Il Papa: nell’esercizio della giustizia necessario un coraggio senza protagonismi

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Nell’udienza per l’inaugurazione del 95.mo anno giudiziario del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano, Francesco sottolinea che di fronte a ingiustizie e prove durissime, come le guerre e le violazioni dei diritti umani, non bisogna rassegnarsi ma manifestare sdegno e avere la forza di cercare di cambiare le “realtà inaccettabili”

Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano

Il coraggio, unito alla fortezza, assicura “la costanza nella ricerca del bene e rende capaci di affrontare la prova”. Il Papa, nell’udienza in occasione dell’inaugurazione del 95.mo anno giudiziario del Tribunale vaticano, riflette su questa virtù che non rappresenta “una particolare qualità d’animo caratteristica di alcune persone eroiche”. Come accaduto in questi giorni Francesco, che ha detto di avere la bronchite, ha lasciato la lettura del discorso a monsignor Filippo Ciampanelli, della Segreteria di Stato.

Il coraggio è la forza di non rassegnarsi alle ingiustizie

Nella sua riflessione il Papa sottolinea che al coraggio ripensa “più volte seguendo le vicende che interessano l’amministrazione della giustizia, anche nello Stato della Città del Vaticano”. Questa virtù, aggiunge il Pontefice, è “un tratto che viene donato e potenziato nell’incontro con Cristo, come frutto dell’azione dello Spirito Santo che chiunque può ricevere, se lo invoca”. Il coraggio, spiega il Papa, disorienta i corrotti e “li mette, per così dire, in un angolo, con il cuore chiuso e indurito”.

Anche nelle società ben organizzate, ben regolate e supportate dalle istituzioni, sempre rimane necessario il coraggio personale per affrontare le diverse situazioni. Senza questa sana audacia, si rischia di cedere alla rassegnazione e si finisce per trascurare tanti piccoli e grandi soprusi. Chi è coraggioso non mira al proprio protagonismo, ma alla solidarietà con i fratelli e le sorelle che portano il peso delle loro paure e debolezze. Questo coraggio noi lo vediamo con ammirazione in tanti uomini e donne che vivono prove durissime: pensiamo alle vittime delle guerre, o a quanti sono sottoposti a continue violazioni dei diritti umani, tra i quali i numerosi cristiani perseguitati. Davanti a queste ingiustizie, lo Spirito ci dà la forza di non rassegnarci, suscita in noi lo sdegno e il coraggio: lo sdegno di fronte a queste realtà inaccettabili e il coraggio per cercare di cambiarle.

Occorre coraggio per accertare la verità

Con coraggio, afferma Francesco, siamo chiamati “ad affrontare anche le difficoltà della vita quotidiana, in famiglia e nella società, a impegnarci per il futuro dei nostri figli, a custodire la casa comune, ad assumerci le nostre responsabilità professionali”. Rivolgendosi ai magistrati del Tribunale vaticano, il Pontefice sottolinea che insieme alla prudenza e alla giustizia, “il compito di giudicare richiede le virtù della fortezza e del coraggio, senza le quali la sapienza rischia di rimanere sterile”. “Occorre coraggio – ricorda il Papa – per andare fino in fondo nell’accertamento rigoroso della verità”.

Ciò vale pure quando emergono e devono essere sanzionati comportamenti che sono particolarmente gravi e scandalosi, tanto più quando avvengono nell’ambito della comunità cristiana. Bisogna avere coraggio mentre si è impegnati per assicurare il giusto svolgimento dei processi e si è sottoposti a critiche. La robustezza delle istituzioni e la fermezza nell’amministrazione della giustizia sono dimostrate dalla serenità di giudizio, dall’indipendenza e dall’imparzialità di quanti sono chiamati, nelle varie tappe del processo, a giudicare. La miglior risposta sono il silenzio operoso e la serietà dell’impegno nel lavoro, che consentono ai nostri Tribunali di amministrare la giustizia con autorevolezza e imparzialità, garantendo il giusto processo, nel rispetto delle peculiarità dell’ordinamento vaticano.

Il coraggio sia sostenuto dalla preghiera

Occorre coraggio “per implorare nella preghiera che la luce dello Spirito Santo illumini sempre il discernimento necessario per arrivare all’esito di una sentenza giusta”.

Anche in questo contesto vorrei ricordare che il discernimento si fa “in ginocchio”, implorando il dono dello Spirito Santo, in modo da poter giungere a decisioni che vanno nella direzione del bene delle persone e dell’intera comunità ecclesiale. In realtà, come recita la Legge CCCLI sull’ordinamento dello Stato, «amministrare la giustizia non è soltanto una necessità di ordine temporale. La virtù cardinale della giustizia, infatti, illumina e sintetizza la finalità stessa del potere giudiziario proprio di ogni Stato, per coltivare la quale è essenziale anzitutto l’impegno personale, generoso e responsabile, di quanti sono investiti della funzione giurisdizionale». Tale impegno chiede di essere sostenuto dalla preghiera. Non si deve temere di perdere tempo dedicandone ad essa in abbondanza. E anche per questo ci vuole coraggio e fortezza d’animo.

Ai magistrati del Tribunale e dell’Ufficio del Promotore, Francesco augura infine che nel servizio alla giustizia possano “mantenere sempre, insieme alla prudenza, il coraggio cristiano”.

Un anno segnato da processi importanti

Nell’indirizzo di saluto al Santo Padre il promotore di giustizia, professor Alessandro Diddi, ha ricordato che “l’anno appena trascorso è stato caratterizzato dallo svolgimento di processi importanti sia nel settore civile che in quello penale, seguiti con grande attenzione dagli organi di stampa anche stranieri”. E che, “grazie allo sforzo e all’impegno dei giudici del Tribunale e delle Corti, oltre che del personale amministrativo, si sono potuti concludere in tempi davvero contenuti e senza che mai, in omaggio all’efficienza, vi sia mai stato alcun cedimento per le garanzie del giusto processo”.