Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano
Sarà un nuovo viaggio, dopo quello confermato a Malta, ma soprattutto sarà la realizzazione di un desiderio espresso da anni: dal 2 al 7 luglio prossimi il Papa visiterà la Repubblica Democratica del Congo (2-5), recandosi nelle città di Kinshasa e Goma, e poi il Sud Sudan (5-7), con tappa a Juba. La notizia è stata confermata questa mattina dalla Sala Stampa vaticana che spiega che il Pontefice ha accolto l’invito dei rispettivi capi di Stato e dei vescovi e che il programma del viaggio sarà pubblicato a suo tempo.
I viaggi in Africa
Francesco torna quindi pellegrino in Africa, a distanza di sette anni dal viaggio apostolico del novembre 2015 in Kenya, Uganda e Repubblica Centrafricana. Una tappa complessa, quest’ultima, resa incerta e rischiosa dalle violenze che si consumavano nella capitale Bangui. Il Papa volle andare fino in fondo e nella locale cattedrale aprì simbolicamente la Porta Santa per dare inizio al Giubileo della Misericordia. Il Pontefice nel 2019 era poi tornato in Africa con il lungo viaggio del 4-10 settembre in Mozambico, Madagascar e Mauritius.
La veglia a San Pietro nel 2017
Mai lo sguardo del Papa si è distolto dal continente africano e dalle sue ferite. In particolare, il Pontefice da sempre ha mostrato una particolare apprensione per la situazione in Sud Sudan e Congo, Paesi per i quali aveva convocato e celebrato una veglia di preghiera nella Basilica di San Pietro, il 23 novembre 2017. Un momento liturgico intenso, scandito da canti, testimonianze e preghiere, durante il quale il Papa sollecitò la comunità internazionale a compiere sforzi adeguati per portare la pace in queste zone del mondo. “Il Signore Risorto abbatta i muri dell’inimicizia che oggi dividono i fratelli”, disse il Papa, pregando soprattutto per “le donne vittime di violenza nelle zone di guerra” e per i bambini “che soffrono a causa di conflitti a cui sono estranei, ma che rubano loro l’infanzia e a volte anche la vita”.
La Repubblica Democratica del Congo ferita da omicidi e attentati
Di un possibile viaggio in terra congolese aveva parlato lo stesso Francesco in alcune interviste rilasciate lo scorso anno. Una volontà dettata soprattutto dal desiderio di portare, come a Bangui, una tregua di pace in una terra segnata da attacchi terroristici. L’ultimo avvenuto poco più di un mese fa, il primo febbraio scorso, nel campo sfollati “Plaine Savo2 a Ituri, nord-est del Paese, con oltre 50 morti e 36 feriti. Papa Francesco stigmatizzò questo “atto atroce e barbaro”, assicurando la sua vicinanza al presidente Félix Tshisekedi. Con eguale dolore, pochi giorni dopo, il Papa aveva denunciato la “violenza ingiustificabile e deprecabile” di cui era rimasto vittima padre Richard Masivi Kasereka, religioso dell’Ordine dei Chierici Regolari Minori, ucciso il 2 febbraio dopo la Messa per la Giornata della vita consacrata. Davanti a questo nuovo fatto di sangue, il Vescovo di Roma aveva esortato l’intera comunità cristiana congolese a farsi annunciatrice e testimone “di bontà e di fraternità, nonostante le difficoltà”. Incoraggiamento che il Papa porterà ora personalmente.
L’annuncio nella Chiesa anglicana di Roma
Una storia a sé, invece, il viaggio in Sud Sudan. Era stato il Papa stesso, nel corso dell’incontro del 26 febbraio 2017 con la comunità anglicana di Roma nella chiesa di All Saints, ad annunciare che era allo studio una trasferta nel Paese africano, piagato da sei anni da una sanguinosa guerra civile. Il viaggio si sarebbe dovuto compiere insieme al primate Justin Welby, la maggiore confessione religiosa del Paese (i cattolici sono invece quasi quattro milioni, circa un terzo della popolazione totale).
“I miei collaboratori stanno studiando la possibilità di un viaggio in Sud Sudan”, erano state le parole del Papa ad All Saints. “Sono venuti i vescovi anglicano, presbiteriano e cattolico a dirmi: ‘Per favore venga in Sud Sudan magari una sola giornata. Ma non venga da solo, venga con Justin Welby’. Da loro, Chiesa giovane, è venuta questa cosa, e stiamo pensando. Là la situazione è molto brutta, ma vogliono la pace, insieme lavoriamo per la pace”. Mai annunciato ufficialmente, il viaggio sembrava potesse svolgersi lo stesso anno ma fu frenato dalla escalation di violenze nel Paese. La situazione “brutta” era infatti divenuta tragica negli ultimi mesi con il peggioramento del contesto politico e l’acuirsi degli scontri ripresi in diverse zone, dopo la rottura del cessate il fuoco.
In ginocchio ai piedi dei leader del Sud Sudan
Il dramma della guerra e la conseguente emergenza umanitaria sono perdurati per anni, tanto da spingere il Papa a convocare a Casa Santa Marta, nell’aprile 2018, le massime autorità religiose e politiche sud sudanesi assieme all’arcivescovo di Canterbury per un ritiro spirituale. In Vaticano vennero il presidente Salva Kiir e i vicepresidenti designati, tra cui Rebecca Nyandeng De Mabior, vedova del leader sud sudanese John Garang, e Riek Machar, leader dell’opposizione. Giornate, quelle, sugellate dal gesto tanto inedito quanto eclatante del Papa di mettersi in ginocchio – al termine di un discorso in cui implorava il dono della pace per un Paese sfigurato da oltre 400 mila morti – e baciare i piedi dei leader del Sud Sudan. “Il fuoco della guerra si spenga una volta per sempre”, disse il Pontefice, ribadendo ancora una volta il desiderio di visitare il Paese.
Il viaggio di Gallagher nel dicembre 2021
Ipotesi resa più concreta nel dicembre 2021 dal segretario per i Rapporti con gli Stati, monsignor Paul Richard Gallagher, di ritorno da un viaggio a Juba programmato da mesi e coordinato con Lambeth Palace (residenza ufficiale dell’Arcivescovo di Canterbury), ma prorogato a causa dell’emergenza sanitaria. Tra incontri con i leader politici e religiosi e le realtà locali, l’arcivescovo aveva detto che c’era in Sud Sudan “grande sostegno ad una visita del Santo Padre” e che essa si sarebbe potuta compiere nel 2022. Oggi, quindi l’annuncio ufficiale.