Ricevendo in udienza i membri dell’Associazione Religiosa Istituti Socio Sanitari (Aris), Francesco parla della cultura dello scarto che nel settore della sanità può mostrare le sue conseguenze più dolorose. L’invito è a vigilare sul rischio che si arrivi a “speculare sulle disgrazie altrui” soprattutto sui più deboli. “La Chiesa è chiamata a rispondere al bisogno degli esclusi, unendo competenze e risorse e rifuggendo ogni spirito concorrenziale”
Antonella Palermo – Città del Vaticano
Come la locanda del buon samaritano, così la definisce il Papa, l’Associazione religiosa degli Istituti socio sanitari è impegnata nella gestione delle strutture sanitarie di ispirazione cristiana. Oggi in Vaticano per l’udienza con Francesco è accompagnata dal presidente padre Virginio Bebber e dal direttore dell’Ufficio per la Pastorale della Salute della Conferenza episcopale italiana. A loro il Pontefice offre un quadro delle condizioni della sanità italiana e di quella religiosa, invitando a non trascurare la domanda di aiuto dei più deboli e degli esclusi, gli “scartati dall’economia sanitaria”.
Considerare il malato nella sua dignità
Il Papa ricorda come la sanità religiosa in Italia abbia una storia bella e plurisecolare e il tanto che la Chiesa è stata in grado di compiere, attraverso la sanità, per dare ascolto e attenzione alle fasce povere, deboli e abbandonate della società. Poi si sofferma su alcuni rischi:
Nel settore della sanità la cultura dello scarto può mostrare più che altrove, a volte in modo evidente, le sue dolorose conseguenze. Quando infatti la persona malata non è messa al centro e considerata nella sua dignità, si ingenerano atteggiamenti che possono portare addirittura a speculare sulle disgrazie altrui, e questo deve renderci vigilanti.
La Chiesa è chiamata a rispondere al bisogno del povero
Francesco sottolinea il carisma fondante della sanità cattolica, nella consapevolezza che oggi, per vari motivi, “è sempre più difficile mantenere le strutture esistenti”.
Occorre intraprendere cammini di discernimento e fare scelte coraggiose, ricordandoci che la nostra vocazione è quella di stare sulla frontiera del bisogno: la vocazione nostra è quella, sulla frontiera del bisogno. Come Chiesa, siamo chiamati a rispondere soprattutto alla domanda di salute dei più poveri, degli esclusi e di quanti, per ragioni di carattere economico o culturale, vedono disattesi i loro bisogni. Questi sono i più importanti per noi, quelli che sono al primo posto della coda: questi.
Gli anziani privati delle medicine necessarie: è eutanasia
Il Papa parla di quello che definisce “il ritorno della ‘povertà di salute'” che, osserva, sta assumendo in Italia proporzioni importanti, soprattutto nelle Regioni segnate da situazioni socio-economiche più difficili. “Ci sono persone che per scarsità di mezzi non riescono a curarsi, per le quali anche il pagamento di un ticket è un problema”, afferma. Poi ricorda le “lunghissime liste d’attesa, anche per visite urgenti e necessarie” e insiste sul bisogno di cure intermedie sempre più elevato. Il suo sguardo è ancora una volta particolarmente rivolto alla condizione degli anziani. A braccio, Francesco poi aggiunge:
Un anziano deve prendere queste medicine, e se per risparmiare o per tale o quale motivo non gli danno queste medicine, questo è una eutanasia nascosta e progressiva. Dobbiamo dire questo. Ogni persona ha diritto alle medicine. E tante volte – io penso ad altri Paesi, in Italia non conosco molto questo, in altri Paesi sì, conosco – gli anziani che devono prendere quattro-cinque medicine e soltanto riescono ad averne due: questa è un’eutanasia progressiva, perché non si dà loro quello che può portare loro la cura.
Prendersi cura degli scartati dall’economia sanitaria
Per il Papa è evidente che oggi ci sono opportunità diverse di accesso alle cure per coloro che hanno disponibilità economiche rispetto alle persone più indigenti. “Gli ospedali religiosi – precisa – hanno soprattutto la missione di prendersi cura di coloro che sono scartati dall’economia sanitaria e da una certa cultura contemporanea”.
La sanità di ispirazione cristiana ha il dovere di difendere il diritto alla cura soprattutto delle fasce più deboli della società, privilegiando i luoghi dove le persone sono più sofferenti e meno curate, anche se questo può richiedere la riconversione di servizi esistenti verso nuove realtà.
Rischiare
Francesco incoraggia una testimonianza sostenuta da una “gestione competente e limpida, capace di coniugare ricerca, innovazione, dedizione agli ultimi e visione d’insieme”.
La realtà è complessa e potrete affrontarla in modo adeguato solo se le istituzioni sanitarie di ispirazione religiosa avranno il coraggio di mettersi insieme e fare rete, rifuggendo ogni spirito concorrenziale, unendo competenze e risorse e magari costituendo nuovi soggetti giuridici, attraverso i quali aiutare soprattutto le realtà più piccole. Non temete di percorrere strade nuove, rischiate: rischiate.
Cura integrale della persona
La raccomandazione finale del Papa all’Asir è quella di accompagnare le persone accolte nelle proprie istituzioni “con una cura integrale, che non trascuri l’assistenza spirituale e religiosa dei malati, delle loro famiglie e degli operatori sanitari”.
E non si tratta solo di offrire una pastorale sacramentaria, bensì di dare un’attenzione completa alla persona. Nessuno, nessuno deve sentirsi solo nella malattia! Al contrario, ciascuno sia sostenuto nelle sue domande di senso e aiutato a percorrere con speranza cristiana la strada, a volte lunga e faticosa, dell’infermità.