Chiesa Cattolica – Italiana

Il Papa: Pasqua è speranza oltre i muri dell’egoismo e la ferocia delle guerre

Nella veglia pasquale presieduta nella Basilica di San Pietro, Francesco invita a non lasciarsi imprigionare nel sepolcro delle paure e delle amarezze e a fare in modo che le sofferenze e “gli aneliti di pace spezzati dalla crudeltà dell’odio” non blocchino la via verso la gioia. Durante la celebrazione battezzati otto catecumeni

Tiziana Campisi – Città del Vaticano

Ecco la Pasqua di Cristo, ecco la forza di Dio: la vittoria della vita sulla morte, il trionfo della luce sulle tenebre, la rinascita della speranza dentro le macerie del fallimento. È il Signore, il Dio dell’impossibile che, per sempre, ha rotolato via la pietra e ha cominciato ad aprire i nostri cuori, perché la speranza non abbia fine. Verso di Lui, allora, anche noi dobbiamo alzare lo sguardo.

Nella notte della veglia pasquale, le parole di Papa Francesco che annuncia la risurrezione di Gesù rompono il silenzio del sabato santo e infondono gioia, la “gioia inaudita della Pasqua”. Anche le variopinte decorazioni floreali dai colori pastello che ornano l’altare papale della Basilica di San Pietro trasmettono letizia ai seimila fedeli presenti. Il Papa pronuncia l’omelia dopo il lucernario – il rito con la benedizione del fuoco e del cero pasquale e il canto dell’Exultet che proclama la vittoria della luce sulle tenebre – e la lunga liturgia della Parola che ripercorre la storia della salvezza e incoraggia ad alzare lo sguardo, come hanno fatto le donne recatesi al sepolcro di Cristo per ungerne il corpo, all’alba del terzo giorno dalla morte.

Paure e amarezze ci imprigionano

Con il cuore “rimasto ai piedi della croce”, “annebbiate dalle lacrime”, “paralizzate dal dolore, rinchiuse nella sensazione che ormai sia tutto finito”, Maria di Magdala, Maria madre di Giacomo e Salomè, sono preoccupate della pietra posta a chiusura della tomba di Gesù e si chiedono chi potrà farla rotolare. Francesco spiega che “quel masso, ostacolo insormontabile, era il simbolo di ciò che le donne portavano nel cuore, il capolinea della loro speranza: contro di esso tutto si era infranto”.

A volte sentiamo che una pietra tombale è stata pesantemente poggiata all’ingresso del nostro cuore, soffocando la vita, spegnando la fiducia, imprigionandoci nel sepolcro delle paure e delle amarezze, bloccando la via verso la gioia e la speranza. Sono “macigni della morte” e li incontriamo, lungo il cammino, in tutte quelle esperienze e situazioni che ci rubano l’entusiasmo e la forza di andare avanti.

Uno squarcio infinito di luce per tutti

Il Papa le cita “quelle esperienze e situazioni” che rabbuiano l’anima, sono le “sofferenze che ci toccano”, le “morti delle persone care che lasciano in noi vuoti incolmabili”, i fallimenti e le paure “che ci impediscono di compiere quanto di buono abbiamo a cuore”, “le chiusure che frenano i nostri slanci di generosità e non ci permettono di aprirci all’amore”, i “muri di gomma dell’egoismo e dell’indifferenza, che respingono l’impegno a costruire città e società più giuste e a misura d’uomo” e “gli aneliti di pace spezzati dalla crudeltà dell’odio e dalla ferocia della guerra”.

Alziamo lo sguardo a Gesù: Egli, dopo aver assunto la nostra umanità, è disceso negli abissi della morte e li ha attraversati con la potenza della sua vita divina, aprendo uno squarcio infinito di luce per ciascuno di noi. Risuscitato dal Padre nella sua, nella nostra carne con la forza dello Spirito Santo, ha aperto una pagina nuova per il genere umano.

Con Cristo nessuna sofferenza ha l’ultima parola

Con Gesù “nessuna esperienza di fallimento e di dolore, per quanto ci ferisca, può avere l’ultima parola sul senso e sul destino della nostra vita”, afferma Francesco, e “nessuna sconfitta, nessuna sofferenza, nessuna morte potranno arrestare il nostro cammino verso la pienezza della vita”. Grazie al Risorto la storia ha “un senso che abbraccia ogni cosa” chiarisce il Papa citando Karl Rahner, “che non è più contaminato da assurdità e oscurità” e “che noi chiamiamo Dio”.

Gesù è la nostra Pasqua, Lui è Colui che ci fa passare dal buio alla luce, che si è legato a noi per sempre e ci salva dai baratri del peccato e della morte, attirandoci nell’impeto luminoso del perdono e della vita eterna. Fratelli e sorelle, alziamo lo sguardo a Lui, accogliamo Gesù, Dio della vita, nelle nostre vite, rinnoviamogli oggi il nostro “sì” e nessun macigno potrà soffocarci il cuore, nessuna tomba potrà rinchiudere la gioia di vivere, nessun fallimento potrà relegarci nella disperazione.

Alzare lo sguardo a Lui, al Risorto: Francesco lo ripete più volte e invita a chiedere “che la potenza della sua risurrezione rotoli via i massi che ci opprimono l’anima”, nella certezza che “sul fondo oscuro delle nostre attese e delle nostre morti è già presente la vita eterna” portata da Cristo. Ed esorta, infine, a cantare la risurrezione di Gesù anche i “popoli spezzati dal male e percossi dall’ingiustizia, popoli senza luogo, popoli martiri”, il Papa, come Jean-Yves Quellec nel suo libro “Dieu face nord”, perché “è la Pasqua del Signore, è la festa dei viventi”.

Otto catecumeni battezzati dal Papa

Assieme agli oltre duecento concelebranti, fra cardinali, vescovi e sacerdoti, Francesco, prosegue la celebrazione con la liturgia battesimale e battezza otto catecumeni, quattro provenienti dall’Italia, una dall’Albania, uno dal Giappone e due dalla Repubblica di Corea. Sorride versando l’acqua sul loro capo e rendendoli così parte integrante della Chiesa di Cristo. Ai neobattezzati viene poi consegnata la veste bianca, quindi viene celebrata la confermazione.

Nella preghiera dei fedeli viene invocato Dio perché guidi “le azioni dei governanti in favore del bene comune e della pace”, perché protegga “tutti i popoli della terra dalla guerra, dall’odio e dall’assuefazione al male”, perché sostenga “i perseguitati a causa delle fede nel Risorto”, perché ravvivi “la speranza di una vita dignitosa e colma di benedizione per i poveri, i malati e gli emarginati”. È il cardinale Leonardo Sandri, vice decano del Collegio Cardinalizio a compiere i gesti della liturgia eucaristica, ad affiancarlo i cardinali Giovanni Battista Re, decano dei porporati, e Pietro Parolin, segretario di Stato. La schola cantorum intona il “Cristo risusciti” e inizia la comunione, che i battezzati ricevono per la prima volta dalle mani di Francesco. A chiudere la veglia è il Papa con la benedizione finale suggellata dal festoso “Alleluja” che celebra Cristo risorto.

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