Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano
È durata 40 minuti l’udienza del Papa a Viktor Orbán, primo ministro dell’Ungheria, Paese del quale Francesco ha riconosciuto l’opera di protezione e accoglienza a favore dei profughi in fuga dall’Ucraina. Arrivato in Vaticano poco prima delle 11, accompagnato da un seguito di quattro persone, il premier magiaro, essendo in visita privata, non ha incontrato il segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin – in questi giorni in Messico -, né il segretario per i Rapporti con gli Stati, monsignor Paul Richard Gallagher.
Orbán è al suo primo viaggio dopo la nuova vittoria elettorale del 3 aprile scorso: il partito Fidesz ha ottenuto la quarta maggioranza parlamentare consecutiva di due terzi alle elezioni. “Il mio primo viaggio ufficiale dopo le elezioni mi porterà in Vaticano, da Papa Francesco”, riferiva ieri lo stesso Orbán tramite il suo account Facebook, da dove oggi ha pubblicato la foto della stretta di mano con il Pontefice. Quattro anni fa, dopo le elezioni del 2018, il primo viaggio di Orbán era stato a Varsavia.
I doni
L’udienza, nella Biblioteca Apostolica, è iniziata alle 11.05. “Sono contento della sua presenza qui”, ha detto il Papa facendo accomodare al tavolo il premier dell’Ungheria. Il colloquio, alla presenza di un interprete, si è concluso alle 11.45. Diversi i doni consegnati da Orbán al Pontefice: due libri, di e su Béla Bartók, compositore ungherese ed esperto di musica. “Se la sente, ci ascolta”, ha detto il leader politico. Poi ha consegnato una raccolta di dischi di musica lirica e un volume del 1750 con l’Ufficio delle Ore per la Settimana Santa in inglese e latino.
Il Pontefice ha ricambiato con una formella in bronzo raffigurante San Martino di Tours – originario della Pannonia, l’odierna Ungheria – nell’atto di proteggere il povero donandogli una parte del proprio mantello. E proprio presentando questo regalo, il Papa ha commentato: “Questo l’ho scelto per lei, San Martino che è ungherese, e ho pensato che voi ungheresi in questo momento state ricevendo tutti questi profughi”. In dono da parte del Papa anche i documenti del pontificato, il Messaggio per la Giornata mondiale della Pace di quest’anno, il Documento sulla Fratellanza Umana, siglato nel 2019 ad Abu Dhabi, e il libro edito da LEV sulla Statio Orbis del 27 marzo 2020.
L’incontro a Budapest nel settembre 2021
Un primo incontro ‘privato’ tra Orbán e Francesco, sempre in Vaticano, risale al 28 agosto 2016, quando il Pontefice ricevette il gruppo di leader e parlamentari cristiani europei partecipanti a Frascati all’annuale meeting della Rete/ICln. L’ultima volta che i due si sono incontrati è stato il 12 settembre 2021, quando il Papa si è recato a Budapest per la chiusura del Congresso Eucaristico Internazionale. Prima della Messa, il Papa – accompagnato dal segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin, e il segretario per i Rapporti con gli Stati, monsignor Paul Richard Gallagher – aveva incontrato Orbán, insieme al presidente della Repubblica, Janos Ader, e al vice primo ministro, Zsolt Semjén, nella Sala Romanica del Museo delle Belle Arti. Un appuntamento “previsto”, durato una quarantina di minuti, come riferiva la Sala Stampa vaticana, e avvenuto “in un clima cordiale”. Numerosi i temi trattati: dal ruolo della Chiesa nel Paese all’impegno per la salvaguardia dell’ambiente e la difesa e promozione della famiglia.
Lo stesso Papa Francesco aveva avuto modo di riferire ulteriori dettagli sull’appuntamento, verso il quale si era catalizzata l’attenzione della stampa mondiale, viste le posizioni divergenti del premier sul tema dei rifugiati rispetto a quelle del Pontefice. “Io sono stato visitato, è venuto il presidente da me, ha avuto questo garbo, è la terza volta che lo incontro ed è venuto con il primo ministro e con il vice primo ministro, erano in tre. Ha parlato il presidente”, diceva Papa Francesco, spiegando che i temi trattati erano stati l’ecologia (“Davvero chapeau a voi ungheresi, la coscienza ecologica che voi avete, impressionante”, disse il Papa) e la famiglia. Il primo ministro e il vice spiegavano i dettagli tecnici di una legge volta ad aiutare le coppie giovani a sposarsi. “Sull’immigrazione, no, non se n’è parlato”, spiegava il Papa.
L’accoglienza dei profughi ucraini
La tematica dell’immigrazione è tornata di urgente attualità con il deflagrare della guerra in Ucraina. L’Ungheria si è mostrata disponibile ad accogliere i profughi. Agli inizi di aprile Orbán aveva avuto pure un colloquio personale con il presidente russo Vladimir Putin chiedendo un immediato “cessate il fuoco” in Ucraina. “La sua risposta è stata positiva, ma con delle condizioni”, spiegava Orbán in conferenza stampa, dicendo di aver invitato Putin a Budapest insieme ai leader di Francia, Germania e Ucraina. Il primo ministro ungherese ha assunto posizioni giudicate più ‘moderate’ verso la Russia circa le sanzioni a Mosca e il sostegno a Kiev e ha espresso il rifiuto di fornire armi agli ucraini.
La visita del cardinale Czerny in Ungheria
Quanto ai profughi, oltre 600 mila le persone in fuga dal Paese invaso sono giunte ai confini dell’Ungheria, dove sono state avviate diverse iniziative per sostenere l’accoglienza e la permanenza. Per molti l’Ungheria rappresenta un ‘ponte’ per raggiungere altre zone d’Europa, in particolare Germania e Italia, dove vivono e lavorano parenti e amici. Cinque le frontiere che realtà cattoliche e non solo dell’Ungheria – dalla Caritas alla Croce Rossa alle chiese protestanti – si sono suddivise per far fronte in modo più organico all’emergenza. Il governo ungherese dice di aver offerto tutto il suo sostegno, anche economico: lo ribadiva anche il vice premier Semjén nel suo colloquio a Budapest con il cardinale Michael Czerny, prefetto ad interim del Dicastero per lo Sviluppo Umano integrale, inviato dal Papa in Ungheria e Ucraina i primi giorni di marzo per mostrare vicinanza ai profughi ucraini. Czerny era stato ricevuto in udienza nel Palazzo presidenziale il secondo giorno della sua missione e il vice primo ministro aveva voluto ribadire l’“ottima collaborazione tra Stato e Chiesa per l’assistenza dei rifugiati”. “L’Ungheria accoglierà i profughi senza alcuna limitazione”, diceva Semjén. Atteggiamento che Czerny ha auspicato diventi permanente, non limitandosi solo all’emergenza della guerra, e soprattutto allargato ad ogni popolo del mondo: “Queste braccia siano sempre più aperte”. Sempre Semjén, nello stesso incontro, argomentava la scelta di non inviare armi all’Ucraina: “Le armi non transitano in territorio ungherese perché non vogliamo allargare il conflitto, speriamo in una soluzione diplomatica”.