo momento, una persona può convertirsi e può cambiare.

La soluzione dei due Stati

Lo sguardo si amplia e va alla Siria, terra ancora martoriata, da povertà e sanzioni: “La rinascita di quel Paese deve passare attraverso le necessarie riforme, anche costituzionali”, dice il Papa. Con la stessa angoscia, punta il dito contro l’aumento della violenza tra palestinesi e israeliani, che provoca vittime e “totale sfiducia reciproca”. Francesco chiede che sia garantito e rispettato lo status quo di Gerusalemme, e allo stesso tempo, ribadendo una posizione già espressa dalla Santa Sede, esprime un chiaro auspicio:

Le autorità dello Stato d’Israele e quelle dello Stato di Palestina possano ritrovare il coraggio e la determinazione nel dialogare direttamente al fine di implementare la soluzione dei due Stati in tutti i suoi aspetti, in conformità con il diritto internazionale e con tutte le pertinenti risoluzioni delle Nazioni Unite

I drammi di Africa, Caucaso e Medio Oriente

Nel suo discorso, Jorge Mario Bergoglio cita la situazione nella Repubblica Democratica del Congo, dove viaggerà a fine gennaio come “pellegrino di pace” e dove spera che cessino le violenze nell’est del Paese. Allo stesso modo, il Pontefice si unisce al grido di pace della popolazione del Sud Sudan. Poi esorta a rispettare il “cessate il fuoco” nel Caucaso meridionale, chiedendo “la liberazione dei prigionieri militari e civili”. Dello Yemen Papa Francesco denuncia la morte di civili a causa delle mine, nonostante la tregua, mentre sull’Etiopia, incita a rafforzare l’impegno della Comunità internazionale per affrontare la crisi umanitaria. Non manca, ancora, l’apprensione per i drammi che vivono le popolazioni di Burkina Faso, Mali e Nigeria, e la speranza che i processi di transizione in corso in Sudan, Mali, Ciad, Guinea e Burkina Faso si svolgano “nel rispetto delle aspirazioni legittime delle popolazioni coinvolte”. Doloroso l’appello per il Myanmar, “che ormai da due anni sperimenta violenza, dolore e morte”, come pure per la penisola coreana, per la quale l’augurio è che si possa “costruire la tanto desiderata pace e la prosperità”.

Disarmo integrale

“Tutti i conflitti pongono comunque in rilevo le conseguenze letali di un continuo ricorso alla produzione di nuovi e sempre più sofisticati armamenti, talvolta giustificata adducendo il motivo che se una pace oggi è possibile, non può essere che la pace fondata sull’equilibrio delle forze”, afferma il Pontefice.

Occorre scardinare tale logica e procedere sulla via di un disarmo integrale, poiché nessuna pace è possibile laddove dilagano strumenti di morte.

Rispettare le donne, considerate “cittadini di seconda classe”

Per “ritessere i fili della pace”, il Vescovo di Roma invita a ripartire da verità, giustizia, libertà, solidarietà. Anzitutto, dice, bisogna rispettare la persona umana, “con il suo diritto all’esistenza e all’integrità fisica”. Il pensiero è soprattutto per le donne che ancor oggi, in molti Paesi, sono considerate “cittadini di seconda classe” o sono “oggetto di violenze e di abusi e viene loro negata la possibilità di studiare, di lavorare, di esprimere i propri talenti, l’accesso alle cure sanitarie e persino al cibo”

Le donne possono offrire il proprio contributo insostituibile alla vita sociale ed essere prime alleate della pace.

No all’aborto

E la pace esige anche che si difenda la vita, bene oggi messo a repentaglio “fin troppo spesso addirittura dal grembo materno, affermando un presunto diritto all’aborto”, dice Papa Bergoglio. “Nessuno può vantare però diritti sulla vita di un altro essere, un altro essere umano, specialmente se è inerme e dunque privo di ogni possibilità di difesa”. L’appello è alle “coscienze degli uomini e delle donne di buona volontà, particolarmente di quanti hanno responsabilità politiche, affinché si adoperino per tutelare i diritti dei più deboli e venga debellata la cultura dello scarto, che interessa purtroppo anche i malati, i disabili e gli anziani”.

La paura della vita

Di  base, rileva Francesco, c’è una “paura” della vita, la stessa che suscita timore nel formare una famiglia e mettere al mondo figli. L’Italia è esempio di “un pericoloso calo della natalità”, evidenzia il Papa. “Le paure trovano alimento nell’ignoranza e nel pregiudizio per degenerare facilmente in conflitti”, aggiunge.

L’educazione, antidoto alla paura

L’antidoto è l’educazione: “Educare esige sempre il rispetto integrale della persona e della sua fisionomia naturale, evitando di imporre una nuova e confusa visione dell’essere umano”.

È inaccettabile che parte della popolazione possa essere esclusa dall’educazione, come sta accadendo alle donne afgane.

Sempre in tema di educazione, il Pontefice lancia un ficcante appello agli Stati: “Abbiano il coraggio di invertire l’imbarazzante e asimmetrico rapporto tra la spesa pubblica riservata all’educazione e i fondi destinati agli armamenti!”.

Libertà religiosa

Con uguale vigore, chiede che sia riconosciuta universalmente la libertà religiosa, perché “è preoccupante che ci siano persone che vengono perseguitate solo perché professano pubblicamente la loro fede”. E ciò avviene anche in Paesi dove i cristiani non sono una minoranza.

La libertà religiosa, che non può ridursi alla mera libertà di culto, è uno dei requisiti minimi necessari per vivere in modo dignitoso e i governi hanno il dovere di proteggerla e di garantire a ogni persona, compatibilmente con il bene comune, l’opportunità di agire secondo la propria coscienza anche nell’ambito della vita pubblica e nell’esercizio della propria professione.

La religione, infatti, “è un’opportunità effettiva di dialogo e d’incontro fra popoli e culture diverse”, assicura Papa Francesco, richiamando il Documento sulla Fratellanza Umana firmato nel 2019 ad Abu-Dhabi.

Multilateralismo

Con il dialogo, ciò che serve a questo mondo diviso è la giustizia che nel concreto si traduce nel multilateralismo, anch’esso in crisi come ha reso evidente proprio il conflitto in Ucraina: “Ciò esige una riforma degli organi che ne consentono il funzionamento, affinché siano realmente rappresentativi delle necessità e delle sensibilità di tutti i popoli, evitando meccanismi che diano ad alcuni maggior peso a scapito di altri”.

Non si tratta dunque di costruire blocchi di alleanze, ma di creare opportunità perché tutti possano dialogare.

Colonizzazioni ideologiche e pensiero unico

“Tanto bene si può fare insieme”, assicura Papa Francesco, basti pensare alle “lodevoli iniziative” a favore di migranti e disarmo o per contrastare povertà e cambiamenti climatici. “Tuttavia, in tempi recenti, i vari fori internazionali sono stati contraddistinti da crescenti polarizzazioni e da tentativi di imporre un pensiero unico, che impedisce il dialogo e marginalizza coloro che la pensano diversamente”. Il rischio è di “una deriva, che assume sempre più il volto di un totalitarismo ideologico, che – afferma il Vescovo di Roma – promuove l’intolleranza nei confronti di chi non aderisce a pretese posizioni di ‘progresso’, le quali in realtà sembrano portare piuttosto a un generale regresso dell’umanità, con violazione della libertà di pensiero e di coscienza”

Sono quelle che Francesco ha definito in passato “forme di colonizzazione ideologica”. Esse, dice, creano “un nesso diretto fra l’elargizione di aiuti economici e l’accettazione di tali ideologie”. E affaticano il dibattito interno alle Organizzazioni internazionali, mettendo in piedi “rapporti di forza”.

Di colonizzazione, il Papa parla anche in merito ai drammi vissuti dalle popolazioni indigene. Drammi che, ricorda, ha potuto toccare con mano nel viaggio di luglio in Canada. “Le preclusioni e i veti reciproci non portano che ad alimentare ulteriori divisioni”, afferma.

Aiutare i migranti

Infine l’invito del Papa è alla solidarietà, una solidarietà condivisa perché, come ha insegnato la pandemia, “nessuno può salvarsi da solo”: “Viviamo in un mondo talmente interconnesso che l’agire di ciascuno finisce per avere ripercussioni su tutti”. In particolare, il Papa chiede un maggiore e più mirato impegno per la questione migratoria. Affrontarla come “una questione per la quale procedere in ordine sparso’ non è ammissibile”. Basta guardare al Mediterraneo:

Quelle vite spezzate sono l’emblema del naufragio della nostra civiltà

“In Europa, è urgente rafforzare la cornice normativa, attraverso l’approvazione del Nuovo Patto sulla Migrazione e l’Asilo, perché si possano implementare adeguate politiche per accogliere, accompagnare, promuovere e integrare i migranti”, afferma Francesco. 

Dignità al lavoro e impegno per la casa comune

Chiede ancora di “ridare dignità all’impresa e al lavoro, combattendo ogni forma di sfruttamento che finisce per trattare i lavoratori alla stregua di una merce” e di adoperarsi per la casa comune, visti gli effetti dei cambiamenti climatici che producono devastazioni, come accaduto in Pakistan.  

Il prossimo non è un nemico da combattere

“Costruire la pace esige che non via sia posto per la lesione della libertà, dell’integrità e della sicurezza di altre nazioni, qualunque sia la loro estensione territoriale o la loro capacità di difesa”, conclude. “Ciò è possibile se in ogni singola comunità non prevale la cultura della sopraffazione e dell’aggressione, che porta a guardare al prossimo come ad un nemico da combattere piuttosto che ad un fratello da accogliere ed abbracciare”.

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